venerdì 21 giugno 2024
Alla vigilia del vertice globale per la pace tenutosi lo scorso fine settimana in Svizzera, Vladimir Putin ha presentato la sua “proposta di pace” che è servita per rendere evidente, a chi non lo avesse ancora capito, che Putin sta conducendo una guerra di conquista imperiale e continuerà ad aumentare le sue richieste fino a che non verrà sconfitto.
Come era ovvio, la visione di Putin è stata respinta da Kyiv e dai leader mondiali che l’hanno definita un “ultimatum”. Fondamentalmente, i termini delineati dal leader del Cremlino lascerebbero circa il 20 per cento dell’Ucraina sotto il controllo russo, comprese porzioni significative del Paese che l’esercito di Putin finora non è stato in grado di occupare. Quest’ultima proposta è solo l’ultima di una lunga serie.
L’ormai decennale invasione dell’Ucraina da parte della Russia è costellata di proposte del Cremlino, di volta in volta, smentite dai fatti. Negli ultimi dieci anni, Putin ha respinto le accuse di essere il promotore di un programma espansionista, salvo poi intensificare la propria invasione dell’Ucraina.
Quando la Russia attaccò per la prima volta l’Ucraina nel febbraio 2014, Putin insisteva nel dire che Mosca non avesse ambizioni territoriali al di fuori della conquista della penisola ucraina di Crimea. “Non vogliamo dividere l'Ucraina”, assicurò al mondo. Nel giro di poche settimane, tuttavia, agenti di Mosca ‒ spacciandosi per persone del posto ‒ avevano dato l’avvio ad una guerra separatista nella regione del Donbas, nell’Ucraina orientale.
Negli otto anni successivi, Putin ha costantemente rafforzato la sua presa sulle cosiddette “repubbliche separatiste” dell’Ucraina orientale, negando costantemente qualsiasi coinvolgimento diretto. L’incapacità della comunità internazionale di ritenere Putin responsabile di questa spudorata doppiezza ha alimentato in Mosca un senso di impunità che ha posto le basi per la più grande invasione europea dalla Seconda Guerra Mondiale.
Nel suo discorso del febbraio 2022, in cui annunciava l’invasione su vasta scala dell’Ucraina, Putin ha negato ancora una volta di nutrire qualsiasi ambizione di annettere ulteriori terre ucraine. “Non è nei nostri piani occupare il territorio ucraino”, disse Putin. “Non intendiamo imporre nulla a nessuno con la forza”.
Solo sei mesi dopo, Putin ha dimostrato il vero valore della sua parola annunciando solennemente l’annessione di altre quattro province ucraine. Significativamente, l’esercito russo invasore non controllava completamente nessuna delle province ucraine rivendicate da Putin nel settembre 2022. Ciò ha creato un certo grado di ambiguità riguardo all’esatta estensione geografica degli obiettivi della Russia, con i funzionari del Cremlino che in genere si limitavano a vaghi appelli all’Ucraina a riconoscere le “nuove realtà territoriali” create dalle prime linee dell’invasione.
Il nuovo piano di pace di Putin ha ormai fugato ogni dubbio. In effetti, il despota di Mosca ha prestato particolare attenzione a chiarire che si aspetta che l’esercito ucraino si ritiri completamente dalle quattro province ucraine in questione, comprese le aree non occupate. Ciò significherebbe, tra le altre cose, la consegna della città ucraina di Zaporizhzhia, con una popolazione prebellica di oltre settecentomila abitanti, insieme a Kherson, che era l’unica capitale regionale ucraina catturata dai russi prima di essere liberata nel novembre 2022.
L’Ucraina dovrebbe anche smilitarizzare volontariamente, accettare la neutralità geopolitica e sottoporsi alla “denazificazione”, il termine con cui il Cremlino definisce la soppressione dell’identità nazionale ucraina e l’imposizione dell’ideologia imperiale russa. In altre parole, Putin insiste che l’Ucraina ammetta la sconfitta e si arrenda.
Le condizioni offerte da Putin confermano che non ha alcuna intenzione di raggiungere una pace duratura con l’Ucraina. Al contrario, il dittatore russo evidentemente rimane più impegnato che mai nel suo obiettivo primario di estinguere lo Stato ucraino e cancellarne l’identità nazionale. Quasi a sottolineare il punto, Putin ha accompagnato le sue ultime richieste con un agghiacciante avvertimento che “l’esistenza dell’Ucraina” dipende dalla disponibilità di Kyiv ad accettare le sue condizioni.
In realtà, la posta in gioco è ancora più alta. Non è esagerato affermare che il futuro della sicurezza globale viene attualmente determinato sui campi di battaglia dell’Ucraina. Se l’invasione di Putin avrà successo, segnerà l’alba di una nuova era caratterizzata da una crescente insicurezza internazionale, dall’aumento esponenziale dei bilanci della difesa e da guerre di aggressione sempre più frequenti.
Una Russia vittoriosa rimarrebbe quasi certamente in prima linea in questa discesa verso l’illegalità per molti anni a venire. Negli ultimi dieci anni, Putin ha costantemente intensificato la sua invasione dell’Ucraina, portando la Russia sul piede di guerra. A questo punto dovrebbe essere dolorosamente chiaro a tutti gli osservatori obiettivi che non si fermerà finché non sarà fermato. In effetti, Putin ha apertamente paragonato la guerra di oggi alle conquiste imperiali di Pietro il Grande nel XVIII Secolo, e spesso parla in termini di sacra missione per “restituire le terre storicamente russe”.
Come confermerà chiunque abbia una conoscenza superficiale della storia russa, ci sono almeno altri quindici Paesi oltre all’Ucraina che un tempo facevano parte dell’Impero russo e quindi soddisfano la definizione di Putin di “storicamente russo”. Tutti sono ora potenziali bersagli. Anche se è impossibile sapere esattamente cosa farà Putin nel caso dovesse sconfiggere l’Ucraina, l’idea che sceglierà semplicemente di fermarsi è senza dubbio lo scenario più inverosimile.
Né Putin sarà l’unico despota che cercherà di abbracciare una nuova era di aggressione imperiale. Cina, Iran e Corea del Nord stanno già fornendo allo sforzo bellico russo vari gradi di sostegno e non nascondono il loro desiderio di ribaltare l’ordine mondiale esistente. Se Mosca ottenesse una vittoria storica in Ucraina, anche Pechino, Teheran e Pyongyang ne sarebbero incoraggiati, insieme a tutta una serie di altri autocrati in tutto il Sud del mondo.
L’unico modo per evitare un futuro geopolitico caratterizzato da una crescente insicurezza e da un rinascente imperialismo è garantire che la Russia perda in Ucraina. La recente falsa proposta di pace di Putin è essenzialmente un appello alla capitolazione di Kyiv e all’assorbimento dell’Ucraina in un nuovo impero russo. Ciò è del tutto in linea con le politiche di escalation perseguite negli ultimi dieci anni da Mosca e riflette un’agenda imperiale che non lascia spazio a compromessi significativi.
Il dittatore russo crede ancora chiaramente di poter sopraffare l’Ucraina con la forza bruta, intimidendo al tempo stesso il mondo occidentale e costringendolo all’inazione. Se ci dovesse riuscire, le conseguenze per la sicurezza internazionale saranno devastanti. I leader ucraini hanno già risposto alla provocazione di Putin respingendola al mittente. I partner internazionali di Kyiv devono ora andare oltre e fornire il sostegno militare per garantire la vittoria dell’Ucraina.
(*) Docente universitario di Diritto internazionale e normative sulla sicurezza
di Renato Caputo (*)