Il Muro due: la nuova Ddr rossobruna

mercoledì 11 settembre 2024


Che cosa sta accadendo in Germania? Nulla e tutto. Addirittura, si rivedono i fantasmi dei due peggiori regimi della storia, nazismo e stalinismo, entrambi nascosti nei castelli diroccati dell’ex Ddr. Quello più inquietante è, senza dubbio, il Castello nero di Mordor alla Tolkien, abitato dagli spettri neonazisti dell’Alternative für Deutschland (Afd), che hanno le loro roccaforti elettorali in Turingia e in Sassonia. Il successo dell’estrema destra, che rappresenta un terzo degli elettori in quel che fu lo spazio politico della Germania est comunista, per ora viene etichettato dagli esorcisti politici di centro e di sinistra come un voto di protesta (quindi, teoricamente “provvisorio”, qualora i politici di Berlino riparino alle loro condotte sbilanciate), contro la disparità di reddito, l’alto livello di disoccupazione e la differenza della qualità della vita tra ovest ed est.

Per certi versi, è vero che i differenti parametri economici e demografici tra le due germanie possono spiegare molto, ma non tutto, del voto del primo settembre, dato che l’est ha un tasso di invecchiamento maggiore e una forte migrazione interna verso ovest delle fasce più giovani, soprattutto donne, in cerca di miglior fortuna al di là delle macerie del vecchio Muro. Più realisticamente, dato che la forbice di disoccupati tra est e ovest è abbastanza contenuta, quello che rileva è in realtà il crescente divario tra il nord e il sud della Germania. Tanto è vero che, negli ultimi due anni, le economie dei Lander dell’est sono cresciute più rapidamente di quelle dell’ovest, grazie ai nuovi insediamenti e investimenti produttivi di global player come Tesla e Intel. Per di più, il livello di immigrazione nei Lander andati al voto all’inizio di settembre risulta il più basso di tutti gli altri mini-Stati della Germania federale.

In base agli ultimi sondaggi commissionati dal Governo Scholz lo scorso gennaio, soltanto il 19 per cento dei tedeschi dell’est (contro l’8 per cento di quelli dell’ovest) si è sentito abbandonato dallo Stato. Il che, volendo dare al dato una lettura ottimistica, vuol pur sempre dire che l’80 per cento dei tedeschi dei cinque Lander dell’ex Ddr non si collocano tra i perdenti della globalizzazione. Ma allora, come si spiega il travolgente successo dell’Afd in Turingia? Probabilmente, gli “Ossi” si sentono in qualche modo espropriati della loro identità da parte dei “Wessi”, e questo disagio è stato brillantemente preso in carico dall’Afd che, in qualche modo, tende a sfruttare il ricordo di 40 anni di “democrazia” alla maniera comunista, inviluppando il disagio esistente nell’elettorato dell’est in una sorta di nuovo bozzolo politico nazional socialista. In cui quest’ultimo però ha pochissimo a che vedere con Hitler, ma moltissimo da spartire con il nazional-populismo del socialismo reale, fatto per persone reali, praticato dal regime comunista tedesco all’epoca della Guerra Fredda. Il tutto, contrapposto oggi ideologicamente alla democrazia occidentale che, per le estreme rosso-brune, è solo un meccanismo (diabolico) per organizzare gerarchicamente le classi sociali in modo da massimizzare gli interessi del capitalismo. Niente di nuovo, quindi, per chi vide qui in Italia fiorire la protesta studentesca del Sessantotto.

Per molti osservatori internazionali indipendenti, è proprio attorno a questo nucleo storico-ideologico di pseudo-democrazia, praticata nell’ex Ddr, che si può trovare una spiegazione al forte livello di mobilitazione con cui l’Afd è stata in grado di portare al voto molti degli astenuti alle precedenti elezioni. Scendendo nel pratico, l’Afd non solo ha tenuto comizi affollati nelle piazze della Turingia e della Sassonia, ma ha altresì organizzato una sorta di passeggiate collettive (spaziergänge) nei centri cittadini, concepite per rievocare le proteste pacifiche del Lunedì, che accompagnarono l’improvvisa caduta del regime comunista dell’est. E il regno degli Ossi è l’unica parte della Germania dove si invoca come contrappeso da una parte l’elezione diretta del presidente della Repubblica (che, invece, oggi viene scelto all’interno di una convention federale), mentre dall’altra ci si richiama alla democrazia diretta “alla svizzera” per la regolare tenuta di referendum sulle materie più controverse e fondamentali per la vita della società. Certo, volendo, si può dedurre da simili rivendicazioni un substrato di razzismo politico e non solo, dividendo gli Ossi tra tedeschi puri e quelli che lo sono meno, individuando i primi tra tutti coloro che resistono all’ideologia woke del multiculturalismo e alla rivoluzione dei diritti introdotta in Germania dopo quella culturale del 1968.

Eppure, a volte la vittoria ha le sue belle controindicazioni. Nel caso dell’Afd, i suoi dirigenti sono nell’impasse, che contraddistingue sempre i neo-vincitori senza alcuna esperienza di governo, e che debbono tutto il loro successo proprio al fatto di essere “fuori dal sistema”, per cui viene loro naturale continuare a svolgere il ruolo dell’anti-leadership. Ma che accade se il successo elettorale ti obbliga ad abbandonare la facile demagogia, passando alle cose concrete dell’amministrazione della res publica, e dismettere così il ruolo di guastafeste? Sarà in grado l’indiscusso leader dell’Afd, Björn Höcke, insegnante di storia, di passare dalla camicia bruna al doppio petto blu, per realizzare la sua “rivoluzione culturale”?

Del resto, come aprirsi la strada per il governo nei Lander di Turingia e Sassonia, se l’Afd non ha nessun potere di coalizione, essendo considerato una sorta di appestato politico? Eppure il mandato degli elettori parla chiaro: l’Afd deve poter governare. Non è possibile cambiare il popolo perché questo “vota male”, come vorrebbe l’intellighenzia e il mainstream. Che cosa c’è, infatti, di più antidemocratico di un cordone sanitario per emarginare chi ha vinto le elezioni? Piuttosto, occorrerà prima di tutto raccordare le due anime dell’Afd, scisse tra l’ala patriottica della Germania est e quella liberale (in economia) della Germania ovest e di Berlino. Tanti problemi e, per ora, nessuna soluzione in vista per l’estrema destra tedesca.


di Maurizio Guaitoli