Il discorso di Erdoğan all’Onu ha aperto la strada all’indipendenza curda?

venerdì 11 ottobre 2024


Parlando alla 79esima sessione dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite, il presidente turco Recep Tayyip Erdoğan ha affrontato tre temi chiave. Innanzitutto, Erdoğan nel suo discorso ha demonizzato il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, dicendosi al contempo favorevole alla causa di Hamas. In secondo luogo, si è erto a paladino della difesa dell’indipendenza di Cipro del Nord occupata dai turchi; e infine ha avanzato la sua solita richiesta di riforma del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite.

Al presidente turco piace definirsi un mediatore di pace. Forse la comunità internazionale dovrebbe prenderlo in parola e applicare i criteri che lui segue in merito ai conflitti che coinvolgono la Turchia.

Iniziamo con la sua interpretazione degli affari internazionali. Erdoğan ha affermato: “Proprio come Hitler fu fermato da un’alleanza dell’umanità settant’anni fa, Netanyahu e la sua rete di omicidi devono essere fermati da un’alleanza dell’umanità”. Erdoğan ricorda male la storia. La Turchia è rimasta neutrale nella lotta contro Hitler e i nazisti fino alla fine di febbraio del 1945, molto tempo dopo la liberazione di Parigi da parte degli Alleati e solo poche settimane prima dell’invasione alleata della Germania. Se la Turchia non avesse fornito alla macchina da guerra tedesca cromite e altri materiali industriali militari, la fine di Hitler sarebbe potuta arrivare anche prima.

Oggi, in Medio Oriente, Erdoğan è il più simile a Hitler. Israele combatte una guerra difensiva, ed è più simile alla Polonia della Seconda guerra mondiale, democratico ma circondato da Paesi che cercano di cancellarlo dalla mappa. La Turchia è irredentista, rivendica i territori della Grecia, della Bulgaria, dell’Iraq e della Siria; tratta Cipro del Nord come i Sudeti. Nel marzo di quest’anno, Erdoğan si è lamentato del fatto che le truppe turche non si fossero spinte ulteriormente a Cipro durante l’invasione del 1974. “Forse se ci fossimo spinti a sud, e lo dico da figlio del presente”, ha affermato il presidente turco, “non ci sarebbero più sud e nord e Cipro sarebbe solo nostra”.

Erdoğan vede Cipro solo attraverso la lente dell’imperialismo turco, ma le sue dichiarazioni hanno creato precedenti ben oltre l’isola. Alle Nazioni Unite, ha detto: “Ci sono due popoli e due Stati separati sull’isola. (...) Oggi, invito ancora una volta la comunità internazionale a riconoscere la Repubblica turca di Cipro del Nord e a stabilire con essa relazioni diplomatiche, politiche ed economiche”.

D’accordo, ma se a Cipro esistono due popoli, che dire della Somalia? Il Somaliland è stato indipendente per un breve periodo nel 1960 ed è indipendente de facto dal 1991. La sua popolazione vuole il riconoscimento internazionale, eppure la Turchia vende armi a Mogadiscio e interviene diplomaticamente per minare la libertà del Somaliland.

In realtà, la concezione di Cipro da parte di Erdoğan manca di efficacia. I coloni turchi non sono sinonimo di turco-ciprioti. Quando i coloni e le truppe turche se ne andranno, riqualificare l’isola come hub cosmopolita del gas e come centro nevralgico finanziario per il Mediterraneo diventerà semplice. Ciononostante, c’è saggezza nella filosofia di Erdoğan, ma solo se applicata più vicino a casa. I curdi della Turchia sono sempre più un popolo a sé stante. Il presidente turco potrebbe avere ragione nel dire che il mondo non ha mai riconosciuto il Kurdistan, ma i curdi hanno più pretese su un territorio e una cultura distinti di quanto ne abbiano storicamente i palestinesi. I curdi si sono a lungo identificati come tali; prima del 1948, gli arabi palestinesi si consideravano in gran parte siriani. Tuttavia, il fatto che il Kurdistan non sia mai stato indipendente non ha più importanza. Se la Turchia può riconoscere retroattivamente i confini della Palestina, lo stesso può fare la comunità internazionale per riconoscere il Kurdistan da Mardin a Malatya e da Urfa a Iğdır, con Capitale a Diyarbakir. Erdoğan potrebbe lamentarsi che tale mossa premia il terrorismo del Pkk, il Partito dei Lavoratori del Kurdistan, ma tale tesi non regge quando lui è favorevole ad Hamas.

L’argomentazione di Erdoğan per una riforma delle Nazioni Unite è debole. Il mondo è cambiato molto dalla fondazione delle Nazioni Unite avvenuta nel 1945. Forse il mondo potrebbe soddisfare a metà le richieste di Erdoğan sintetizzate nel suo slogan: “Il mondo è più grande di cinque”. Oggi, la popolazione turca conta circa 90 milioni di abitanti, ma dopo l’indipendenza del Kurdistan sarà un’ombra di se stessa. La Grecia, tuttavia, è l’erede di un’antica cultura e potrebbe rappresentare bene il Mediterraneo orientale come membro permanente del Consiglio di Sicurezza. L’inclusione di Israele potrebbe anche aggiungere l’equilibrio necessario e riorientare le Nazioni Unite verso la pace piuttosto che verso pogrom retorici.

Quindi, sì, signor Erdoğan. Grazie per le sue idee. Il modo migliore per testare la virtù e il merito delle sue idee è attuarle altrove. Forse potrebbe anche recarsi a Diyarbakir quando Abdullah Öcalan innalzerà la bandiera del Kurdistan sul più recente Stato indipendente del mondo.

(*) Tratto dal Middle East Forum

(*) Traduzione a cura di Angelita La Spada


di Michael Rubin (*)