martedì 17 settembre 2024
La scorsa settimana a Tirana, in Albania, si sono riunite più di 130 donne afghane provenienti da diversi Paesi dove vivono in esilio per chiedere alla comunità internazionale di “non riconoscere il regime talebano al potere come governo legittimo dell’Afghanistan”.
Da quando i talebani sono saliti al potere, nell’agosto 2021, 14 milioni di donne e ragazze afghane si sono viste privare dei loro diritti e della loro libertà. Per questo Fawzia Koofi, ex parlamentare afghana che ora vive in esilio nel Regno Unito, insieme a Women for Afghanistan hanno lavorato per più di due anni per riuscire ad organizzare questo incontro, scontrandosi con vari governi che non hanno voluto ospitare il vertice.
Koofi ha dichiarato: “Per noi era davvero importante cercare di trovare un paese a maggioranza musulmana vicino all’Afghanistan per ospitare questo vertice ed è stato molto deludente che così tanti si siano rifiutati di farlo”. Per inciso, sia la Turchia e gli Emirati Arabi Uniti si sono rifiutati di ospitare il vertice o semplicemente non hanno risposto alla richiesta.
D’altra parte, soprattutto negli ultimi mesi, si è assistito a un lento ma inesorabile processo di normalizzazione che ha iniziato a definire le relazioni diplomatiche dei paesi con i talebani, con le voci delle donne sempre più assenti dalla conversazione.
Il vertice è stato un tentativo per far sentire la voce delle donne afghane nelle conversazioni internazionali sul futuro della loro patria e sulla lotta per i diritti delle donne.
“Se la voce delle donne non viene ascoltata, i loro diritti non saranno rispettati”, afferma Koofi. “L’unione fa la forza e siamo qui per trovare unità e parlare con una sola voce”.
Un atto di sfida, ma anche un modo per provare ad esorcizzare le perdite ed i traumi subiti.
“Quando ho visto queste donne sedute insieme, ridendo, piangendo e cantando, ho detto a mia figlia, ecco perché l’abbiamo fatto”, dice Koofi. “Ci sono state così tante perdite e traumi che abbiamo vissuto tutti da soli, e ora ci stiamo unendo per combattere per ciò che tutti abbiamo perso”.
“Nel nostro paese ora viviamo come prigioniere”, dice una donna venuta dall’Afghanistan, un viaggio che le ha richiesto quasi due giorni. “Le nostre figlie sono quelle che soffrono di più: questo è il motivo per cui abbiamo corso il rischio di venire”.
Un’altra donna racconta: “All’interno della casa, la tua mente comincia a diventare tua nemica. Sono dovuta venire qui anche se non so se mi arresteranno al mio ritorno perché altrimenti che speranza c’è che le cose cambino? Dobbiamo dire al mondo cosa ci stanno facendo”.
“Stiamo dimostrando che le donne afghane non smetteranno mai di combattere”, ha chiosato Koofi.
di C.D.