Assange patteggia con gli Usa, pena estinta e torna in Australia

martedì 25 giugno 2024


Il fondatore di Wikileaks sta per tornare in libertà. Julian Assange ha patteggiato con il Dipartimento di giustizia degli Stati Uniti, ammettendo di aver rivelato informazioni sensibili e documenti riservati del governo Usa. Il caso è nato nel 2010, quando il giornalista e hacker nato a Townsville è stato arrestato in Gran Bretagna con un mandato internazionale. Il suo sito web è stato reo di aver divulgato un’enormità di documenti militari sulle guerre in Afghanistan e in Iraq, tra cui un video di un raid dell’esercito a stelle e strisce in cui sono rimasti uccisi due giornalisti dell’agenzia Reuters. Wikileaks ha causato la più grande fuoriuscita di carte sensibili nella storia del Pentagono, grazie anche alla collaborazione di Chelsea Manning, anche lei perseguita ai sensi della legge Usa sullo spionaggio.

Oggi, Julian Assange si prepara a tornare a casa, nella terra del sottosopra. L’accordo chiuso con il Dipartimento americano eviterà al divulgatore australiano la galera negli Stati Uniti, visto che la condanna a 62 mesi di carcere chiesta dai procuratori equivale al tempo passato in carcere dal fondatore di Wikileaks in un carcere di massima sicurezza a Londra. L’uomo si trovava nella struttura detentiva dal 2019, per violazione dei termini della libertà su cauzione conseguente alle accuse di stupro in Svezia –archiviate nel 2017 – e poi in relazione alla richiesta di estradizione di Washington con l’accusa di cospirazione.

Grazie al patteggiamento, la pena viene considerata estinta nel periodo di detenzione londinese. Tuttavia, per il via libera definitivo sull’accordo tra Usa e Assange servirà il ben volere di un giudice federale. Il giurato approverà l’intesa domani, in un tribunale sull’Isola di Saipan (Isole Marianne Settentrionali), dove dovrà comparire Assange di persona. Il divulgatore ammetterà parzialmente la sua colpevolezza – come ha riferito l’emittente televisivo Abc, citando le autorità dell’Isola – dichiarandosi reo di solo uno dei 18 capi di accusa, per poi prepararsi al rimpatrio. “Il caso del signor Assange si è trascinato troppo a lungo e non c’è nulla da guadagnare dalla sua continua incarcerazione”, aveva dichiarato il premier australiano Anthony Albanese quando il presidente Usa Joe Biden stava valutando la richiesta del Paese di non perseguire più il fondatore di Wikileaks. Ora “Il suo calvario sta volgendo al termine”, ha commentato la madre di Assange, citata dai media australiani.


di Zaccaria Trevi