Nigeria, il terrorismo islamico dimenticato

giovedì 4 luglio 2024


Le ingombranti guerre che stanno attraendo le attenzioni internazionali, insieme ad alcune elezioni politiche dove si manifestano prospettive di sane alternanze, come quelle francesi ma anche quelle iraniane, stendono un mantello di disinteresse sul terrorismo islamico che attanaglia molti Paesi del centro-nord Africa. Le regioni del Sahel e del Corno d’Africa, come anche Nigeria e Camerun, sono diventate negli ultimi anni il teatro di numerosi attacchi terroristici e basi operative di diversi gruppi jihadisti. Tali fenomeni si sono intensificati soprattutto dopo quella che si immaginava fosse la “primavera araba” ma che si è subito mutata in un “freddo inverno arabo” ancora incombente. Così, più o meno organizzati gruppi jihadisti trovano nella “bandiera del terrorismo islamico” la loro ragione di vita, come Aqim, al-Qaeda nel Maghreb islamico; Isgs-Stato islamico nel Grande Sahara. Ancora: Al-Shabab, Al-Mourabitoun, Ansar al-Sharia, più altri piccoli gruppi di terroristi anarchici che, senza nessuna “prospettiva jihadista”, sopravvivono tramite saccheggi, stupri, violenze e rapimenti.

In queste ore è tornato alla ribalta delle cronache il famigerato gruppo nigeriano Boko Haram – che significa “la cultura occidentale è vietata” – autore di clamorosi rapimenti come quello delle studentesse cristiane avvenuto dieci anni fa, nel 2014, quando furono sequestrate 276 ragazze dai dodici ai diciassette anni, poi forzatamente islamizzate, quindi trasformate nelle “schiave dell’Islam”. Circa sessanta riuscirono a fuggire, altre furono liberate ma molte sono ancora inesorabilmente nelle mani del gruppo terrorista islamico.

Il 29 giugno Boko Haram ha sferrato il suo ultimo macabro colpo terroristico durante un matrimonio che si stava celebrando nella città di Gwoza, nel nord-est della Nigeria, non lontano dal confine con il Camerun. Una insospettabile donna con due bambini si è fatta esplodere, causando numerose vittime e feriti, che sono poi stati trasportati in un ospedale di Maiduguri, capitale dello Stato del Borno. Poco dopo, nello stesso luogo, un’altra donna kamikaze ha innescato il detonatore che aveva indosso, esplodendo tra la folla accorsa a soccorrere i feriti. A seguire, nei pressi dell’ospedale della città, si è verificato lo scoppio di un altro ordigno azionato da una giovane ragazza. Poi ancora un altro attentato, dove il suicida era un uomo.

La città di Gwoza conta oltre quattrocentomila abitanti. E i quattro attacchi hanno provocato circa venti morti e poco meno di cinquanta feriti, compresi molti minori. Gli attentati non sono ancora stati rivendicati, ma è scontato che l’autore sia il gruppo jihadista nigeriano Boko Haram, vera minaccia per la sicurezza dell’area e il cui obiettivo è noto: una lotta armata su base terroristica per destabilizzare l’area di confine tra Nigeria e Camerun, al fine di instaurare un Califfato nel nord-est della Nigeria. Le operazioni del gruppo sono tuttavia banali e codarde, in quanto aggrediscono obiettivi facili: scuole, mercati, chiese, ma anche moschee o zone dove si riuniscono persone. Inoltre, la subdola modalità di utilizzare donne con bambini per azioni kamikaze fa riflettere sulla identità di questi soggetti adoperati per il sacrificio. Non è improbabile che tali bombe umane siano le ragazze cristiane rapite. E i bambini siano i figli, frutto di violenze, delle ex studentesse.

Ricordo che Boko Haram nel 2014, dopo aver conquistato parte dello stato di Borno, prese anche Gwoza e dichiarò l’area Califfato. La città fu poi ripresa dall’esercito di Abuja supportato dalle forze regolari del Ciad nel 2015. Da allora il gruppo jihadista, arroccato nell’area montuosa sopra a Gwoza, opera con modalità terroristica, con incursioni nei villaggi e con azioni kamikaze. Bola Ahmed Tinubu presidente della Nigeria da maggio 2023, ha dichiarato che gli attacchi sono perpetrati da vili che si accaniscono contro la popolazione civile, utilizzando la parte fragile e considerata “senza valore” della sua organizzazione, donne e bambini frutto di violenze; attacchi codardi, continua il presidente, che non trascineranno la nazione nella paura e nel dolore.

Nell’ultimo decennio il terrorismo jihadista ha causato in Nigeria oltre quarantamila morti e obbligato alla migrazione almeno due milioni di persone che hanno lasciato il nord-est del Paese. Tuttavia, Boko Haram ha perso terreno negli ultimi anni, non per l’indebolimento dell’organizzazione, ma per la scissione avvenuta con la nascita di un altro gruppo jihadista, l’Iswap, Organizzazione dello Stato islamico dell’Africa occidentale, nato nel 2015. Le due formazioni basano la loro attività terroristica islamica attaccando regolarmente le comunità rurali della Nigeria, uccidendo uomini e sequestrando le donne che saranno “schiave dell’Islam”, alcune poi utilizzate negli attentati kamikaze.

La realtà è che oggi la ricerca della creazione di un Califfato nel nord-est del Paese, al confine con il Niger orientale, sta portando vaste aree sotto il controllo sia dell’Iswap che di Boko Haram. Inoltre, questi gruppi estremisti islamici attirano jihadisti da diverse aree del Sahel, che partecipano a questi raid con lo scopo di fare bottino per finanziare le loro operazioni. Ma l’articolata complessità sociologica porta a motivare che tali azioni di aggregazione, di sedicenti jihadisti, sia il frutto della non conoscenza di una alternativa di vita all’attività terroristica.

Le guerre in corso – Russia-Ucraina, Israele-Hamas – offuscano le attenzioni internazionali su queste criticità sociali che, anche se croniche, destabilizzano aree che hanno dei legami diretti con le crisi geopolitiche in atto, aggravando le debolezze strutturali dell’economia nigeriana e dell’Africa del centro-nord in generale. Una situazione che favorisce l’allontanamento di grandi gruppi economici occidentali dalla Nigeria, dove l’inflazione galoppa e la moneta è in caduta libera da un anno.


di Fabio Marco Fabbri