Il silenzio di un malato terminale

lunedì 2 settembre 2024


Chiariamolo subito il malato, senza speranza, sono l’Unione europea e l’europeismo, suo assetto ideologico. Chiariamo, anche, che la nostra non è un’estemporanea presa di posizione, scaturita da chissà quali complessi ragionamenti politici, no, muoviamo da una nuda e sconcertante osservazione. Viviamo frastornati da una esorbitante, a volte irragionevole, continuità di notizie, informazioni vere, presunte o false capaci di ridurre il pianeta ad uno stato di pessima consapevolezza o addirittura di non informazione. Ma succede anche che il 27 agosto, non molti, notiziari radiotelevisivi hanno riportato che il direttore argentino dell’Agenzia internazionale dell’energia atomica (Aiea) Rafael Mariano Grossi, ha comunicato che vi è allarme in Russia ed in Ucraina per la “sicurezza di due centrali nucleari”.

La prima, Zaporizhzhya, nel sud-est ucraino, fu occupata dai russi nel marzo del 2022 – quindi appena iniziata la guerra – e, da allora, più volte si è temuto l’irreparabile per ordigni caduti anche al suo interno causando momentanei blackout. Di chi la responsabilità? Senza essere strateghi, va da sé che gli occupanti di un sito non si auto bombardano; lo scrivemmo lo scorso anno quando la giornalista del Tg1 Stefania Battistini, appostata al di là del corso d’acqua che lambisce la centrale nucleare, in un’edizione delle 13, ci informava di non essere in grado di stabilire la paternità delle bombe indirizzate verso e nei pressi della centrale.

Esilarante, al punto che scrivemmo di non sapere che i russi giocavano a Stanlio e Ollio, il primo conquista un sito atomico, il secondo gli spara contro. La post-modernità ha prodotto anche i giornalisti fans o, se lo preferiamo, partigiani che a seguito della parte scelta e comandata, non produce informazione ma resoconti di parte. D’altronde se i giornalisti Rai, Mediaset, La 7 e quant’altro non seguissero la comanda non farebbero i corrispondenti, non avrebbero onori e riconoscimenti, ad esempio, dell’Ordine della Principessa Olga concesso dalla Presidenza della Repubblica d’Ucraina. L’altro caso è quello della centrale nucleare russa di Kursk, stesso copione dove non si esclude il solito film di Stanlio e Ollio. In conclusione, abbiamo voluto evidenziare che l’allarme lanciato dall’Aiea, del tutto inascoltato e sostanzialmente censurato, in effetti, non è stato avvertito dai popoli europei. Russi occupanti, certamente sì, ma le responsabilità ucraine? Non pervenute.

Non è questo, però, il nocciolo del nostro ragionamento che come sfondo ha il   critico e deprimente stato dell’informazione nel suo complesso. Sfonderemmo delle porte aperte se ci limitassimo a soffermarci su un’informazione che non informa, ridotta ad uffici stampa e casse di risonanza di un globalismo i cui potentati moltiplicano ingerenza e pervasività, purtroppo non avvertite da una disattenta umanità. Istruttivo, ma di nessun interesse per la pubblica opinione, il documento inviato alla Commissione giustizia della Camera dei rappresentanti degli Stati Uniti da Mark Zuckerberg, proprietario di Meta – Big Tech che contiene i social Facebook, Instagram, WhatsApp e Messenger – in cui ha denunciato le pressioni subite nel 2021 dall’Amministrazione Biden affinché Facebook censurasse contenuti riferiti al Covid. Dopo tre anni si è detto pentito per aver accondisceso alle pressioni ma è un aspetto, questo, che esula dalle nostre conoscenze.

