Il programma di Kamala: vincere l’ultimo round

martedì 22 ottobre 2024


Chi vincerà il 5 novembre tra The Donald e Kamala Harris? Sarà bene prima di allora confrontare in grande sintesi i punti programmatici dei due sfidanti, iniziando dalla vicepresidente in carica.

Punto uno. Aborto. Ripristino della legge sulla libertà di aborto “Roe v. Wade”, già cassata dalla Corte Suprema Usa, delegandone ai singoli Stati la regolazione. Contraria alla messa al bando dell’aborto con legge federale, porrebbe il veto presidenziale qualora la legge fosse approvata. Harris sostiene la fertilizzazione in vitro e ritiene legittima l’eliminazione degli embrioni congelati. È favorevole sia alla pillola abortiva, che al mantenimento del finanziamento pubblico (Medicaid) e privato alle associazioni e ai gruppi che forniscono assistenza alle donne che intendono abortire.

Punto due. Clima. Favorevole al ripristino dell’Accordo di Parigi del 2015, ma non ha preso posizione sul passaggio definitivo ai veicoli elettrici entro il 2032. Parimenti, non ha chiarito la sua posizione sulla Carbon tax, da lei proposta nella campagna presidenziale del 2019. Condivide la politica degli investimenti federali per contenere il cambiamento climatico, sostenere l’industria dei semiconduttori e dei veicoli elettrici e ammodernare, potenziandole, le attuali centrali nucleari. La sua politica presidenziale punterà a ottenere il 100 per cento di energia pulita entro il prossimo decennio. È favorevole alla messa al bando delle tecniche di fracking degli scisti bituminosi.

Punto tre. Democrazia. La Harris ha dichiarato di accettare il risultato 2024, qualora vincesse Donald Trump. Sostiene lo Stato di diritto, le libere elezioni e il trasferimento legittimo dei poteri al vincitore. È orientata a porre un limite federale alla discrezione degli Stati, per quanto riguarda sia la manipolazione dei collegi che l’accettazione dei documenti di identità dell’elettore. Ritiene fondamentale il rispetto dell’indipendenza della Magistratura, e la rigorosa separazione dei poteri tra quelli dell’Esecutivo e della Giustizia.

Punto quattro. Economia e commercio. È intenzionata a reperire qualche trilione di dollari in tasse aggiuntive per contenere l’attuale deficit pubblico (pari a 30 trilioni di dollari, ovvero al 100 per cento dell’attuale Pil). Intende costruire una nuova classe media, da sostenere con l’aumento del salario minimo, proibendo accordi di cartello da parte dei grandi gruppi della distribuzione, per l’aumento dei prezzi alimentari al consumo. Non ha intenzione di interferire con le decisioni del governatore della Fed. Sulle tasse, la Harris intende: aumentare dal 21 al 28 per cento la tassazione sulle grandi imprese e sui grandi patrimoni privati; ridurre l’Irpef per i contribuenti dal 39,6 al 37 per cento; innalzare la Minimum corporate tax dal 15 al 21 per cento; istituire una Minimum tax del 25 per cento per i patrimoni superiori ai 100 milioni; tassare maggiormente i profitti maturati all’estero. È favorevole all’aumento degli incentivi statali per il sostegno all’infanzia più povera e alle neo mamme. Fisserebbe la Capital gain tax al 28 per cento, per gli americani che superino il milione di dollari-anno.

Sul commercio, si rifiuta di applicare la guerra dei dazi promessa da Trump. Non ha deciso se confermerà o meno sia gli attuali dazi sull’acciaio e l’alluminio cinesi, né quelli sui semiconduttori (continuando a embargare quelli avanzati alla Cina), le batterie e i veicoli elettrici. È favorevole a una maggiore protezione dei consumatori e a un più netto contrasto delle pratiche anti-competitive. Si dichiara contraria all’accordo Usa-Messico-Canada, a meno di modifiche che proteggano i lavoratori americani e l’ambiente. Intende riformare il Wto, soprattutto in materia di controversie legali. Fino ad allora, bloccherà le nomine presso la corte di appello del Wto, dato che la Cina è responsabile dell’aggiramento sistematico del sistema di controlli affidati all’organismo stesso.

Punto cinque. Immigrazione. Per la Harris, occorre una riforma complessiva del sistema dell’immigrazione, rafforzando i controlli al confine per contenere i flussi illegali di migranti, provenienti dal Sud America. Propone di ampliare gli organici delle guardie di frontiera e dei funzionari addetti all’asilo. È favorevole al riconoscimento della cittadinanza al termine di “un percorso virtuoso”, nonché al mantenimento del Central American Minors Program, per i minori provenienti dal Triangolo Nord del Sud America. È decisa a mantenere il patrocinio legale gratuito ai migranti arrestati o detenuti per essere entrati illegalmente negli Usa, ed è favorevole a procedure più rapide per i ricongiungimenti familiari.

