lunedì 3 giugno 2024
Si è conclusa venerdì scorso a Praga la riunione “informale” dei ministri degli Esteri della Nato. Questo status non è dovuto solo al fatto che le riunioni ministeriali ufficiali, solitamente, si svolgono nella sede dell’Alleanza atlantica a Bruxelles, ma soprattutto perché ciò ha permesso ai ministri di riunirsi nella forma più ristretta possibile. Nessun ambasciatore e nessun assistente ha affiancato i ministri dei Paesi membri. Per la Nato, erano presenti il Segretario generale Jens Stoltenberg, il suo vice Mircea Geoană ed il Presidente del Comitato militare dell’Alleanza, l’ammiraglio Rob Bauer.
Questa situazione gli ha permesso di parlare con franchezza e senza formalità, poco più di un mese prima che abbia luogo il vertice della Nato a Washington, nel quale l’Alleanza celebrerà il suo 75° anniversario. È fondamentale che il prossimo vertice abbia successo. Ciò significa che tutti i membri, inclusa l’Ungheria di Viktor Orbán, devono riuscire a concordare una soluzione comune. In particolare per quanto riguarda gli aiuti all’Ucraina. Senza il raggiungimento di tale obiettivo, il vertice sarebbe sicuramente considerato un fallimento.
Il dibattito a Praga si è rivelato molto produttivo, ma ha lasciato alcune domande senza risposta. Sebbene i ministri si siano riuniti nella capitale della Repubblica Ceca principalmente per preparare il vertice Nato di Washington, l’argomento principale delle dichiarazioni rese al termine dei lavori – sia dai responsabili della politica estera dei vari Paesi sia dal Segretario generale dell’Alleanza – non poteva che essere quello delle restrizioni imposte all’Ucraina circa l’utilizzo delle armi fornite dai Paesi Nato. L’intensificazione delle ostilità nella regione di Kharkiv ed i massicci bombardamenti sferrati da parte dell’esercito russo hanno sollevato la questione di come Kyiv possa resistere all’offensiva del Cremlino in condizioni in cui le è vietato colpire gli aggressori al di fuori dei propri confini nazionali con armi fornite dai partner occidentali.
Dopotutto, impedendo agli ucraini di attaccare le truppe ed i depositi di armi ammassati sul territorio russo, la guerra in direzione di Kharkiv si trasformerà in un “gioco al massacro” per la martoriata Ucraina, in cui i russi possono attaccare le infrastrutture civili ucraine senza avere il timore di subire alcuna ritorsione. Come ha affermato con successo il ministro ceco Jan Lipavsky, in questo modo l’Ucraina è costretta a “combattere con una mano legata dietro la schiena”.
Gli ultimi giorni di maggio hanno rappresentato un punto di svolta nella risoluzione di questo problema. Com’è noto, inizialmente sono stati soprattutto gli Stati Uniti ad opporsi agli attacchi sul territorio della Federazione russa. Per Washington, questo argomento rappresentava una “linea rossa”. Ciò ha comportato che, quando il ministro degli Esteri britannico David Cameron ha dichiarato pubblicamente che il Regno Unito avrebbe concesso all’Ucraina il permesso di effettuare questo tipo di attacchi, Washington ha esercitato pressioni sui britannici per indurli ad abbandonare questa scelta. Tuttavia, la battaglia per la regione di Kharkiv ha dimostrato a molte capitali la necessità di superare questo tabù.
È così iniziata una valanga di dichiarazioni a sostegno degli attacchi contro obiettivi militari nella Federazione russa. Paesi Bassi, Danimarca, Norvegia, Finlandia, Polonia, Repubblica Ceca, Lituania, Lettonia ed Estonia hanno dichiarato pubblicamente di non limitare il diritto dell’Ucraina di colpire sul territorio russo con le armi che hanno fornito. Praga e Varsavia sono andate oltre e hanno annunciato di non essersi più opposte a tali attacchi a partire dal 2022. Quindi, sebbene l’Ucraina abbia colpito a lungo la Russia con armi occidentali, la ritorsione nucleare russa non c’è stata.
Nel dibattito in corso, sicuramente ha giocato un ruolo importante il Segretario generale della Nato che ha aperto all’opportunità che gli Stati membri smettano di porre limitazioni agli attacchi delle forze armate ucraine contro la Russia. Mentre era in corso il vertice di Praga, la Casa Bianca ha informato Kyiv che avrebbe revocato il divieto totale e avrebbe invece limitato l’uso delle armi alle sole “aree di confine “. In precedenza, quando Washington si era categoricamente opposta agli attacchi alla Russia, ciò veniva spiegato con la “minaccia di escalation” e “di evitare che gli Usa fossero trascinati nella guerra”. Questa logica era manifestamente infondata, soprattutto se si ricorda che l’Ucraina ha colpito a lungo e con successo la Crimea con armi occidentali, che la Federazione russa considera “sua”, per non parlare delle regioni del sud e dell’est, che Mosca ha anche annesso, e questo non ha comportato le paventate conseguenze.
Un altro argomento è stato al centro del vertice di Praga. Secondo Jens Stoltenberg i leader dell’Alleanza dovrebbero approvare la decisione sul finanziamento a lungo termine per l’Ucraina nel prossimo vertice di luglio. “Ciò è necessario per garantire una maggiore prevedibilità dei nostri aiuti all’Ucraina, nonché un’equa distribuzione degli oneri (contributi per l’assistenza alle forze armate tra gli Stati membri della Nato). La Russia deve essere certa che siamo pronti per il sostegno a lungo termine dell’Ucraina”, il Segretario generale Nato ha così spiegato la sua iniziativa. L’idea di modificare il piano di finanziamento degli armamenti per le forze armate, diventata pubblica per la prima volta due mesi fa, trattava di un fondo di 100 miliardi di dollari o euro (secondo vari rapporti) per 5 anni, cioè 20 miliardi all’anno. Questa proposta ha incontrato reazioni contrastanti: dal pieno sostegno alla piena opposizione, mentre molte voci la consideravano troppo ambiziosa. Tuttavia, sia dal quartier generale dell’Alleanza che da Washington sono emerse valutazioni positive. Ma dopo un confronto durato due mesi, il Segretario generale della Nato ha presentato a Praga una proposta aggiornata, il cui costo è raddoppiato, passando da 20 a 40 miliardi l’anno.
“Noi (gli Stati membri della Nato) insieme abbiamo già fornito all’Ucraina 40 miliardi di euro di assistenza in materia di sicurezza all’anno, e chiedo esattamente questo impegno per i prossimi anni”, ha affermato. La differenza però è che Stoltenberg non parla più di “fondo”. Ciò significa che queste somme molto probabilmente non saranno distribuite centralmente, o perlomeno non solo centralmente. Il governo di Viktor Orbán, considerato filo-russo, si è subito opposto al nuovo piano di aiuti per l’Ucraina. Budapest ha anche condotto una campagna pubblica contro questa idea e contro le azioni della Nato in generale, che viene accusata di cercare una “Terza guerra mondiale”. Parole, ahimè, identiche a quelle pronunciate dai vertici russi e da alcuni politici di casa nostra.
(*) Docente universitario di Diritto internazionale e normative sulla sicurezza
di Renato Caputo (*)