Perdere Israele: se vince Hamas

giovedì 5 settembre 2024


Com’è potuto accadere il 7 ottobre? Ma, prima di allora, sono trascorsi molti anni e tempo per vedere passare decine di miliardi di dollari dalle casse dei donatori arabi al movimento fondamentalista di Hamas. Quest’ultimo, sarà bene ricordarlo, è arrivato “hitlerianamente” a governare la Striscia di Gaza, prima vincendo democraticamente le elezioni del 2006 e, poi, istituendo di fatto nell’area una dittatura islamica con il terrore e l’eliminazione fisica degli oppositori al regime. Ora, possibile che la rete dei satelliti spia israeliani e occidentali non si sia mai accorta delle talpe che in poco più di un decennio hanno scavato centinaia di chilometri di tunnel sotterranei? Come hanno fatto a sfuggire tutte quelle attività che, mentre si rimuoveva terra dal sottosuolo, forzatamente la si doveva riversare da qualche altra parte in superficie? Possibile che un’intelligence di prim’ordine come quella di Tel Aviv si sia fatta passare letteralmente “sotto i piedi” migliaia di tonnellate di materiale di ogni tipo per costruire gallerie sotterranee, arearle e illuminarle, con tanto di alloggiamento dei quartier generali e depositi di munizioni per molte migliaia di missili? No, non è credibile. Pertanto, qualcuno deve spiegare. A meno che, vi fosse l’illusione politica da parte di Gerusalemme che tutto ciò si sarebbe risolto in un qualche “affaccendamento inoperoso” (tipo: scavare buche, e poi riempirle con lo stesso terreno rimosso), di molte migliaia di terroristi che giocavano alla guerra, facendo il gioco di Israele nella mancata realizzazione di uno Stato palestinese. Del resto, se l’esistenza in vita di Hamas era ed è tutta contenuta nella cancellazione dal fiume al mare di Israele dalle carte geografiche del Medio Oriente, allora aveva ben ragione chi pensava come Nasser che ci sarebbero voluti millenni.

Ma, d’altra parte, dato che per l’assoluta superiorità aerea dell’Idf, l’esercito israeliano non può essere sfidato in campo aperto da una milizia armata come Hamas, che cosa si intende per vincere una guerra asimmetrica? E come si fa a vincerla contro un nemico ideologicamente imbattibile, che ha in ostaggio milioni di palestinesi innocenti e, come si è visto, ha vinto la sua battaglia di propaganda grazie alla scontata overreaction di Israele che ha raso al suolo Gaza, facendo decine di migliaia di vittime civili palestinesi? Del resto, in alternativa, poteva mai essere concepita una strategia come quella che seguì alla Strage di Monaco delle Olimpiadi del 1972, quando le poche decine di commandos e mandanti dell’Olp responsabili dell’eccidio vennero tutti singolarmente eliminati anche a molti anni di distanza? Come si sarebbe potuto avere una riedizione di quella strategia, quando gli obiettivi da colpire erano decine di migliaia, tanti quanti i miliziani di Hamas e delle formazioni terroristiche a loro associate? Allora, non c’era alternativa: eliminare Hamas e le sue milizie significava entrare e occupare militarmente Gaza, facendo saltare i tunnel, i depositi di armi ed eliminando a terra con azioni militari coordinate tutte le brigate di Yahya Sinwar-Ismail Haniyeh. Il problema sono stati gli ostaggi israeliani nascosti nei tunnel e nelle case civili di abitazione, cosa che ha creato feroci divisioni in Israele, minando politicamente la legittimazione di un Governo israeliano di destra, deciso a farla finita con Hamas a qualunque costo.

E qui, per la verità sarebbe stato assai interessante capire se, sostituito in corsa Benjamin Netanyahu con un Governo di centrosinistra, l’opinione pubblica israeliana avrebbe accettato il ritorno degli ostaggi come contropartita al ritiro dell’Idf dalla Striscia dopo un accordo di tregua. Il che avrebbe di conseguenza garantito la sopravvivenza politica di Hamas, lasciando così che il ciclo terrore-guerra-tregua-terrore si ripeta all’infinito, come avviene dal 1948. In questo caso, però, si sarebbe trattato di una sconfitta aperta da parte di Israele. Possono lo Stato ebraico e l’Occidente suo alleato lasciare che l’unica democrazia del Medio Oriente soccomba alla guerra per proxy dichiaratale dal 1978 dal regime degli Ayatollah iraniani? C’è da dire che un altro errore madornale è stato consentire a Qatar e Turchia di dare pieno sostegno politico-finanziario ai Fratelli Musulmani dell’Hamas sunnita, che ha mostrato da parte sua un pragmatismo sorprendente, cementando la sua alleanza di ferro con l’Iran sciita, secondo il motto “il nemico del mio nemico è mio amico”. Ora, è proprio il ruolo ambiguo del Qatar la vera chiave di lettura, dato che finanzia massivamente le grandi università americane pro-Palestina; ospita in residenze di lusso i fuoriusciti della dirigenza di Hamas e fa il doppio gioco con l’Occidente, lasciando che sia la sua emittente Al Jazeera a diffondere nel resto del mondo la propaganda dei fondamentalisti palestinesi, mentre il suo emiro media con Hamas e Israele per il rilascio degli ostaggi in cambio della tregua.

In tutto questo, la componente ideologico-religiosa svolge un ruolo preponderante in questa guerra arabo-israeliana senza fine, dato che, in primo luogo, come si è più volte evidenziato, il possesso della terra di Palestina ha una legittimazione divina: da una parte, infatti, la regione fa parte del “sacro suolo dell’Islam”, dall’altra costituisce la “Terra promessa” del Popolo di Dio. Ma, in tutto questo, gioca altresì un ruolo non secondario l’aspetto politico di fondo: da una parte, resiste da millenni l’oscurantismo dell’Islam, che vede coincidere nel Corano precetto religioso, codice civile e penale, opposto alla modernità e al successo economico del sionismo e della democrazia israeliana. Pertanto, distrutta quest’ultima, nulla e nessuno fermerà più la guerra aperta all’Occidente e ai suoi valori laici, così come vuole l’ideologia fondamentalista dei Fratelli Musulmani, finora benedetti dalla manna petrolifera, arma di ricatto nei confronti della tecnologia e del progresso occidentali. Questa né più e né meno è la posta in gioco a Gaza, a prescindere dal Governo Netanyahu.


di Maurizio Guaitoli