L’alleanza dei reietti: più Putin che Kim

martedì 25 giugno 2024


Due debolezze possono fare una forza? Sì, a quanto pare, nel caso di Vladimir Putin e del nordcoreano Kim Jong-un, dato che ambedue gli autocrati-dittatori debbono fare virtù delle rispettive necessità e bisogni, che non sono mai quelli dei popoli di cui sono responsabili, ma della loro egolatria. L’uno, infatti, ha bisogno, senza stare a discutere sulla qualità, di una montagna di munizioni per i suoi cannoni, in modo da continuare a spianare l’Ucraina con un diluvio di fuoco quotidiano (gli obici non si possono intercettare in volo!). Mentre l’altro, dovendo pur sfamare la sua gente, necessita di milioni di tonnellate di beni alimentari di base perché, com’è noto, ha scelto di fare a meno del burro, pur di veder sfilare in parata i suoi missili intercontinentali a testata nucleare multipla. Tant’è che più volte, in passato, gli Usa hanno tentato inutilmente, pur di stemperare le tensioni in quella regione del mondo, di barattare le sue rudimentali “nuke” con montagne di generi di prima necessità. Non è ben chiaro, nel caso di Kim, chi altri detenga i codici di lancio della valigetta nucleare ma, a scanso equivoci, il resto del mondo fa affidamento sul suo grande protettore, la Cina di Xi Jinping, perché l’erede dinastico del nonno Kim Il-Sung eviti di giocare con il fatidico bottone rosso. Ora, a quanto pare, alla Volpe gialla si è unito in partnership il Gatto rosso per tenere a bada il Pinocchio nucleare, tutti e tre uniti nella danza rituale per festeggiare anzitempo la fine dell’Occidente che, ad avviso di Kim, perderà di certo nella “sacra lotta” dei popoli oppressi contro il suo imperialismo. Del resto, la storia ha iniziato a correre molto veloce dal 24 febbraio 2022, rendendo il Cremlino (e chi lo avrebbe mai detto?) altamente dipendente dalle forniture d’armi del suo disfunzionale alleato asiatico.

Questo perché nemmeno nell’economia di guerra russa le sue industrie belliche riescono a tenere il passo con i forsennati ritmi dell'operazione in Ucraina, che consuma ogni giorno decine di migliaia di proiettili di artiglieria. Finita la guerra, ci vorranno chissà quanti decenni agli ucraini sopravvissuti per disseppellirli dai terreni incolti e dalle macerie degli edifici. L’unico, grande vantaggio lo riceverà l’industria ucraina per la lavorazione dei rottami ferrosi, che potrà inviare il suo acciaio riciclato in mezzo mondo, facendo un po’ di soldi per la ricostruzione! Per il momento, Kiev non deve attendersi alcun miglioramento sul fronte dei bombardamenti quotidiani sui suoi centri abitati, visto che Kim ha un notevole stock di missili, razzi e obici da poter vendere al suo amico Putin. E le nuove forniture andranno ad aggiungersi agli undicimila container di armamenti (contenenti qualcosa come 5 milioni di proiettili di artiglieria) che, secondo le stime dell’intelligence, hanno già attraversato i confini russi. Le sinergie tra i due Stati super sanzionati dal resto del mondo sono del resto chiare: mentre gli arsenali della Russia si sono andati assottigliando a seguito della fine della Guerra fredda, quelli nordcoreani, al contrario, non hanno mai smesso di crescere per fronteggiare la minaccia ossessiva di un’invasione da parte della Corea del Sud. Per di più, grazie alla sua condizione ultradecennale di Stato-parìa, Pyongyang ha maturato una lunga esperienza su come aggirare le sanzioni ed evadere le transazioni internazionali, circostanza che oggi risulta preziosa per far arrivare a Mosca le merci sottoposte a embargo da parte dell’Occidente. In cambio, la Russia, ex granaio del mondo e primo produttore mondiale di fertilizzanti, colmerà con le sue produzioni agricole l’abissale ritardo dell’agricoltura nordcoreana. Fornendo per di più a Kim armamenti moderni e la tecnologia in campo spaziale di cui ha disperatamente bisogno, per la messa in orbita di satelliti spia. Ma in questo incredibile matrimonio tra diversi, ciò che preoccupa di più le cancellerie occidentali è la disponibilità di Mosca a fornire tecnologie nucleari a scopo militare, come missili nucleari lanciati da sottomarini. Infatti, tenuto conto che la Nord Corea ha superato il periodo sperimentale per i missili balistici terrestri, rimane da affrontare la loro vulnerabilità ai raid preventivi dell’aviazione statunitense per la distruzione a terra delle basi di lancio. Cosa che verrebbe resa molto più difficile se gli stessi missili fossero imbarcati a bordo dei sottomarini che potrebbero, in caso di un attacco a sorpresa, colpire per ritorsione le basi statunitensi e i Paesi alleati degli Usa nel Pacifico. Tecnicamente le forze armate nordcoreane hanno armi in abbondanza ma obsolete, per cui la sola deterrenza consiste nell’impiego sul campo, da parte dell’esercito di Pyongyang, di armi nucleari tattiche idonee a fronteggiare la superiorità americana e sudcoreana in quelle convenzionali.

Ancora possiamo dormire però sonni tranquilli, dato che dei 50 missili balistici di fabbricazione nordcoreana, lanciati dai russi in territorio ucraino, ben pochi sono andati a segno. Ma non ci sono solo armi nello scambio dei due Paesi: di recente, sul piano diplomatico, i russi hanno messo il veto per il rinnovo annuale del team di ispettori Onu che vigilano sul rispetto delle sanzioni da parte della Nord Corea e che, di recente, avevano accertato la presenza di rottami di un missile nordcoreano nella guerra in Ucraina. E ciò, in palese violazione al divieto di importare ed esportare armi da parte di Pyongyang. Ma chi deve guardarsi attentamente le spalle da questo nuovo sodalizio è proprio il Celeste impero che, finora, avendo privilegiato la stabilità che lo ha reso prospero, ha tutto da perdere da una nuova, incontrollabile effervescenza dell’ingovernabile regime nordcoreano. La Russia, infatti, ormai in guerra a tutto campo contro l’Occidente, potrebbe aggiungere la sua spinta distruttiva e disinibire a tal punto la Corea del Nord, da renderla una variabile impazzita qualora alla Casa Bianca dovesse arrivare un presidente imprevedibile come Donald Trump. Allora, meglio alzare la guardia anche dalle nostre parti, in sede Nato.


di Maurizio Guaitoli