lunedì 21 ottobre 2024
Le elezioni del 5 novembre che si terranno negli Stati Uniti destano da tempo interessi internazionali proprio per l’importanza geopolitica che rivestirà l’esito, che potrà determinare importanti cambiamenti circa i conflitti in atto e in programma. Donal Trump, che prima dell’ingresso nella contesa di Kamala Harris, era secondo i sondaggi favorito, ora si trova a fronteggiare proiezioni di voto decisamente incerte. Così nella sua campagna elettorale Trump evoca le peggiori calamità in caso di sconfitta. In una delle ultime interviste a Fox News parla del “nemico interno”, sollevando il livello della sua piromane retorica ad uno stadio superiore, e toccando concetti anche questa volta tendenzialmente complottisti. Nella sua narrazione della plumbea campagna elettorale riferisce di individuare due nemici: quello esterno e quello interno; attribuendo a quest’ultimo la pericolosità maggiore. Secondo il candidato repubblicano il nemico interno è più pericoloso della Russia e della Cina.
Concetto che chiaramente può dare una idea alla massa di cosa intenda per pericolosità: parliamo di economia, geostrategie, influenze in ambito finanziario, politico, e non ultimo militare, tanto per elencare alcuni fattori. Ma l’aspirante presidente, per quanto concerne l’identificazione dei “nemici interni” brancola genericamente sulle sensazioni, sul carattere e sul “pensiero”: descrivendoli come persone pazze, molto cattive, stravaganti, ma soprattutto di estrema sinistra. Evocando l’entrata in gioco della Guardia nazionale e dei militari. A questa sua ultima affermazione ha fatto seguito la risposta di una indignata Kamala Harris, che ha sottolineato quanto gli americani, in questi ultimi 10 anni, siano ormai abituati a esternazioni estreme da parte di Trump, ma questa volta, minacciando l’intervento della Guardia nazionale, ha superato ogni limite. Ricordo che questa è un corpo militare di difesa aggregato ai vari Stati americani, ma sotto il comando dal Pentagono quando le missioni sono federali.
Esplicitamente sino dall’inizio della sua campagna elettorale Trump ha descritto disastrosa la situazione esistente negli Stati Uniti; devastati da una inflazione galoppante, da una migrazione incontrollata e socialmente squilibrante, ma ritornando su aspetti morali, pervasa da una penetrante ipocrisia. Ricordando la campagna elettorale del 2016, quando il multimilionario repubblicano ottenne la vittoria, anche allora si espresse con una retorica catastrofica, ma soprattutto cupa. La sconfitta del 2020 poi fu arricchita da manifestazioni dalla coreografia pseudo rivoluzionaria, ma da una ideologia comica. Ora non sembra avere limiti nel volere rendere la popolazione intimorita da concetti umanamente estremi che inculcano la paura, forse sperando di attecchire in quella fascia di popolazione più fragile alla “voce del potere” espressa sia in presenza che sui media. Trump ripete con ossessione che la sua rivale democratica vuole “giustiziare i bambini” prima della nascita, che è una “comunista”, ma anche “marxista”, oltre che “fascista” e che è affetta da “deficit intellettuale”. Per contro anche la candidata dei democratici mette continuamente in dubbio l’equilibrio psichico di Trump, avvertendo, nei suoi discorsi, del rischio di avere un presidente degli Stati Uniti mentalmente instabile. Al momento, la maggior parte dei media offrono stime del numero di elettori a disposizione dei candidati e mappe interattive che consentono ai lettori calcolare le varie ipotesi.
Cosi confrontando i dati di siti come 270towin o Cook Political Report con le proiezioni della Cnn, si rileva che la Harris ha sicuri da 225 a 226 voti, e per essere eletta dovrà prenderne altri 44/45 al fine di toccare la soglia dei 270 elettori. Trump, fonti Cnn, al momento parte con una base di 219 elettori, quindi gli occorrono altri 51 per raggiungere i 270 necessari ad essere eletto presidente. Mentre per 270towin e Cook Political Report, il repubblicano parte con una base di 148 elettori certi, con 71 probabili, quindi 219 elettori. Rimangono in sospeso i 93 elettori negli stati politicamente incerti: Georgia, Arizona, Nevada, Michigan, Wisconsin, Pennsylvania e North Carolina. Quindi al momento nulla di scontato. Considerando i noti fallimenti, più o meno manipolati, delle agenzie che operano nelle previsioni di voto.
La cosa certa è che il programma dei due candidati alla presidenza degli Stati Uniti, dovrà confrontarsi con un deficit pubblico fuori controllo, che per l'anno fiscale terminato il 30 settembre ha raggiunto il 6,3 per cento del Pil, ben oltre 1800 miliardi di dollari. Un deficit che risulta essere il doppio del livello del 2019, l’ultimo anno che possiamo definire “nella norma” del mandato di Trump. Questi dati sono stati comunicati dall’ufficio bilancio del Congresso. I due programmi prevedono diverse strade ma “approdi” simili: Trump, annuncia ulteriori tagli fiscali, che accelereranno questa deriva, mentre il programma della Harris, con spese sociali aggiuntive, non pare possa risolvere la questione del deficit. L’amministrazione di Joe Biden lascia quindi una situazione degradata, nonostante una occupazione in aumento e la crescita rilevata dopo la pseudo pandemia.
Ma considerando che ambo i candidati disegnano contorni dove i nemici e gli amici sono ben distinti, mi viene in mente un aforisma di Ernest Hemingway che cita: “Non bisogna giudicare gli uomini dalle loro amicizie: Giuda frequentava persone irreprensibili”. Oppure il noto detto di Mao Zedong: “Chi sono i nostri nemici? Chi sono i nostri amici? Questa è una questione di primaria importanza per la rivoluzione”. Anche alla luce che alcune importanti figure dirigenziali repubblicane, come Liz Cheney, Cassidy Hutchinson, Sarah Matthews e Alyssa Farah Griffin, hanno dichiarato che non voteranno Trump.
di Fabio Marco Fabbri