mercoledì 2 ottobre 2024
Quale Africa spaventa l’Occidente, soprattutto cosa c’è nei report delle intelligence occidentali e delle security delle multinazionali che oggi gestiscono commodity, privative e diritti fino al 1960 in mano agli Stati colonizzatori europei?
Angelo Del Boca, noto storico del colonialismo italiano, ha lasciato la vita terrena nel 2021: nella sua Biografia di Gheddafi ci racconta i lati del leader libico non graditi a Usa, Francia e Inghilterra. Ovvero il timore occidentale che Gheddafi potesse realizzare un enorme impero africano, permettendo a tutta l’Africa di strappare i contratti con le multinazionali, per poi scacciare con la forza gli europei. A questi ultimi poi sarebbero stati imposti nuovi prezzi e regole su ogni fornitura di materie prime.
Di fatto Gheddafi imponeva la visione araba all’Africa; il Rais era punta di diamante d’una certa unità araba che intendeva pervadere con la propria politica l’Africa nera. Ma il fallimento delle “primavere arabe”, costruite a tavolino dalle intelligence occidentali, ha spalancato la porta ad un progetto d’impero che non intende mediare tra Africa ed Occidente.
Al posto dell’unione economica degli Stati del Sahara, fortemente voluta da Gheddafi, oggi sono all’orizzonte i revanscismi nigeriani, congolesi e di tutta l’Africa nera: ideologie che non contemplano il dialogo di un’Africa forte con l’Occidente, mediato dalla visione commerciale araba, ovvero il progetto di Gheddafi. A Tripoli, nell’era del Rais, s’incontravano sia i capi di Stato che i ministri dei Paesi sahariani e dell’Africa nera, e si costruiva un progetto di dialogo, non certo l’idea di poter sopraffare l’Europa. Il tramonto delle “democrazie militarmente protette” ha invece permesso il sopravanzare di quella resa dei conti, anche violenta, contro l’Occidente bianco che è nei postulati del progetto di nuovo Impero africano, a cui credono milioni di giovani delle nazioni centrali.
Gheddafi credeva nella forza dell’economia, per questo motivo nei primi anni Ottanta aveva invaso il Ciad, piegando con le armi il revanchismo africano.
Questo perché il leader libico credeva, e lo aveva detto pubblicamente a Silvio Berlusconi, che andava abbandonata dagli africani l’idea di vendetta contro il colonialismo europeo. Non sono dello stesso avviso i milioni di giovani che s’ispirano a mitologici imperi africani esistiti prima dell’Impero dei Mandem (o Impero del Mali). Ovvero imperi africani fondati dal popolo d’etnia mandingo, che vivevano nella regione tra il Mali meridionale, la Guinea, la Costa d’Avorio, il Senegal ed il Gambia. Piccolo particolare ma non secondario, gli imperatori Mandem appartenevano tutti alla dinastia Keita, quindi discendenti di Bilal seguace e forse imparentato con Maometto attraverso uno dei suoi sette figli: l’Impero del Mali aveva connotazione e regole musulmane che avevano messo al bando leggi e usanze tribali. Invece oggi, gran parte dei giovani africani arrabbiati contro l’Occidente credono nella vendetta e nella rivalsa anche attraverso riti violenti tribali.
Noi europei abbiamo notizia dell’impero Mandem attraverso i racconti di esploratori e militari francesi e inglesi, che ci riportarono storie sulla forza dei “mandinka”. Una forza anche politica, visto che tra il 1235 ed il 1645 avevano trasformato in cittadini stanziali i popoli semi-nomadi e nomadi di tutte le regioni dell’Africa Occidentale. Era così diventato un impero con tante Città-Stato, e sappiamo che poi s’era più o meno fuso con il potente impero guerriero del Ghana: in città come Tabou e Toron c’erano fortissimi guerrieri, così gli europei avevano compreso che la conquista dell’Africa non poteva rivelarsi un pacifico piegare popoli ai voleri di Francia e Regno Unito. Del resto, gli stessi arabi, che in quell’Africa nera si rifornivano di schiavi, avevano riferito ai francesi che in più tornate, dopo l’XI secolo, i guerrieri dell’Impero del Ghana avevano aggredito le tribù berbere musulmane.
