Le petroliere sanzionate trasportano ancora petrolio dalla Russia

venerdì 11 ottobre 2024


L’uso da parte di Mosca delle petroliere sanzionate per il commercio di petrolio russo sta aumentando, con quasi un terzo delle navi inserite nella blacklist al lavoro. Almeno 21 delle 73 petroliere sanzionate dall’Office of Foreign Assets Control del Dipartimento del Tesoro degli Stati Uniti, dal Tesoro del Regno Unito e dall’Unione europea nell’ultimo anno hanno trasportato un totale di 24 carichi di petrolio russo nonostante fossero state sanzionate in risposta all’invasione dell’Ucraina da parte di Mosca nel 2022. La mancanza di preoccupazione per le possibili conseguenze per la violazione delle restrizioni imposte da Londra, in particolare, ha probabilmente incentivato Mosca e i suoi clienti a trovare soluzioni alternative. L’impiego delle petroliere sanzionate ha registrato un incremento esponenziale soprattutto nell’ultimo periodo, con almeno sette carichi nei primi dieci giorni di ottobre, secondo i dati di tracciamento delle navi. Questo aumento è davvero rilevante se si considera che in agosto e settembre di quest’anno i carichi erano stati solo sei e addirittura cinque nell’arco dei sette mesi precedenti. Inizialmente, le petroliere inserite nella blacklist sono effettivamente rimaste inattive.

Nessuna delle navi sanzionate trasportava un singolo carico di petrolio russo o di qualsiasi altro tipo. Ciò, tuttavia, è stato vero per circa sei mesi dall’adozione delle sanzioni delle prime navi. Dopodiché, constatando che i primi carichi sono stati consegnati con successo senza che ciò implicasse concrete conseguenze, l’uso delle petroliere sanzionate è aumentato vertiginosamente. Le prime sanzioni da parte degli Stati Uniti furono imposte il 12 ottobre 2023, quando vennero adottati provvedimenti contro due navi, la Scf Primorye e la Yasa Golden Bosphorus, per il trasporto di petrolio russo venduto al di sopra del prezzo massimo di 60 dollari al barile, imposto per limitare il reddito petrolifero di Mosca. Le sanzioni del Regno Unito sono giunte ben più tardi. Londra ha iniziato a sanzionare le singole navi solo a giugno di quest’anno, seguita – nello stesso mese – dall’Unione europea. In totale, sono state inserite in blacklist 73 petroliere, di cui nove sanzionate da più di un’autorità. Una petroliera, la Yasa Golden Bosphorus, è stata rimossa dalla lista delle sanzioni statunitensi ad aprile.

Le misure imposte dal Regno Unito sembrano essere le meno efficaci. Quasi due terzi del carico finora è stato trasportato da navi sanzionate da Londra. Tutte le petroliere che hanno operato tra settembre e ottobre sono, infatti, state sanzionate proprio dalla Gran Bretagna, e solo una di esse è stata presa di mira da Bruxelles. Ciò significa che due terzi di tutte le navi sanzionate dal Regno Unito sono tornate al lavoro. Al contrario, l’azione degli Stati Uniti sembra essere stata più efficace. Solo sei carichi sono stati trasportati da quattro delle 39 petroliere inserite nella blacklist da Washington. La maggior parte di coloro che sono stati presi di mira dall’Ofac sono rimasti inattivi da quando sono stati sanzionati, alcuni per quasi 11 mesi. Peraltro, ben 50 delle navi sanzionate sono state rinominate dopo essere state inserite in blacklist. Tredici delle navi sanzionate ora navigano sotto la Bandiera delle Barbados. La maggior parte dei carichi si sono diretti verso i porti cinesi, ma circa un terzo è finito in India, a dimostrazione che la precedente riluttanza di Nuova Delhi ad affrontare le conseguenze di una possibile violazione delle sanzioni ora appartiene al passato. Mentre le prime spedizioni di navi cisterna sanzionate erano state caricate nel porto di Novorossiysk, sulla costa russa del Mar Nero, i carichi più recenti sono stati effettuati in quasi tutti i porti di esportazione della Russia. Peraltro, le petroliere inserite nella blacklist sono solo una piccola parte della flotta “ombra” creata dalla Russia per spostare i suoi prodotti grezzi e raffinati al di fuori dai radar delle potenze occidentali. Questo riduce ulteriormente l’efficacia delle misure adottate, con un alto numero di altre navi disponibili per mantenere elevato il volume di petrolio russo che scorre a livello mondiale e, conseguentemente, inalterato il reddito petrolifero del Cremlino.

(*) Docente universitario di Diritto internazionale e normative per la sicurezza


di Renato Caputo (*)