martedì 24 settembre 2024
Il gruppo terroristico palestinese Hamas, sostenuto dall’Iran, ha reiterato la richiesta che Israele si ritiri completamente dalla Striscia di Gaza per raggiungere un accordo per il cessate il fuoco e la liberazione degli ostaggi. Hamas, in altre parole, chiede che Israele perda la guerra in modo che il gruppo terroristico possa riorganizzarsi, riarmarsi e prepararsi per altri attacchi contro lo Stato ebraico, come quello lanciato il 7 ottobre 2023. In quell’attacco, 1.200 israeliani sono stati assassinati, molti dei quali stuprati, torturati e bruciati vivi. Altri 240 israeliani sono stati rapiti e portati nella Striscia di Gaza, dove 101 sono ancora tenuti in ostaggio, molti dei quali sono già stati uccisi (si veda qui e qui).
In una dichiarazione rilasciata il 12 settembre, Hamas ha affermato che i suoi rappresentanti hanno informato i mediatori egiziani e qatarioti della loro “positività e flessibilità nel raggiungere un accordo di cessate il fuoco a Gaza, in base al quale l’esercito di occupazione israeliano si ritirerebbe dall’intero territorio della Striscia di Gaza in modo da tutelare gli interessi dei palestinesi e aprire la strada a un accordo di scambio di prigionieri”.
Un ritiro totale israeliano significa che le Forze di Difesa Israeliane (Idf) abbandonerebbero il Corridoio Filadelfia e il valico di frontiera di Rafah tra la Striscia di Gaza e l’Egitto. Significa anche che le truppe dell’Idf abbandonerebbero il Corridoio Netzarim, che divide la parte settentrionale della Striscia di Gaza da quella meridionale.
Abbandonare il confine tra la Striscia di Gaza e l’Egitto consentirebbe ad Hamas di continuare con la sua decennale pratica di contrabbando di armi nell’enclave. Permetterebbe anche al nuovo capo di Hamas, Yahya Sinwar, di fuggire, insieme a molti degli ostaggi di cui si pensa si circondi per proteggersi, attraverso i tunnel nel deserto del Sinai in Egitto.
Allo stesso modo, un ritiro dal Corridoio Netzarim faciliterebbe il ritorno dei terroristi di Hamas nella parte settentrionale della Striscia di Gaza, facendoli così avvicinare alle comunità israeliane lungo il confine.
Secondo il generale di brigata (in pensione) Udi Dekel, responsabile del programma di ricerca sulla scena palestinese presso l’Inss, l’Istituto israeliano per gli Studi sulla Sicurezza Nazionale: “Hamas è concentrato sulla sopravvivenza e si sforza di creare un mito per cui non può essere sconfitto, nella speranza che la pressione interna e internazionale su Israele lo costringerà a fermare la guerra. Il capo dell’Idf Herzi Halevi ha affrontato la questione il 13 gennaio, dichiarando: ‘La leadership di Hamas sta riponendo le sue speranze in un cessate il fuoco ed è convinta che questo momento sia vicino. Gli obiettivi della guerra sono complessi e difficili da raggiungere e richiederanno molto tempo, lo abbiamo detto fin dal primo momento. Per smantellare Hamas, sono essenziali fermezza e pazienza. Abbiamo completato lo smantellamento della struttura militare di Hamas nel nord di Gaza e ora le truppe sono impegnate in missioni per aumentare e mantenere tali risultati in quest’area. Ci sono ancora terroristi là fuori, c’è ancora qualche infrastruttura. Continueremo ad attaccare, a perseguire e a distruggere’... Nella fase attuale della guerra, Israele ha bisogno di una combinazione di due approcci: riconquistare la parte settentrionale della Striscia di Gaza (a nord del fiume Gaza) e rafforzarne il controllo israeliano, e sigillare ermeticamente il Corridoio Filadelfia, utilizzato per il contrabbando, come soluzione pratica per impedire ad Hamas e ad altri gruppi terroristici di riarmarsi”.
L’ultima dichiarazione di Hamas afferma chiaramente che il gruppo terroristico vuole che Israele lasci la Striscia di Gaza prima che gli ostaggi vengano liberati.
