Aborto alla francese: più rossi che neri

martedì 9 luglio 2024


A quanto pare, il verdetto elettorale del 30 giugno e del 7 luglio ha esorcizzato almeno per un anno (trascorso il quale si potranno indire nuove elezioni!) le Ombre nere di Francia, fulminate dalla “macronite”! A conti fatti, il fu Front National e i suoi alleati sono stati le vittime designate degli accordi di desistenza contro natura, ma miracolosamente rispettati. Tipo: il Diavolo rosso che cede il passo all’Acquasanta centrista moderata, e viceversa. Oggi, in base alla legge elettorale a doppio turno, è accaduto che chi ha stravinto al primo come raggruppamento sia diventato terzo al secondo. Del resto, “Le code électoral” (la legge elettorale francese) parla chiaro: per essere eletti al primo turno in un collegio elettorale occorre aver ottenuto la maggioranza dei voti, purché il totale dei consensi ricevuti non sia inferiore a un quarto degli elettori iscritti. Invece, al secondo turno è sufficiente la maggioranza relativa. Accade così, grazie a queste regole sui generis, che la destra lepenista abbia conquistato al primo turno soltanto 37 seggi con più di 9,3 milioni di voti (29,26 per cento) e soltanto 88 al secondo con 8,7 milioni di voti (32,05 per cento). E tutto ciò, a invarianza di votanti: 66,71 per cento al primo turno (rispetto a 49,3 milioni di iscritti del 30 giugno), contro il 66,63 al secondo, rispetto a 43,3 milioni di iscritti del 7 luglio, che sono 6 milioni in meno del primo, in quanto dal dato iniziale si scomputa il totale degli iscritti nei collegi che hanno eletto candidati al primo turno.

Per effetto dello stesso meccanismo, accade che l’Ug (Union de la gauche) abbia ricevuto 9 milioni di voti (28 per cento) al primo turno, eleggendo 32 parlamentari, e soltanto 7 milioni di voti (25,68 per cento) con 146 eletti al secondo turno! A beneficiare dell’azzardo del 30 giugno è stato però il centro presidenziale di Ensemble che ha conquistato, grazie agli accordi di desistenza, ben 148 seggi al secondo turno, mentre ne aveva vinti solo 2 al primo, con meno di 6,5 milioni di voti in entrambe le votazioni! Da questo punto di vista, scommessa vinta per Emmanuel Macron (pur avendo perduto la maggioranza relativa che aveva in precedenza), nel senso che Marine Le Pen è lontanissima dalla temuta maggioranza assoluta! Una vera lotteria della rappresentanza, come si vede! E, ora, che cosa succede? L’Apprendista stregone ce la farà a dominare il Drago che ha suscitato, sapendo che nessuna delle due coalizioni sinistra-centro, destra-centro è possibile?

Tra i due demoni, Marine (Le Pen) e Jean-Luc (Mélenchon) qual è il più addomesticabile per Emmanuel Macron? E cosa gli potrebbe succedere tentando una carta di centro-sinistra, con un “campo largo” che includa socialisti ed ecologisti, tagliando fuori le ali estreme di Le Pen e Mélenchon? Come potrebbe resistere un simile conglomerato politico alle pretese di socialisti e verdi di abolire la legge sull’immigrazione e la riforma delle pensioni, che hanno rappresentato il cavallo elettorale di battaglia di entrambe le formazioni? Difficilmente moderati e centristi potrebbero tollerare una simile coabitazione, vista la loro storica avversione per i socialisti.

Esiste o no per lui una “terza via” all’italiana, con la formazione di un Governo tecnico del presidente? E su quale possibile programma bilanciato tra le estreme si potrebbe basare, se non su di una pura gestione degli affari correnti? E quale mai potrebbe essere il suo orizzonte ultra-limitato, che eviti di sottoporre all’Assemblea qualsiasi provvedimento controverso, con particolare riferimento alla conversione in legge di direttive e regolamenti europei, o alle misure di contenimento del bilancio e di riduzione del deficit imposte dal ripristino del Fiscal Compact aggiornato? E potrà mai reggere un esecutivo tecnico, in questo caso, a ripetute sfiducie di due terzi del Parlamento? Ma la domanda cruciale in ogni caso riguarda la piazza: il Rassemblement, che si sente defraudato di una vittoria scontata, potrà non manifestare al di fuori dell’Assemblea il suo disappunto per contestare i provvedimenti del Governo che non condivide? E, in questo caso, chi terrà a freno i black bock che, come si è visto immediatamente dopo i risultati del 7 luglio, sono alla ricerca di un nemico qualsiasi per scatenare rivolte urbane, malgrado la sorprendente rimonta della sinistra? Macron ha un enorme problema sociale, oltre a quello politico, tenuto conto che più di un terzo degli elettori insiste a non andare a votare, malgrado una mobilitazione anti-destra che non si era mai vista.

E non è vero che i francesi non si augurano che la destra lepenista vinca, dato che, come democrazia vuole, con una diversa legge elettorale ciò sarebbe sicuramente accaduto per quanto riguarda l’incarico al leader del partito di maggioranza relativa, se il confronto politico si fosse svolto in un sistema diverso dal doppio turno e dall’uninominale secca. Quest’ultima, poi, in Inghilterra ha dato prova di essere un meccanismo piuttosto folle, visto che il Labour ha vinto oggi la maggioranza dei seggi, prendendo mezzo milione di voti in meno della tornata precedente!

Di sicuro, oggi la Francia è meno governabile di come si presentava prima del 30 giugno. Come si è visto dai risultati elettorali definitivi, se Rn è stato sconfitto come blocco, rimane pur sempre il primo partito dell’Assemblea, con 126 deputati. Mélenchon ne ha 75; Renaissance di Macron 99; Les Républicains 39; i socialisti 65. Se il famoso “tetto di cristallo” anti-destra oggi non è esploso, è molto probabile che lo sarà nel 2027, quando Marine Le Pen si presenterà per la corsa alle Presidenziali francesi. Allora, a Emmanuel Macron non resta che un altro lancio di dadi!


di Maurizio Guaitoli