venerdì 21 giugno 2024
In Europa, nell’Europa occidentale, quella soggetta al potere della Commissione di Bruxelles, vi è una voce che canta fuori dal coro. Che non accetta la direzione d’orchestra di Ursula von der Leyen, che non si lascia dettare lo spartito da Jens Stoltenberg e dai vertici della Nato. E che, invece di tacere, parla. Parla chiaro. Ma nessuno, o quasi, la ascolta. Cassandra. Ovvero Viktor Orbán. Il primo ministro ungherese. Temuto, odiato, ostracizzato in Europa. Accusato di essere un filo-putiniano. Che, in questa Ue, equivale alla lebbra. Fascista, tiranno, autoritario, despota spietato e inumano. Così sui nostri media, famosi per la loro… imparzialità. Eppure, Orbán è un premier eletto democraticamente. E il suo partito faceva parte del Ppe.
Filo-russo? In realtà, Orbán è un realista. La sua Ungheria – che, pure, ha avuto da soffrire più di altri dalla dominazione sovietica – non può permettersi un conflitto e tensioni col suo grande, e ingombrante, vicino di casa. Dal quale, per altro, importa gas, petrolio e altre materie prime essenziali per il suo miracolo industriale. Per questo non ha aderito alle sanzioni contro Mosca. Il premier ungherese non ha nessuna intenzione di importare il gas dagli Stati Uniti. Pagandolo otto volte di più. Come, per inciso, stanno facendo tutti gli altri europei. Proni ai voleri di Bruxelles e Washington.
Da realista passa, inevitabilmente, per un traditore. E un nemico. Contro il quale la Commissione di von der Leyen ha messo in atto ogni forma di ostracismo e vessazione. Nel silenzio, colpevole e imbarazzato, anche di quei partner europei che dovrebbero sostenerlo. Non i Popolari, certo. È, ormai, distante mille miglia dal partito di Ursula e del nostro Antonio Tajani. Ma almeno i Conservatori, che sino a ieri lo prendevano a modello delle politiche restrittive e contenitive sulle migrazioni. E che, invece, oggi… beh, per capire basterebbe pensare al comportamento del Governo Meloni sul caso di Ilaria Salis. E non dico di più, per carità di patria. Fondi comunitari congelati. Procedure di infrazione. Di fatto… sanzioni. E tutto perché Orbán si rifiuta di sostenere a spada tratta Volodymyr Zelensky e il suo regime – quello sì palesemente antidemocratico – di rifornirlo di armi e di sostenere il delirio bellicista di Stoltenberg e compagnia cantante. E di tacere sulla vessazione della minoranza magiara a opera del fanatismo nazionalista ucraino.
Al contrario, lui recita il ruolo di Cassandra. Avvisa gli europei che stiamo correndo sulla via dell’autodistruzione. Che la china è pericolosa. E che lui non intende portare il suo popolo a “morire per Kiev”. Cassandra, si sa, ebbe destino tragico. Fu inascoltata dai troiani. Che andarono, così, incontro alla loro fine. E inascoltata da Agamennone. Che cadde sotto il pugnale di Egisto.
Ma ora, la Cassandra ungherese sta per assumere la presidenza della Ue. È il turno di Budapest, a partire dal primo luglio, per i successivi sei mesi. A Bruxelles è già panico. E da Parigi a Varsavia in molti si affannano cercando di evitare tale iattura. Le bordate contro l’Ungheria diventano ogni giorno più violente. Le trame per impedire una presidenza di Orbán, in spregio di tutte le regole comunitarie, si fanno sempre più palesi.
Ma lui tira dritto. Anzi, annuncia un programma per la imminente presidenza ungherese che già fa passare notti insonni a molti. Un programma a 360 gradi. Dalla questione migranti alla messa in discussione del sostegno a Kiev. Senza dimenticare un controllo di cosa è avvenuto sulla questione vaccini tra la Pfizer e la signora von der Leyen. E lo slogan della sua presidenza sarà: “Fare l’Europa grande di nuovo”. Vi ricorda qualcosa? O qualcuno? Non è pazzo Orbán. E il suo non è un solitario azzardo. Anzi, vede più lontano di altri. Tant’è che, già nel marzo scorso, è andato a incontrare il suo “buon amico” Donald Trump. Sulla cui elezione sta scommettendo. Al contrario di altri/e che si esibiscono in spettacoli da cheerleader davanti al fantasma di Joe Biden. Certo, Orbán è una Cassandra, per ora solitaria. Ma non va mai dimenticata una cosa. La Cassandra di Omero ci aveva visto giusto.
(*) Tratto da Electomagazine e Il Nodo di Gordio
di Andrea Marcigliano (*)