Secondo alcune notizie giornalistiche, Hamas ha dichiarato di essere disposto a liberare gli ostaggi in più fasi. Indubbiamente vuole trattenere quanti più ostaggi possibile come “polizza assicurativa”; inoltre vuole che Israele non riprenderà la guerra e che il movimento avrà mano libera per attaccare lo Stato ebraico in futuro. Ciò implica che un gran numero di ostaggi rimangano prigionieri nelle mani del gruppo terroristico per anni. È importante notare che negli ultimi dieci anni, Hamas ha tenuto in ostaggio due civili israeliani che si ritiene siano ancora vivi, così come i resti di due soldati dell’Idf.
In realtà, porre fine alla guerra ora significa una resa israeliana, assicurando che Hamas possa continuare a controllare la Striscia di Gaza. Il movimento vuole vedere Israele sconfitto e umiliato. Il gruppo terroristico cerca di proclamare la vittoria e di inviare un messaggio ai nemici dello Stato ebraico che le atrocità del 7 ottobre sono valse il caro prezzo che i palestinesi nella Striscia di Gaza hanno pagato.
Consentire ad Hamas di rimanere al potere significa che il gruppo terroristico perseguirà il jihad (guerra santa) per uccidere più ebrei e distruggere Israele. Come ha detto l’alto funzionario di Hamas Ghazi Hamad poco dopo l’attacco del 7 ottobre: “L’alluvione Al-Aqsa [nome dato da Hamas all’invasione di Israele del 7 ottobre] è solo la prima volta, e ce ne sarà una seconda, una terza, una quarta. Israele è un Paese che non ha posto sulla nostra terra. Dobbiamo rimuovere quel Paese. Non ci vergogniamo di dirlo con tutta la forza. Dobbiamo dare a Israele una lezione, e lo faremo ancora e ancora”.
Hamas è disposto a combattere fino all’ultimo palestinese. Al gruppo terroristico non importa se decine di migliaia palestinesi perdono la vita a causa della guerra che ha iniziato. La sua priorità assoluta è mantenere il potere dopo la guerra. Hamas spera evidentemente che un accordo per il cessate il fuoco e la liberazione degli ostaggi lo aiuterà a raggiungere il suo obiettivo di mantenere il controllo sulla Striscia di Gaza.
Mohammed Siam, un analista politico palestinese strettamente legato ad Hamas, ha sottolineato il disprezzo del gruppo per la vita dei gazawi: “Il prezzo della libertà comporta sacrifici, e ancora sacrifici. In linea di massima, si può dire che la parola resa non esiste nel lessico di Hamas... “I calcoli di Hamas derivano dal desiderio di sacrificarsi e morire per amore di Dio e conseguire il martirio. Per i membri di Hamas, il martirio e la vittoria sono gli obiettivi più grandi. Hamas non si arrenderà mai”.
Se l’amministrazione Biden-Harris vuole comprendere le reali intenzioni e gli obiettivi di Hamas, deve solo guardare cosa dice il gruppo terroristico in arabo. Hamas e i suoi alleati dicono in arabo che l’unico accordo che accetterebbero è quello che porta Israele ad alzare bandiera bianca.
Se ad Hamas verrà permesso di vincere la guerra, l’Iran e i suoi altri proxies terroristici, come Hezbollah, la Jihad Islamica Palestinese e gli Houthi, acquisiranno sicurezza e si sentiranno più forti. Inoltre, così facendo verrà trasmesso ai jihadisti musulmani di tutto il mondo il messaggio che Israele e i Paesi occidentali sono troppo deboli per proteggere la propria popolazione e i loro valori dalle organizzazioni terroristiche islamiste. Questa debolezza scatenerà altro terrorismo non solo contro Israele, ma anche contro gli Stati Uniti e la maggior parte delle nazioni occidentali.
Invece di fare pressione su Israele affinché ponga fine alla guerra, l’amministrazione Biden-Harris deve esigere con fermezza che gli assassini e gli stupratori di Hamas si arrendano completamente, si disarmino, cedano il controllo della Striscia di Gaza e rilascino tutti gli ostaggi senza condizioni.
Tutto questo deve aver luogo al più presto, prima che l’Iran tiri fuori le sue armi nucleari e inizi ad attaccare nuovamente i suoi vicini ricchi di petrolio, come gli Emirati Arabi Uniti e l’Arabia Saudita.
Se Hamas si rifiuta di obbedire, l’amministrazione Biden-Harris e il resto del mondo dovrebbero sostenere pienamente gli sforzi di Israele per distruggere le capacità militari del gruppo terroristico e rimuoverlo dal potere.
(*) Tratto dal Gatestone Institute
(**) Traduzione a cura di Angelita La Spada
di Bassam Tawil (*)