Le bugie e gli inganni di Mosca

martedì 4 giugno 2024


Negli ultimi 27 mesi il presidente russo Vladimir Putin ha più volte rassicurato sulla sua disponibilità a negoziare la fine della guerra contro l’Ucraina, rassicurazioni che Kyiv ha debitamente respinto in quanto evidenti tentativi di fare pressioni affinché capitolasse. Quanto accaduto la scorsa settimana potrebbe, tuttavia, rappresentare un cambiamento nella strategia di guerra della Russia. Invece di rilasciare l’ennesima dichiarazione, il Cremlino ha orchestrato una serie di “fughe di notizie” raccolte e rilanciate dall’agenzia di stampa Reuters. Sebbene la stessa agenzia ne abbia quasi immediatamente smentito il contenuto, lo ha fatto in modo così ambivalente da far apparire confermata la sostanza. Il messaggio principale che è stato fatto passare vedrebbe Putin presumibilmente pronto a congelare le ostilità lungo le attuali linee del fronte, nel convincimento di poter “vendere” questo compromesso come una vittoria nonostante vengano abbandonati gli obiettivi principali di rallentare l’allargamento della Nato e “de-nazificazare” l’Ucraina.

Queste fughe di notizie, probabilmente, hanno come reale finalità quella di far deragliare i preparativi finali del vertice di pace sull’Ucraina, previsto per il 15 e 16 giugno a Bürgenstock, in Svizzera, che la macchina della propaganda russa cerca di sabotare incessantemente. Putin si è lamentato del fatto che la Russia non sia stata invitata, sostenendo – al contempo – che la Russia non sia interessata a discutere la visione ucraina di un accordo di pace, che si allontana molto dalla “realtà sul terreno”. Mosca ha preso atto dei cambiamenti nell’agenda del vertice, che ora si concentra maggiormente su problemi globali come la sicurezza alimentare e i rischi nucleari. La diplomazia russa ha investito notevoli sforzi per minare la credibilità dell’evento. Mosca ora teme che la disponibilità dell’Ucraina a minimizzare la questione cruciale del ripristino della propria integrità territoriale possa convincere Cina, India e molti Stati dell’Africa, dell’America Latina e del Medio Oriente a inviare proprie delegazioni in Svizzera.

La posizione della Cina in questo conflitto è certamente di cruciale importanza per la Russia. Durante l’ultima visita a Pechino, Putin ha espresso pieno sostegno al “piano di pace” del segretario generale del Partito comunista cinese Xi Jinping, anche se il rifiuto implicito delle annessioni russe rappresenta un grosso ostacolo. Riconoscendo questo atteggiamento, il ministro degli Esteri cinese Wang Yi ha suggerito, durante una visita in Brasile, che una conferenza di pace orientata ai risultati debba includere la Russia e tenere conto dei suoi interessi di sicurezza. Nonostante i migliori sforzi di Putin nel coltivare una partnership, il sostegno della Cina allo sforzo bellico della Russia rimane condizionato, e il volume delle importazioni di Mosca di tecnologie e macchinari estremamente necessari è stato ridotto dalle sanzioni occidentali. Pechino desidera ridurre al minimo i danni derivanti dalla “lunga guerra” e la proposta di ridurre l’intensità dei combattimenti risponde molto bene alla sua politica di sfruttamento delle differenze nell’Unione europea.

La minaccia di un’escalation nucleare rimane un tema principale nel discorso sulle conseguenze globali della guerra in Ucraina, che Mosca e Pechino interpretano in modo leggermente diverso. La Cina sostiene costantemente una gestione attenta, mentre Putin persiste con la politica del rischio calcolato. Il passo più recente è l’esercitazione congiunta russo-bielorussa di forze nucleari tattiche. Potrebbe sembrare controproducente lo svolgimento di questa esercitazione provocatoria inviando al tempo stesso un messaggio di disponibilità per un cessate il fuoco. Tuttavia, la dimostrazione della potenza nucleare è stata realizzata con il preciso intento di impressionare quegli Stati europei non inclini al rischio per renderli più ricettivi dei segnali di pseudo-disponibilità alla trattativa.

