giovedì 30 maggio 2024
Il 21 maggio, il Ministero della Difesa russo ha pubblicato un piano per ridisegnare unilateralmente i confini marittimi nella regione baltica. Il documento aveva suscitato timori diffusi che fosse imminente l’attuazione di un simile piano da parte di Mosca. Tuttavia, dopo le critiche sollevate da parte delle autorità baltiche e scandinave, il Cremlino ha rimosso il documento dal proprio portale ufficiale. È chiaro che il regime di Vladimir Putin non ha compiuto questo passo a causa dell’indignazione mostrata verso il piano da parte degli Stati della regione, ma solo perché così facendo il Cremlino ha comunque ottenuto due risultati. Da un lato, questa azione ha dato un segnale chiaro su quale possa essere il pensiero di Mosca per il futuro, diffondendo timori su ciò che potrebbe fare il Cremlino in seguito. Dall’altro, questa iniziativa è perfettamente in linea con gli sforzi di Putin di dipingere gli Stati occidentali, repubbliche baltiche in testa, come ingiustificatamente allarmisti. Lo scopo è, quindi, quello di provocare le loro reazioni – attraverso l’assunzione di iniziative provocatorie – per poi invitare la comunità internazionale a ignorare le stesse.
Fortunatamente, prima che il documento del Ministero della Difesa fosse rimosso, è stato possibile salvarne uno screenshot, altrimenti Mosca potrebbe persino negarne l’esistenza. La testata Moscow Times ha descritto dettagliatamente i contenuti del documento, ora rimosso dalle autorità russe. Da quanto è emerso, Mosca avrebbe dovuto, entro gennaio 2025, “dichiarare parti delle acque nella parte orientale del Golfo di Finlandia e vicino ai confini di Kaliningrad come sue vie navigabili interne”. Secondo il documento, le attuali linee di delimitazione, stabilite dal Governo sovietico nel 1985, non corrisponderebbero più alle realtà geopolitiche attuali. Pertanto, dovrebbero essere rivisti. Secondo il piano, Mosca avrebbe spostato unilateralmente le coordinate di questi confini attorno alle cinque piccole isole del Golfo di Finlandia e attorno alla foce del fiume Narva, nonché alle aree attorno alla Penisola dei Curi, a Capo Taran e alla Penisola Baltica lungo il confine tra Lituania e Kaliningrad.
Niente suggerisce che, riguardo ai contenuti della proposta formulata, Mosca abbia contattato in anticipo i Governi di Finlandia, Estonia o Lituania. Questo spiega come mai le reazioni nei Paesi che sarebbero stati colpiti più immediatamente da questo piano sono state immediate e, come prevedibile, tutte negative. Ora che il Governo russo ha rimosso il documento dal proprio portale risulta evidente che almeno alcuni a Mosca lo consideravano qualcosa di più di una semplice proposta formulata da un singolo ministero.
Funzionari finlandesi, estoni, lettoni e lituani hanno espresso, a diversi livelli, la propria preoccupazione. La Finlandia ha chiesto chiarimenti al riguardo, la Lettonia ha suggerito che fosse l’inizio di una mossa russa contro i Paesi baltici, e i funzionari lituani hanno dichiarato che il piano, di per sé, rappresenta una minaccia diretta alla sicurezza internazionale. Commentatori ed esperti di questi quattro Paesi, oltre che di Scandinavia e Ucraina, sono stati ancora più decisi nel condannare questa iniziativa, definendo il piano “una provocazione contro la Nato e l’Occidente nel suo insieme”. Probabilmente le reazioni sarebbero state ancora più numerose e critiche se il piano non fosse stato eliminato così rapidamente. Alcuni analisti hanno insistito sul fatto che rimuovere il piano dal sito web non significa che lo stesso non sia più nella mente di Putin e dei suoi funzionari.
Senza dubbio, lo scenario già critico, dovuto alla guerra di aggressione russa contro l’Ucraina, è stato ulteriormente esacerbato dall’organizzazione – da parte della Russia – delle esercitazioni militari con capacità nucleare e dalle crescenti critiche formulate da Mosca nei confronti degli Stati baltici e della Finlandia. Questa ultima iniziativa del Cremlino, relativa ai confini marittimi della regione del Mar Baltico, non poteva che generare ulteriore preoccupazione. Come prevedibile, la stessa non sembra placarsi nemmeno con la rimozione del documento. Molti analisti della regione, non a caso, vedono la proposta di Mosca come un presagio di più ampie minacce russe all’intera regione baltica. Ciò includerebbe non solo i Paesi baltici e la Finlandia, ma anche il controllo svedese di Gotland, a lungo considerata una portaerei inaffondabile nel mezzo del Mar Baltico. Meno di un giorno dopo che il Ministero della Difesa russo aveva pubblicato il suo piano per ridisegnare i confini marittimi, Mikhail Byden, comandante delle forze armate svedesi, ha affermato che Putin sembra intenzionato a stabilire il dominio russo sull’intero Mar Baltico e sull’isola svedese di Gotland, in particolare.
Forse l’avvertimento più chiaro sul significato ultimo del piano del Ministero della Difesa russo viene da Leonid Nevzlin, un commentatore russo che ora vive in Israele. Sottolinea che “l’esperienza degli ultimi anni ha insegnato ai vicini della Russia” e all’Occidente nel suo insieme a prestare molta attenzione anche ai più piccoli segnali sulle intenzioni di Putin. Nevzlin aggiunge che l’ossessione di Putin per la storia e le vecchie mappe lo ha portato a rivendicare porzioni di territorio di altri Stati sovrani. Una passione e un approccio che ricordano quelli di Adolf Hitler e che sono sempre sfociati in vere e proprie campagne di aggressione. Dopo la sconfitta del leader nazista, sia l’Occidente che l’Unione Sovietica cercarono di prevenire una nuova guerra dichiarando “inviolabili” tutti i confini esterni dell’Europa. L’Occidente continua a sostenere questa posizione, anche se “non ha fermato la Russia in alcun modo, né in Abkhazia, né in Ossezia del Sud, né in Crimea, né nel Donbas, né nell’attuale sanguinosa guerra in Ucraina”. L’unico limite alle azioni del Cremlino, dice Nevzlin, è “la forza dei Paesi della Nato”. Ciò rende il piano del Ministero della Difesa russo, anche se non è più su un sito web del Governo russo, qualcosa che l’Occidente non può permettersi di ignorare per timore che ciò che alcuni considerano una questione minore si trasformi in una conflagrazione più ampia.
(*) Docente universitario di Diritto internazionale e normative sulla sicurezza
di Renato Caputo (*)