mercoledì 28 agosto 2024
Le battaglie nella regione di Kursk hanno scatenato i peggiori scontri interni, dai tempi dell’ammutinamento del Gruppo Wagner, tra il comando militare russo e i filo-putinisti radicali. Sono molti gli articoli di cronaca dedicati alle implicazioni dell’incursione lampo dell’Ucraina nella regione russa di Kursk, eppure finora pochi si sono concentrati su quello che forse è il punto più importante: I filo-putinisti radicali, principalmente i cosiddetti corrispondenti di guerra, o milblogger, mal celano il proprio malcontento e per le stesse ragioni che hanno alimentato precedenti scoppi di dissenso. Si sono indignati quando i rapporti ufficiali del Ministero della Difesa hanno nascosto la verità su ciò che stava accadendo nei primi giorni dei combattimenti di Kursk. Mentre i canali ufficiali menzionavano solo episodicamente i “sabotatori ucraini” che venivano sbaragliati dalle forze russe (“provocazioni che erano state fermate”, come dicevano i comunicati), i corrispondenti di guerra hanno discusso apertamente della presa della città di Sudzha da parte delle forze ucraine.
Hanno anche chiesto perché la Russia fosse così impreparata all’incursione, dato che l’esercito ne era stato apparentemente avvisato e tuttavia non era intervenuto. Alcuni canali Telegram pro-Cremlino hanno individuato nel capo dello Stato maggiore, il generale Valeriy Gerasimov, un possibile responsabile. A loro dire, Gerasimov anziché organizzare le difese aveva accusato i propri subordinati di diffondere disinformazione nemica. I blogger russi pro-guerra hanno ammesso i problemi riscontrati nell’organizzazione delle comunicazioni e nel comando e controllo delle truppe, così come il fatto che le reclute “insieme alle truppe della Guardia di frontiera (Fsb) hanno combattuto senza convinzione contro forze nemiche superiori”. Molti corrispondenti di guerra hanno parlato apertamente della responsabilità personale di Gerasimov per il fallimento delle difese di confine e hanno previsto il suo imminente licenziamento. Alcuni osservatori hanno rilevato che gli attacchi senza esclusione di colpi dei corrispondenti di guerra russi non hanno riguardato solo Gerasimov ma anche il nuovo ministro della Difesa, Andrei Belousov. Persino il canale televisivo ultraconservatore Tsargrad ha ammesso che c’era “vera agitazione” nella regione di Kursk e “al popolo russo è stata data la falsa speranza che il problema possa essere risolto in pochi giorni”. Ignorando i rapporti ufficiali del Ministero della Difesa, Tsargrad e altri siti web hanno continuato a pubblicare resoconti dal fronte che, di fatto, “certificano” la totale inadeguatezza dell’esercito russo.
Yevgeniy Prigozhin è ormai morto e sepolto, ucciso in un “incidente” aereo che la maggior parte attribuisce al despota russo, Vladimir Putin. Ma sicuramente riderebbe nel sentire, oggi, riecheggiare le sue parole sulla corruzione e l’incompetenza del regime di Mosca di appena un anno fa. I milblogger hanno ricordato che al capo del gruppo mercenario Wagner era stato proibito di addestrare le sue truppe nelle regioni di Belgorod e Kursk, e hanno osservato che “Prigozhin aveva ragione” in tutte le sue accuse. In sintesi, il fantasma di Prigozhin domina lo spazio Z informativo. Gli autori del sito web Military Review, vicino al Cremlino, hanno continuato a negare i fatti anche dopo che le autorità hanno ammesso ufficialmente che, al 12 agosto, circa 28 villaggi russi erano sotto il controllo ucraino (il numero è ora di circa 100, ndr). Uno dei suoi autori, Aleksandr Staver, ha dichiarato che era “offensivo leggere… resoconti non confermati su alcune nuove potenti formazioni ucraine che avanzano senza incontrare alcuna resistenza da parte delle nostre unità”. Ha concluso definendo i corrispondenti di guerra “agenti nemici” e mettendo in dubbio la loro sanità mentale.
Altri autori di Military Review continuano a prevedere un “rapido crollo delle Forze armate ucraine” e minacciano Kyiv di severe “ritorsioni”, ma i loro cliché propagandistici sono stantii se confrontati con i resoconti dettagliati dei corrispondenti di guerra, che rappresentano un nuovo eco della rivolta dell’estate 2023. Sembra che tra coloro che sostengono la guerra in Russia, si stia preparando un serio scontro tra fanatici attivi e funzionari ordinari corrotti. È del tutto possibile che in questa situazione, Vladimir Putin decida di immolare Gerasimov proprio come in precedenza aveva sacrificato Sergey Shoigu, spostandolo da Ministro della Difesa ad un altro incarico. Ma è ormai ovvio che, nonostante l’esempio di Prigozhin, i corrispondenti di guerra e i patrioti radicali russi rappresentano un serio problema per Putin, anche perché non possono essere tacitati con la minaccia di possibili azioni penali per aver “screditato l’esercito” e altre tattiche repressive usate abitualmente dal Cremlino.
Almeno per ora non vi è alcuna indicazione che i cittadini russi siano pronti per una rivolta; tuttavia, ci sono alcuni primi timidi segnali di malcontento. Del resto, i loro figli di 18 e 19 anni, mal addestrati ed equipaggiati, si trovano a combattere contro veterani ucraini ben equipaggiati. Si dice anche che le reclute siano sempre più spesso costrette a firmare contratti con il Ministero della Difesa, cambiando così il loro status militare in “combattente schierabile” sotto la minaccia, se si dovessero rifiutare, di poterli impiegare proprio nella regione di Kursk. Tuttavia, il regime di Putin ha sempre a disposizione i soliti strumenti coercitivi per sedare le proteste nel caso in cui le cose dovessero complicarsi ulteriormente. Molti ricorderanno cosa è accaduto al movimento delle mogli dei coscritti, che alla fine vennero considerate “agenti stranieri”, il marchio utilizzato dal Cremlino per bollare tutti coloro che cercano di contrastare la scellerata avventura bellicistica di Mosca. Per rassicurare i suoi connazionali, Putin si è recentemente recato in Cecenia ed ha effettuato una visita di stato in Azerbaigian. Con queste iniziative ha cercato di ostentare sicurezza, ritenendo che la sua assenza da Mosca potesse dimostrare che le battaglie nella regione di Kursk non lo allarmano come invece era accaduto lo scorso anno durante il tentativo di rivolta di Prigozhin. Tuttavia, le crepe nell’edificio, esposte dagli eventi del 2023, sono di nuovo visibili nel 2024. La facciata maschera semplicemente le molteplici debolezze della Russia di Putin.
(*) Docente universitario di Diritto internazionale e normative per la sicurezza
di Renato Caputo (*)