Nascevano così le leggende in salsa berbera sull’Impero del Mali, la storia di Sundjata, prima detto “il principe leone” e poi “il Re Leone”, le cui gesta giravano per tutta l’Africa Occidentale fino al Nord Africa mediterraneo. Capirete quanto sia difficile in questo caso separare leggenda da storia vera.
Resta il fatto che, oggi ad ispirare l’ideologia dei giovani africani non c’è l’Impero Manden islamico, ma la leggenda del mandingo leone mangiatore di uomini: ritualità emerse anche nell’omicidio di Pamela Mastropietro per mano del nigeriano Innocent Oseghale. Particolari anche dell’omicidio di Desiree Mariottini in uno stabile del quartiere romano San Lorenzo, per mano di Mamadou Gara, Alinno Chima e Brian Minthe. Ma non scendiamo nei particolari truculenti dei vari omicidi, soprattutto necessita razionalizzare senza alimentare paure e odi: ma non possiamo dimenticare le aggressioni con grossi coltelli e macete consumate da giovani africani nei pressi della Stazione centrale di Milano come a Roma-Termini. Nelle parole degli aggressori non c’è l’Islam, ma il revanchismo dell’Africa Nera contro l’Occidente bianco.
Soprattutto l’ideologia di molti giovani africani è quanto di più lontano anche dall’Impero orientale, ovvero l'Impero d’Etiopia (Abissinia): impero africano fondato nel 1137, secondo il monaco Tekle Haymanot, sulle ceneri dell’antico Regno di Axum. Una lunga storia che ci parla di guerre con i vicini sultanati, e di rapporti con invasori arabi e poi portoghesi. Soprattutto di Negus piegati prima all’Islam e poi alla Chiesa di Roma. Nel 1621 l’imperatore d’Etiopia proclamava ad Axum l’adesione del suo Paese alla Chiesa cattolica: grande vittoria dei gesuiti, che di fatto mediavano con il potere portoghese. Sull’Impero d’Etiopia sappiamo molto di più che su quello del Mali, grazie ai gesuiti e poi all’esploratore francese Jacques Poncet che, da medico, si vide aprire le porte di quel mondo lontano.
Ma le conquiste ed i protettorati italiani, e poi le spartizioni con Gran Bretagna e Francia, sono storie recenti di fine Ottocento, che non motivano alcun odio o rancore africano.
Oggettivamente l’Europa è in difficoltà, e le polizie europee non sanno come evitare si diffondano notizie di aggressioni ingiustificate ai propri cittadini da parte di migranti africani. Entro il 2030, oltre il 40 per cento della popolazione giovanile mondiale sarà africana ed entro il 2050 l’Africa rappresenterà più del 25 per cento della popolazione globale: un incremento fino a 2,1 miliardi, e con età media inferiore ai 25 anni. Di fatto lo Ius Scholae appare come una soluzione culturalmente debole a disinnescare la costruzione mentale d’un epico impero africano capace di sottomettere l’uomo bianco.
L’Europa, costantemente accusata di non mantenere le promesse fatte ai migranti ed all’Africa, si trincera dietro iter burocratico-amministrativi. Germania e Austria in gran segreto espellono i soggetti violenti, soprattutto indagano su cosa possa pensare o credere il richiedente cittadinanza. In Italia è in atto uno scontro tra chi vorrebbe fermare questa invasione, prevedendo le future conflittualità, e chi crede che giusto che l’Impero Africano possa cancellarci. Qualcuno rimpiange Gheddafi, uomo di Leptis Magna come Settimio Severo, imperatore di mediazione, come Roma ci insegna.
di Ruggiero Capone