Chi comanda in Libia?

lunedì 22 luglio 2024


Chi è il più utile interlocutore per la comunità internazionale in Libia? Intanto bisogna ricordare l’infausta deposizione di Muhammar Gheddafi nel 2011, ordita da mano europea, soprattutto francese, che ha trasformato una nazione relativisticamente bilanciata e decisamente controllata, in una regione divisa, caotica e preda di svariati avvoltoi.

Il Governo di Unità Nazionale, Gun, “partorito dall’Occidente”, agente solo parzialmente sulla regione Tripolitania, costruito su un leader, Abdel Hamid Dbeibah, non ben riconosciuto dal suo popolo e obbediente ad altre voci, quale quella turca, cerca di attirare attenzioni internazionali facendo credere di essere determinante per la questione migratoria.

Così Dbeibah dopo avere organizzato il 17 luglio un vertice con 28 delegazioni provenienti da entrambe le sponde del Mediterraneo, al quale erano presenti, tra gli altri, il capo del governo italiano Giorgia Meloni, con un ruolo centrale, Margaritis Schoinas, vicepresidente della Commissione Europea, Mahamat Idriss Déby, presidente del Ciad, i capi di governo del Niger, della Tunisia, di Malta, ha voluto sottolineare il ruolo strategico della Tripolitania, non della Libia, circa il controllo della migrazione. In effetti è noto che il Gun ha poco potere nell’ambito della gestione dei flussi migratori provenienti dall’area sahariana e sub sahariana, limitazione data dalla parzialità del controllo sulla Tripolitania, e dall’assenza totale di influenza sul resto della Libia.

Tuttavia, la Libia è fortemente gravata dall’immigrazione clandestina sia in entrata che in uscita verso l’Europa; dati ufficiali riportano circa settecentocinquantamila migranti entrati illegalmente nel Paese dall’inizio dell’anno, oltre a quasi un milione di sudanesi fuggiti dalla guerra civile esplosa tra le Saf, Forze Armate Sudanesi (esercito regolare), e le Rsf, Forze di Supporto Rapido; conflitto che si sta protraendo, in un quadro di drammaticità sociale enorme, da metà aprile 2023.

Comunque, Dbeibah ha voluto questo forum al fine di porre la Tripolitania alle attenzioni internazionali, basandosi su una problematica sopranazionale; sottolineando la necessità di una cooperazione regionale ed internazionale al fine di affrontare la questione in modo efficace. Ma questa sua volontà si scontra con la effettiva mancanza di potere del suo governo sul territorio libico. Infatti il canale saudita Al-Arabiya ha trasmesso una comunicazione del ministro degli Interni della Tripolitania, Emad Al-Trabelsi, il quale ha affermato che la città di Zawiya, a nord di Tripoli, con una fascia costiera di una sessantina di chilometri, una delle principali aree di partenza delle imbarcazioni dirette alle coste europee, non è controllata da Tripoli, ma dalle milizie Amazigh, i berberi della Libia, e dai loro alleati arabi della zona di Zuara, città capoluogo del distretto di al-Nuqat al-Khams, in Tripolitania, che agiscono autonomamente nella gestione di ogni tipo di traffici, umani compresi.

Avere riunito i paesi di partenza, di transito come la Libia e di destinazione, ha avuto lo scopo di tentare di attuare, con una visione strategica condivisa, la crisi migratoria tramite un coordinamento sostenuto da importanti fondi e mezzi. Ma Dbeibah ha anche denunciato, con ripetitiva retorica, i flagelli subiti dal continente africano a causa delle depredazioni del colonialismo che hanno portano alle migrazioni. Una retorica che trova ampio eco in Africa, ma con una visione più puntuale e strategica, vedi Piano Mattei, anche dalla Meloni, che, sul palco, accanto al presidente del Gun, ha dichiarato che: “Facendo investimenti in Africa si risolvano i problemi di entrambe le parti”.

Il Forum è stato sicuramente un’iniziativa utile per programmare, per l’ennesima volta, strategie migratorie, ma ha anche una fisionomia politica legata a sempre presenti accordi economici, e molti dubbi sorgono sulla sua reale efficacia ad affrontare un problema impossibile da risolvere utilizzando gli strumenti convenzionali attualmente in uso; e in un contesto di debole controllo territoriale.