Il nocciolo, dicevamo, è la scomparsa di qualsiasi organica presa di posizione, di qualche equilibrato e autorevole ragionamento, da parte dell’Ue: il silenzio dei suoi vertici e degli europeisti di professione in merito all’allarme nucleare, e quindi alla stessa esistenza di qualche milione di donne e uomini europei. Certo, se la politica estera dal 2019 è competenza del Commissario Josep Borrell – la cui posizione, pomposamente, viene declinata come alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza – si comprende perché sulle grandi questioni internazionali il più delle volte l’Unione non appare, o è presente con incomprensibili banalità. Basterebbe riprendere le sue dichiarazioni in occasione della fuga della Nato e dell’Occidente da Kabul, o le più recenti sul Medio Oriente e le pericolose affermazioni sul conflitto in Ucraina, paragonabili a quelle del segretario Nato Jens Stoltenberg. fortunatamente, ambedue sono senza poteri, altrimenti saremmo già nella Terza Guerra mondiale.

L’indimenticabile Borrell, causa della sua insipienza, da anni l’accompagno con l’aggettivo tenero, in quanto non ne coglie una. Neppure quella di aver accolto la raccomandazione di Mario Draghi per l’assegnazione di una posizione al servente Luigi Di Maio. Ottimo il suo prodigarsi per la risorsa italiana, che così diventa Rappresentante speciale dell’Unione europea per il Golfo Persico, status con passaporto diplomatico, immunità, retribuzione di 13mila euro, rimborso spese e staff. Notizie sull’attività svolta: non pervenute, se non alcune quisquiglie con Giuseppe Conte. Proprio tanto tenero Borrell.

In compenso, con la nuova legislatura, la presidente Ursula von der Leyen (Ppe) ha annunciato che ci sarà anche il commissario alla Difesa. anche lui alto rappresentante? Incarico fondamentale per il coordinamento delle inesistenti forze armate europee e della strategia militare già coordinata dal comando Nato. Come è noto, il tasso di burocrazia è inversamente proporzionale all’efficacia e all’efficienza di qualsiasi struttura. E l’Ue non è da meno, con circa 40mila dipendenti, con una missione in stato comatoso, di fatto ha solo da occuparsi dell’annosa redistribuzione dei contributi finanziari. Problemi di nepotismo? Anche. Si dice di una parentopoli strisciante. Di fatto, in un sistema complesso dal futuro incerto adoperarsi per chi ci è vicino appare solo come inconvenienza e non altro. È quello che avrà pensato anche la presidente del Parlamento europeo, la maltese Roberta Metsola (Ppe) che in questi giorni ha nominato il marito di sua sorella, che lavorava già da anni nella sua segreteria, suo capo di gabinetto. 20mila euro mensili più benefit.

Non è nostro costume dilungarci sui singoli, in questa occasione è stato naturale osservare alcune miserie, nel momento in cui dovremmo essere presi e preoccupati dalle indicazioni dell’Agenzia internazionale dell’energia atomica. Evidentemente, non è un problema per l’europeismo che innanzitutto crede e si adopera per lo smembramento della Russia, poi per le nostre case e le nostre automobili, per la ripartizione delle nostre risorse finanziarie e poi di tanto ancora. Si occupa, cioè di tutte le transizioni indicate dal globalismo finanziario e dall’ideologismo di Davos, ma non di un possibile trapasso di fette di un incolpevole umanità. Con Tito Lucrezio Caro, diciamo di essere proprio innanzi ad animi ciechi.

Ad un’Unione europea che riesce a far credere di essere al centro del pianeta a sempre meno dei 400 milioni di europei, quando essa stessa non è in grado di comprendere che dopo Robert Schuman, Alcide De Gasperi, Konrad Adenauer, Jean Monnet, Paul-Henri Spaak, Antonio Segni, Gaetano Martino, Christian Pineau, Charles de Gaulle, Willy Brandt, Margaret Thatcher, Helmut Kohl e Angela Merkel, con Emmanuel Macron, Giorgia Meloni, Ursula Von der Leyen, Roberta Metsola e Olaf Scholz, l’europeismo non è sul viale del tramonto ma in dirittura d’arrivo tra i malati terminali.

 (*) Direttore Società Libera


di Vincenzo Olita (*)