giovedì 19 settembre 2024
Parlando seriamente: potrà mai l’Occidente entrare in guerra con la Russia? Alcuni (Vladimir Putin, soprattutto) dicono che potrebbe accadere molto presto, se Inghilterra e Stati Uniti autorizzassero Volodymyr Zelensky a utilizzare i loro missili a lungo raggio, in grado di colpire in profondità obiettivi militari strategici, come le linee di rifornimento russe, indispensabili per la tenuta del Donbass. In un primo tempo, la reazione di Putin potrebbe andare in crescendo (in modo da poter provocare in ogni momento un passo indietro dell’Occidente), iniziando con attacchi di cyberwarfare, assassini mirati, sabotaggio e distruzione di cavi sottomarini per le comunicazioni intercontinentali e di condotte per le forniture energetiche e interferenza nei voli di linea per bloccare il traffico civile.
Il secondo step per aumentare la tensione potrebbe, molto verosimilmente, riguardare un attacco limitato contro basi Nato in Estonia, o il dispiegamento di testate nucleari tattiche ai confini ucraini, per rendere credibile e operativa la fase di deterrenza. Un analogo gesto ad alto impatto simbolico è costituito dal bombardamento di siti ucraini di grande interesse storico-artistico e culturale, fino a oggi risparmiati dalla pioggia di missili russi. In tutti i casi suddetti, come dovrebbero reagire l’Europa e l’America e i loro alleati di Polonia, Romania, Francia e Germania? Rimarranno tutti uniti di fronte alla minaccia di Mosca? In tale ottica, nei due ultimi Paesi citati, il metro di misura della contro-reazione possibile sarà dettato dalla pressione che eserciterà l’ultradestra europea filo-Putin (Front National, Afd), per mettere fine alla guerra e lasciare ai russi il Donbass. Strategia quest’ultima che, tra l’altro, coincide con il presunto “piano di pace” di Donald Trump-J.D. Vance.
Tenuto conto che, comunque, Londra e Washington non potranno andare unilateralmente per la loro strada, l’unica via molto stretta e a minor rischio per loro sarebbe di chiedere a Zelensky di valutare con grande accortezza i bersagli veramente essenziali da colpire dal punto di vista militare (facendo meno vittime innocenti possibili), come le basi aeree russe da cui partono gli attacchi contro i civili ucraini. Sempre che i russi non abbiano nel frattempo conseguito il vantaggio necessario nello jamming, per ingannare il maggior numero di missili occidentali a guida Gps. In questo caso, si perdono miliardi di dollari e occorre ricominciare daccapo nel gioco del cat-and-mouse. E, comunque, qualcosa di significativo si dovrà pure fare, per mettere Putin definitivamente sull’avviso.
Del resto, che differenza fa se i mezzi corazzati ucraini entrati a Kursk abbattono un aereo da guerra russo a un chilometro dal loro confine o a 100 chilometri da quest’ultimo? Tutti i rischi di una escalation dovrebbero essere attentamente monitorati con algoritmi di wargame, includendo nella valutazione anche alleati occidentali fuori dalla Nato, come Corea del Sud, Giappone e Australia. Parlamenti e popoli debbono essere messi prontamente al corrente sui rischi di conflitto con Mosca e sull’eventuale tipologia di ricorso alla risposta armata. Semmai, il vero torto imperdonabile dell’Occidente è di aver girato la testa dall’altra parte, e di non aver reagito con la necessaria durezza e tempestività quando, 10 anni fa, la Russia ha invaso e annesso la Crimea, scatenando la guerra civile in Donbass.
Se nel 2016, all’atto della caduta del governo ucraino filo-Putin, si fosse consentito a Kiev di entrare nella Nato, l’invasione del 2022 e l’attuale guerra di attrito che ne è scaturita non sarebbero mai avvenute perché, a quel punto, la no fly zone sull’Ucraina sarebbe divenuta un fatto ineludibile e una contromisura inevitabile. Finora, grazie all’unità dimostrata dagli alleati occidentali, le minacce roboanti di Putin e dei suoi fidi scudieri si sono rivelate un autentico bluff. E anche oggi, minacciando l’armageddon se venissero impiegati missili occidentali a lunga gittata, le sue parole risuonano minacciose quanto vaghe, dato che il neo-zar sa benissimo di non poter rischiare una guerra aperta con la Nato, che non potrebbe vincere e causerebbe, di conseguenza, la fine del suo regime, analogamente al 25 luglio 1943 di Benito Mussolini.
Invece, molto più razionalmente, un attacco incisivo e in profondità alle capacità militari russe porterebbe a una de-escalation nella tormenta di missili che da più di due anni sta devastando gli insediamenti urbani e le infrastrutture civili ucraine. E questo perché i generali russi e il loro comandante in capo sanno benissimo che, se vogliono condurre la guerra a termine tenendosi i territori già conquistati, debbono risparmiare droni, missili e munizioni, in vista degli inevitabili, futuri colloqui di pace.
Del resto, in proposito occorre essere molto realistici, al contrario di quanto avvenuto in passato, e convincere noi stessi e Zelensky come non sia fattibile riconquistare né la Crimea, né la parte del Donbass stabilmente occupata oggi dai russi. Né, tanto meno, per lo stesso motivo, dovremmo insistere nel puntare tutte le carte su di una vittoria ucraina, con un popolo stremato da molti mesi di guerra, senza più riserve da inviare al fronte, al contrario di Putin, che ha ancora come asso nella manica la coscrizione obbligatoria di milioni di reclute da mandare allo sbaraglio nella guerra in Ucraina.
E poiché tantomeno, in questo scenario inedito di ritorno dei conflitti armati in Europa, possiamo consentire una vittoria netta di Putin (che non ci metterebbe un attimo, in questo caso, per riprendersi subito dopo la Polonia e la Romania), ci sarà a lungo da riflettere sul da farsi, per costringere Mosca alla trattativa. E poiché Monaco insegna, a proposito degli inutili tentativi di appeasement con i dittatori, che se noi non consentissimo oggi all’Ucraina di battersi per la sua e la nostra libertà, allora stiamo pur certi che un domani saremmo costretti a scendere in campo direttamente per fermare le armate post-zariste. La Guerra fredda insegna: dovremo essere pronti a combattere contro la Russia per prevenire la guerra con la Russia.
di Maurizio Guaitoli