Inoltre, al vertice era assente il vero leader libico, il maresciallo Khalifa Haftar, che più volte ha interloquito con il capo del Governo italiano; l’uomo che con una leadership naturale gestisce la Cirenaica, ma che ha anche una importante influenza sulla terza regione libica, il Fezzan.

Haftar ha tratteggiato, con la sua pesante assenza al Vertice di Tripoli, dubbi sul reale peso dell’incontro, ma ha marchiato la sua presenza su un altro scacchiere, quello del Sahel, dove il Maresciallo sta posizionando le sue pedine. Così anche il capo di Bengasi, alla ricerca di una sempre maggiore legittimità sulla scena internazionale, sta rafforzando le sue relazioni diplomatiche con i regimi golpisti, di Burkina Faso (golpe 2022), Niger (golpe 2023) e Ciad (tentato golpe nel 2024), paesi con pesante migrazione in uscita.

La rete di Haftar sul Sahel ha raccolto i suoi frutti anche il 9 luglio, quando con un volo tenuto segreto fino a pochi giorni fa, il Maresciallo si è recato nella capitale del Burkina Faso, Ouagadougou. Con lui era Saddam Haftar, da poco nominato dal padre capo di stato maggiore dell'Esercito nazionale libico, Lna. Un viaggio come scritto tenuto nascosto, ed il primo per Saddam in questo Paese. Ma è noto che nulla sfugge ai social, quindi è stata pubblicata una foto che vede Saddam Haftar in tuta mimetica accanto al capitano Ibrahim Traoré, capo della giunta burkinabé.

Ma Saddam Haftar i primi giugno, si era recato anche in Ciad, a N’Djamena, per incontrare il generale Mahamat Idriss Déby, eletto presidente a maggio. In questa occasione Saddam era abbigliato con un abito scuro, che ha fatto “leggere” la sua volontà di vestire anche un ruolo politico.

Quali sono gli obiettivi di Saddam Haftar nel Sahel? Possiamo intuire chiaramente che queste visite dove ha rappresentato sia la forza militare, che politica, dimostrano la sua volontà di dare credibilità sulla scena internazionale, anche alla luce di una probabile successione al padre; ma va ricordato che il ruolo del Maresciallo è ambito anche dagli altri fratelli, questione non semplice da gestire. Intanto Saddam ha assunto quel ruolo strategico di emissario del padre, non solo nel Sahel ma anche verso l’occidente.

La statura politica di Saddam Haftar, anche in una visione di riconoscimento internazionale, si sta disegnando per i rapporti con i complessi stati dell’area saheliana che hanno sostituito le cooperazioni militari ed economiche francesi con quelle di matrice russa, gli Africa Corps, ex Wagner.

In questo sistema di cooperazioni politico-militari, il governo ciadiano ha chiesto al suo vicino libico il mantenimento del confinamento dei ribelli armati del Fact, Fronte dell’Alternanza e della Concordia in Ciad. Questo gruppo eversivo, oggi localizzato nei confini tra Libia e Ciad, area controllata dalle forze di Haftar, è all’origine dell’attentato terroristico dell’aprile 2021 dove perse la vita all’ex presidente Idriss Déby Itno, padre dell’attuale capo di Stato. Ricordo che il confine libico con il Ciad è diviso tra Cirenaica e Fezzan, a dimostrazione dell’influenza del governo cirenaico sulla quasi totalità della frontiera. Inoltre, nell’ottobre 2023, gli uomini di Haftar hanno arrestato e poi consegnato ai militari ciadiani Tahir Wodji, il leader del Fact. Una decina di giorni dopo, N’Djamena ha bombardato le posizioni dei gruppi ribelli nel sud della Libia.

Una tela, quella degli Haftar, che sta estendendosi con modalità strategiche in aree cruciali dell’Africa, soprattutto per i flussi migratori; e che, anche se il Gun e Dbeibah sono riconosciuti dall’Onu, gli interlocutori internazionali non potranno fare a meno di confrontarsi con chi in effetti ha potere su almeno tre/quarti della Libia.


di Fabio Marco Fabbri