La guerra infinita, Israele senza pace

mercoledì 9 ottobre 2024


In Libano la politica decide tutto e quasi sempre non per il bene del proprio popolo. Una terra in realtà tra le più felici del Medio Oriente, grazie alla posizione geografica, alle risorse naturali di cui dispone, ai grandi porti che la collegano al resto del mondo, al clima dolce del Mediterraneo e alla sua gente operosa, è oggi presa in trappola in una sorta di immensa prigione a cielo aperto.

Una nazione stretta nella morsa implacabile di una lotta tra fazioni irriducibili, che non riesce a fuoriuscire da uno stallo politico come se ne vedono pochi al mondo. Se soltanto la sua gente generosa e brillante potesse spezzare le catene che la tengono prigioniera in un labirinto politico senza via d’uscita, il Libano potrebbe tornare a essere il Paese ricco e florido di un tempo, prima della disastrosa guerra civile degli anni ‘80.

E di certo non hanno contribuito al suo riscatto le invasioni del 1982 e del 2006 da parte di Israele, ossessionata dalla questione della sicurezza ai suoi confini.

Oggi, a seguito dei bombardamenti su Beirut, all’incirca un milione di persone sono state costrette ad abbandonare la città, lasciandosi tutto alle spalle. Libanesi in fuga, bisognosi di ogni tipo di assistenza che uno Stato fallito non può minimamente garantire, né ai propri cittadini, né ai milioni di profughi siriani, sfuggiti alla spietata dittatura di Bashar Assad. Ma, poiché le lezioni della storia suggeriscono che pace e sicurezza non possono essere ottenute con il solo ricorso alla forza, anche questa volta esiste un fondato timore che l’invasione del Libano da parte di Israele non migliori i già imbarazzanti risultati del 2006.

Da quella data in poi, per di più, le milizie di Hezbollah hanno dominato la scena libanese, vantandosi di essere gli eroi vittoriosi che avevano resistito e sconfitto la mitica potenza ebraica. Certo, oggi le premesse da cui parte l’azione di terra israeliana sono completamente diverse, dopo gli eclatanti successi dell’intelligence e delle forze armate israeliane, che hanno visto mettere fuori combattimento, senza tirare un solo colpo, migliaia di miliziani che indossavano cercapersone, o avevano alla cintura walkie-talkie forniti loro dall’organizzazione e manipolati dal Mossad, per esplodere con le loro microcariche alla ricezione di un messaggio criptato.

I bombardamenti mirati dell’imprendibile aviazione israeliana hanno fatto il resto, eliminando l’intera catena di comando dei vertici di Hezbollah, compreso il leader supremo Hassan Nashrallah, considerato come un figlio adottivo dal grande ayatollah Ali Kamenei, capo supremo dell’Iran. Un vero shock non solo per i fondamentalisti sciiti, ma per il mondo intero, stupido dai progressi tecnologici e dalla straordinaria rapidità con cui avvengono.

Nell’arco di ventiquattro ore, la combinazione di dati analitici, Ai, cyber spionaggio e armi convenzionali hanno provocato un vero terremoto nelle fila e nell’organizzazione di guerriglieri che si credevano al sicuro, e adeguatamente preparati per fronteggiare il loro nemico “sionista” di sempre. Il clamoroso successo di Tel Aviv è dovuto alle straordinarie capacità acquisite dall’Idf, che ha coniugato e integrato magistralmente tra di loro le risorse di Ai per trattare l’immensa mole di big data, provenienti dalle molte migliaia di device e dall’osservazione capillare del territorio nemico.

Dati ottenuti anche grazie all’hackeraggio delle telecamere di sorveglianza all’interno degli spazi urbani. L’intelligence e l’esercito israeliano hanno potuto così individuare i siti di stoccaggio dei missili e le postazioni dei miliziani, occultati spesso in case civili di abitazione, colpendoli successivamente, una volta ricevuto l’ordine, con grande sicurezza e precisione, compresi i nascondigli dei loro comandanti. E qui sarà opportuno prendere nota della lezione di storia contemporanea che la nuova guerra mediorientale ci ha offerto: ovvero, le conquiste tecnologiche avanzate stanno favorendo un’espansione esponenziale del potere militare per coloro che hanno fatto per tempo investimenti nel settore della difesa cyber, mantenendo un notevole vantaggio a protezione della propria sovranità e della sopravvivenza come nazione.

L’Ucraina sta facendo la stessa cosa, tenendo testa a un nemico molto più forte di lei sulla carta. Se, al contrario, fossero stati Houthi, Hezbollah e Pasdaran iraniani ad avere un simile vantaggio tecnologico, probabilmente oggi Israele non esisterebbe più! C’è una lezione immediata che riguarda il famoso Asse della Resistenza, su cui l’Iran fa affidamento da più di venti anni per la sua guerra di sterminio e di accerchiamento contro lo Stato ebraico, che considera come il Piccolo Satana.

Il monito per l’Asse fondamentalista è molto semplice: la loro crociata ideologica contro Israele è un conflitto che la loro alleanza non può vincere e che, se portato alle estreme conseguenze, potrebbe sfociare in una guerra a tutto campo con l’intervento degli Stati Uniti d’America. Anche perché, a seguito dei colpi subiti, i proxy dell’Iran hanno visto degradare in modo netto leadership, capacità di comunicazione e forza militare, per cui buon senso vorrebbe che facessero un passo indietro nella loro retorica di distruzione della “entità sionista”. Dato che è proprio quest’ultima ad avere oggi la possibilità concreta di cambiare drasticamente gli equilibri in Medio Oriente.

La loro unica speranza (speriamo che vada presto delusa) è che Israele faccia passi falsi sul campo, come nel 1982 e nel 2006.  Anche se, nel medio-lungo termine, a meno di un cambio di leadership e di regime in Iran, Teheran farà di tutto per ricostituire i ranghi e le dotazioni di armi dei suoi proxy. Eppure, senza una visione politica non vi potrà essere una visione di lungo periodo che assicuri a Israele pace e sicurezza. Perché, come si è visto dal 1948, l’eterna lotta tra israeliani e palestinesi non avrà mai fine, senza una soluzione pacifica duratura. Forse il dopo-Biden potrebbe riservare molte sorprese in tal senso.


di Maurizio Guaitoli