Punto sei. Gaza. Harris condivide la proposta di un cessate il fuoco in cambio degli ostaggi e il conseguente ritiro da Gaza dell’Idf. Non è però favorevole a un embargo delle armi a Israele, purché il suo Governo faccia tutto il possibile per evitare ulteriori vittime civili palestinesi, mettendo fine alla catastrofe umanitaria a Gaza. Si dichiara favorevole alla soluzione dei due Stati, la sola in grado di garantire la sicurezza di Israele. A tal fine, occorre rivitalizzare l’autorità palestinese per formare un governo di unità nazionale a Gaza e in Cisgiordania. È favorevole al mantenimento e all’ampliamento degli Accordi di Abramo, per coinvolgere l’Arabia Saudita nel processo di pacificazione arabo-israeliana. Occorre nel frattempo mettere un freno all’attività dei coloni israeliani in Cisgiordania e impedire nuovi insediamenti. Si dichiara fermamente contraria a qualsiasi ipotesi di riallocazione dei palestinesi di Gaza e Cisgiordasnia. Ritiene che gli Usa debbano continuare a impegnarsi a difendere Israele contro l’aggressione iraniana e dei suoi proxy, anche se occorrerà riaprire il dialogo con Teheran per un accordo sul nucleare. Harris condivide la protesta pro palestinese dei campus ma ne condanna gli eccessi, e intende contrastare con fermezza l’antisemitismo e i crimini di odio contro gli ebrei, anche attraverso campagne di informazione scolastica.

Punto sette. Ai & Technology. È del tutto favorevole allo sviluppo dell’Intelligenza artificiale, considerandola una questione di sicurezza nazionale. Le aziende del settore devono prendersi la responsabilità di proteggere l’infrastruttura digitale del Paese e di blindare i loro sistemi dagli attacchi hacker. Ritiene necessaria una nuova legge per rafforzare la normativa antistrust nei confronti delle grandi aziende digitali della Silicon Valley.

Punto otto. Cina. Harris intende porre fine alle pratiche scorrette di Pechino, in merito al furto sistematico di proprietà intellettuale e alla distorsione dell’economia globale, dovuta alle pratiche di dumping e ai sussidi governativi cinesi alle esportazioni. Farà ogni sforzo affinché sia l’America a vincere la sfida del XXI secolo, rafforzando, per ragioni di sicurezza, le attuali restrizioni all’export di prodotti high-tech verso la Cina. È favorevole al “de-risking”, piuttosto che al de-coupling. Le aziende americane che producono beni in Cina nel campo delle tecnologie avanzate continueranno a non usufruire degli aiuti di Stato. Non è favorevole alla messa al bando di TikTok, ma intende porre limiti al social cinese per ragioni di sicurezza nazionale. Intende proseguire gli sforzi per assicurare la libera navigazione nel Mar Meridionale di Cina e per rafforzare i legami con gli alleati americani nell’Indopacifico in seno alle alleanze Quad e Aukus. È favorevole alla realizzazione di infrastrutture nei Paesi a più basso reddito, per contrastare la Belt&Road Initiative cinese. Ritiene un’emergenza nazionale il traffico di oppioidi di sintesi, e intende sanzionare aziende e singole persone dislocate in Cina, responsabili del contrabbando dei principi attivi del Fentanyl.

Punto nove. Difesa e Nato. La Harris si è detta nettamente favorevole alla cooperazione multilaterale in ambito Nato e a impegnarsi per il sostegno all’Ucraina, dato che una vittoria di Mosca costituirebbe una gravissima minaccia per il resto dell’Europa. È a favore del mantenimento delle attuali sanzioni, che isolano la Russia dal sistema finanziario globale; ne limitano le esportazioni energetiche e riducono le sue capacità militari. Condivide la strategia di una maggiore e più incisiva presenza americana nella regione Sub-sahariana, per il rafforzamento delle tutele democratiche, lo sviluppo economico e la transizione energetica. Sul piano strategico, Harris ritiene che gli Usa debbano rinunciare a testare armi antisatellite, ampliando gli Accordi Arthemis per un accordo globale sulla governance delle attività poste in essere nello spazio. Intende rivedere il Foreign Intelligence Surveillance Act, in quella parte in cui non è garantito il libero accesso dei cittadini alle informazioni relative.

Punto dieci (Russia-Ucraina). Harris ha fermamente condannato l’invasione dell’Ucraina e ritiene che gli Usa debbano sostenere fino in fondo lo sforzo difensivo di Kiev contro la Russia. Dal 2022, gli Usa hanno assicurato a Zelensky aiuti e forniture militari per 175 miliardi di dollari. Pertanto, anche con la sua Presidenza verranno mantenute le attuali sanzioni, che isolano la Russia dal sistema finanziario globale, ne limitano le esportazioni energetiche e riducono le sue capacità militari.


di Maurizio Guaitoli