lunedì 21 ottobre 2024
Due anni dopo l’omicidio di Jina (Mahsa) Amini, continua la repressione delle popolazioni iraniche
La morte di Jina Amini, comunemente nota con il suo nome persiano Mahsa nei media mainstream persiani e non-persiani, avvenuta due anni fa, ha scatenato un’ondata di proteste a Seqizz, nel Kurdistan orientale, che si è estesa a tutto l’Iran.
Mentre i media occidentali hanno descritto la successiva repressione iraniana come un fenomeno più generalizzato, le sue vittime principali sono state i curdi e i beluci, centinaia dei quali sono stati uccisi dal regime. Numerosi manifestanti hanno riportato gravi ferite, alcuni resi ciechi da colpi di arma da fuoco. Le forze di sicurezza ne hanno arrestato migliaia, molti di loro sono stati stuprati, e altri sono morti sotto tortura.
Per la popolazione curda e per quella dei beluci, questa rivolta non è stato un evento isolato, ma parte di una lotta storica più ampia contro il regime iraniano. Né gli Stati Uniti né l’Europa dovrebbero ignorare queste due popolazioni quando si occupano dell’Iran.
L’alleanza tra curdi e beluci
La sottomissione delle popolazioni iraniche ha radici profonde. Durante il suo governo, Reza Pahlavi, che regnò tra il 1925 e il 1941, cercò sia di garantire l’egemonia culturale e linguistica persiana, sia di sopprimere e assimilare gruppi nazionali ed etnici non persiani, come i beluci, i curdi, i qashqai, gli armeni, gli azeri, gli arabi, i turkmeni, i gilaki, i tabari e i talisci. Ne minò le identità distinte e li costrinse alla sottomissione allo Stato iraniano centralizzato che, anche prima della Rivoluzione islamica del 1979, fuse la propria identità nazionale con quella sciita.
Questa repressione è continuata durante la rivoluzione, ma oggi ha raggiunto livelli senza precedenti: con il regime che ricorre alle esecuzioni capitali e alla violenza di stato per mantenere il controllo.
La repressione è sinonimo paura. Il regime sa che le popolazioni non persiane, come i curdi e i beluci, sono potenzialmente in grado di unirsi e formare un’alleanza. Questa unità tra i due popoli è uno dei risultati più significativi della Rivoluzione di Jina, espressa dallo slogan curdo “Jin, Jiyan, Azadî” (“Donna, Vita e Libertà”). Se i movimenti curdi e beluci hanno spesso operato separatamente, le esperienze reciproche di violenza e repressione statale potrebbero creare una base per una cooperazione più stretta.
Il sostegno morale tra i due gruppi non è una novità, ma un'alleanza più tangibile tra il Kurdistan orientale e il Belucistan (diviso tra Afghanistan, Iran e Pakistan) potrebbe rappresentare un nuovo capitolo nella lotta contro le politiche oppressive del regime iraniano. Questa unità emergente ha il potenziale per spostare l’equilibrio di potere e portare nuova speranza a tutte le popolazioni iraniche, aprendo la strada a un futuro costruito sul riconoscimento, l’uguaglianza e la giustizia per tutte le minoranze all’interno dello Stato iraniano. Condividendo le loro strategie e unendo le loro cause, possono costruire un fronte più temibile contro il regime iraniano.
L’opposizione iraniana all’estero non è riuscita a rappresentare gli interessi di queste minoranze nazionali, spesso dando priorità alla preservazione dell’integrità territoriale dell’Iran rispetto al riconoscimento dei diritti delle minoranze. In molti casi, l’opposizione in esilio ha riecheggiato le politiche del regime piuttosto che sostenere la causa degli oppressi. L’infiltrazione dell’opposizione da parte dell’apparato di sicurezza del regime, per non parlare delle loro rivalità interne e dell’incapacità organizzativa, non ha fatto altro che contribuire a isolare ulteriormente coloro che hanno sofferto di più sotto l’attuale regime.
L’Occidente non dovrebbe più ignorare i curdi e i beluci in Iran
Indiscutibilmente, le politiche iraniane sia degli Stati Uniti che dell’Europa sono fallite da 45 anni. Per troppo tempo, le loro riflessioni si sono focalizzate solo sul programma nucleare iraniano, sull’influenza regionale e sulle manovre geopolitiche. I diritti umani delle minoranze nazionali ed etniche in seno all’Iran non sono mai stati al centro di tali disamine.
Negli ultimi decenni, le amministrazioni statunitensi hanno ampiamente trascurato la difficile situazione dei curdi e dei beluci nei loro sforzi diplomatici nei confronti dell’Iran. Queste voci sono state messe a tacere o ignorate nelle sedi internazionali, anche se le loro comunità hanno subito gravi violazioni dei diritti umani. È tempo di cambiare prospettiva, riconoscendo le legittime aspirazioni di queste popolazioni all’autodeterminazione e alla preservazione culturale.
L’alleanza tra curdi e beluci rappresenta un passo fondamentale per sfidare il regime dall’interno e la comunità internazionale deve sostenere la loro lotta per la giustizia, l’uguaglianza e il riconoscimento.
Anziché bissare le politiche passate e aspettarsi risultati diversi, Washington potrebbe compiere quei passi importanti necessari per coinvolgere curdi e beluci e porre fine alla loro esclusione dalle sedi internazionali. Accettando curdi e beluci a Washington, gli Stati Uniti possono acquisire una comprensione più approfondita del complesso mosaico che compone la geografia e la demografia dell’Iran e delle sfide uniche affrontate dalle sue minoranze oppresse.
Queste minoranze nazionali, che hanno sopportato il peso dell’oppressione del regime, meritano il sostegno e il riconoscimento internazionale.
(*) Traduzione a cura di Angelita La Spada
(**) Tratto dal Middle East Forum
di Loqman Radpey (*)