Il motore principale degli intrighi diplomatici è lo svolgimento delle battaglie campali nella guerra di trincea, nella quale la Russia detiene ancora l’iniziativa. La recente offensiva russa nella regione di Kharkiv, tuttavia, ha distrutto solo pochi villaggi, al prezzo di pesanti perdite. Anche i commentatori russi “militar-patriottici” ne mettono in dubbio la logica strategica. Questa sequenza di attacchi ha costretto anche il segretario generale della Nato Jens Stoltenberg ad affermare una cosa ovvia: le obiezioni di Stati Uniti e Germania circa l’uso dei sistemi d’arma a lungo raggio, forniti all’Ucraina dai partner occidentali, per attacchi all’interno del territorio russo non hanno più senso e, di fatto, sono state – in gran parte – superate. Questi piccoli guadagni territoriali da parte russa potrebbero, tuttavia, svolgere un ruolo politico significativo nell’aggiungere credibilità alle indicazioni di Putin: un eventuale ipotesi di ritiro russo dall’area di Kharkiv potrebbe essere utilizzata per amplificare le argomentazioni a favore di un cessate il fuoco temporaneo e, almeno nelle intenzioni del Cremlino, “convincere” l’Ucraina a rendere permanente un simile congelamento.

L’epurazione senza precedenti dei quadri del Ministero della Difesa, seguita alla sostituzione di Sergei Shoigu con l’inesperto Andrey Belousov al timone, costituisce una prova corroborante dell’ambiguo piano del Cremlino. Shoigu sembra essere stato “punito” con la sua nomina a segretario del Consiglio di sicurezza, ma continua a comparire con Putin in occasioni di alto profilo, come durante la visita in Cina. Molti dei delegati di Shoigu, tuttavia, sono stati arrestati con l’accusa di corruzione, e altri si sono dimessi. Belousov, che non ha una squadra di seguaci, si trova attualmente ad affrontare il caos burocratico in un ministero enorme e ostile. Ha bisogno di tempo per stabilire nuovi controlli sui massicci flussi finanziari e una pausa delle operazioni di combattimento sarebbe per lui particolarmente vantaggiosa. Anche i leader del complesso militare-industriale, con cui Putin ha avuto un recente incontro, preferirebbero passare da una corsa d’emergenza a una domanda più stabile codificata nel nuovo programma statale di armamenti, che il governo ha iniziato a preparare.

Putin potrebbe ancora decidere di non interrompere l’offensiva di terra e la campagna di bombardamenti, concludendo che una mobilitazione interna permanente per la lunga guerra garantisce meglio la stabilità del suo governo. Creare un’opzione per un cessate il fuoco, comunque, potrebbe garantirgli maggiore flessibilità nello stabilire un nuovo equilibrio tra interessi “parrocchiali” nella corte del Cremlino e manovrare nell’arena internazionale. Può presumere che le minacce dirette rafforzino l’unità europea e la solidarietà transatlantica, ma anche prevedere che entrambi questi elementi potrebbero erodersi rapidamente se il confronto fosse temporaneamente allentato. Un’altra considerazione è il possibile impatto che una tregua potrebbe avere sulla situazione interna in Ucraina. Mosca spera che la stessa potrebbe intaccare la leadership del presidente Volodymyr Zelenskyy. Qualunque siano gli intrighi che Putin cerca di inventare, il suo obiettivo di distruggere l’Ucraina come Stato europeo indipendente rimane fermo ed è destinato a essere sconfitto dalla resilienza ucraina e dalla risolutezza occidentale.

(*) Docente universitario di Diritto internazionale e normative sulla sicurezza


di Renato Caputo (*)