mercoledì 12 giugno 2024
In Africa i francesi, ex colonizzatori, sono notoriamente gli stranieri più odiati. In particolare, nella critica area del Sahel riscuotono i peggiori dissensi. I soldati, ma soprattutto i mercenari russi ex Wagner, ora Africa Corps, stanno subentrando – su richiesta dei Governi golpisti saheliani – ai militari regolari francesi nelle aree logistiche organizzate dai transalpini. Allo stesso tempo, stanno anche conducendo battaglie contro i movimenti jihadisti che opprimono le multiformi realtà sociali e tribali della regione. In questo ambito, il potere militare e politico della Turchia, già presente con un peso variabile in buona parte del centro-nord dell’Africa, dove ufficialmente ostenta “obiettivi politici”, sta infilandosi anche con forze mercenarie, turche e filo-turche, che meglio si adattano alle “esigenze sociali” della regione. La compagine mercenaria turca presente nella zona saheliana è identificabile nel gruppo denominato Sadat.
Chi sono queste milizie private al soldo di Ankara? La loro identità è nota da alcuni anni, ma il loro sito turco ha per molto tempo escluso che potessero esercitare attività militari in zone africane. Tuttavia, da informazioni attendibili di matrice siriana, risulta che ormai il gruppo Sadat è presente stabilmente in Mali, Ciad, Burkina Faso e ultimamente in Niger. Infatti, a fine maggio, l’Osdh – Osservatorio siriano per i diritti umani, con sede a Londra – ha comunicato che molti cadaveri di miliziani siriani filo-turchi sono stati rimpatriati in patria, provenienti dalla zona subsahariana. La Sadat international defense consultancy è rappresentata da Melih Tanriverdi, il quale ha negato che la sua società di consulenza privata per la difesa sia diventata l’arma segreta del presidente turco Recep Tayyip Erdoğan nelle guerre in Nord Africa e Medio Oriente. Ciononostante, la Sadat aveva già guadagnato notorietà negative agli occhi degli Stati Uniti, che l’anno accusata di addestrare i miliziani siriani che poi vengono assoldati in vari scenari di guerra, come accadde anche nel conflitto civile libico tra le forze di Tripoli e di Bengasi, all’inizio del 2020.
L’Osdh è un’organizzazione legata ai gruppi di opposizione al regime siriano di Bashar al-Assad. Da tempo, sta monitorando i flussi di miliziani che regolarmente si dirigono verso il Sahel. In questi giorni, alcuni portavoce di Osdh hanno riferito degli arrivi, in Niger, di migliaia di questi combattenti siriani sotto la guida dei capi della società Sadat, che viene considerata come il braccio armato privato – ufficialmente, elementi di sicurezza privata turca – del presidente Erdoğan. È nota la storia delle influenze della Turchia in Africa, ma negli ultimi anni Ankara si è particolarmente distinta per la messa a disposizione dei Governi africani, golpisti o meno, di una serie di servizi, dove contratti economici, azioni umanitarie, consigli politici, offerta di sicurezza, il patrocinio di un Islam che fa riferimento alla scuola dei Fratelli musulmani si sono fusi in un crogiolo di attività e legami, che hanno reso il potere turco strutturale all’interno di molte realtà politiche del Continente africano. Quindi, con la partenza obbligata di francesi e statunitensi, oltre varie “compagnie” internazionali di provenienza occidentale, si stanno delineando i nuovi disegni geostrategici turchi.
L’area definita dei “tre confini” – Niger, Burkina Faso e Mali – è martoriata da gruppi jihadisti più o meno organizzati, che saccheggiano da tempo le risorse del sottosuolo in zone interstatali e difficilmente controllabili. La recente scoperta di un enorme filone aurifero che taglia il Sahel è uno degli obiettivi di queste milizie estremiste islamiche. Il contesto è caotico: sfruttamento di manodopera minorile e schiavitù per le popolazioni dell’area, utilizzate per l’estrazione di oro; piccole e micidiali miniere, meglio definirle gallerie/bare, scavate a mano senza la minima accortezza sulla sicurezza, dove la sopraffazione umana è di prassi e portata fino alla morte. Ma anche petrolio, commerciato dai gruppi jihadisti anche con organizzazioni di espressione statale. In questo contesto, con caratteristiche anarcoidi, i mercenari della Sadat sono ingaggiati dai Governi della regione per il controllo sia delle miniere, che delle installazioni petrolifere, ma anche delle stazioni militari regolari. Di conseguenza, queste azioni di sorveglianza portano i mercenari filo-turchi a scontrarsi contro i gruppi jihadisti. Il fattore degno di interesse è che i mercenari siriani filo-turchi della Sadat sono impegnati, spesso, in conflitti contro i miliziani jihadisti, dove operano affiancati ai mercenari russi dell’Africa Corps. E in molti casi, sempre da fonte Osdh, avrebbe anche ruoli subordinati. Ricordo che nel palcoscenico siriano Ankara e Mosca sono rivali.
Quindi, perfino il presidente turco, così come Vladimir Putin, ha costruito un esercito parallelo? La proiezione mercenaria/militare di Ankara nella striscia saheliana ricade nei disegni geopolitici turchi. Infatti, già dal 2020 secondo fonti africane erano iniziati i negoziati tra Niamey, capitale del Niger, e Ankara, rappresentata dalla società Sadat. Ma, sempre nel 2020, i mercenari siriani filo-turchi furono inviati anche a combattere a fianco dell’Azerbaijan contro l’Armenia per il Nagorno Karabakh. Il passaggio da “guerra globale” a “guerra globalizzata” prevede l’utilizzo di formazioni militari private o privatizzate in alternativa a eserciti regolari. Erdoğan non poteva restare indifferente a questa pseudo-evoluzione legata all’utilizzo di milizie private turche in scenari (e con azioni spregiudicate) dove sarebbe complesso operare con ufficialità. Così, ha preferito proiettare in queste aree – dalla instabile realtà politica – la propria ombra mercenaria, certamente più efficace di una delegazione ufficiale zavorrata da regole internazionali.
di Fabio Marco Fabbri