giovedì 23 maggio 2024
Secondo Shirin Ebadi, “l’Iran è un barile pieno di polvere da sparo che può esplodere in qualsiasi momento”. Lo afferma, in un’intervista alla Stampa, la premio Nobel per la pace iraniana, in esilio dal 2009, parlando della situazione interna a Teheran. “Il conflitto – sottolinea – c’è eccome e contrappone gli anziani come Ali Khamenei ai più giovani. Ma le divergenze tra loro non hanno nulla a che fare con l’ideologia, è solo una guerra di posizione per guadagnare potere politico. Tutto è apparentemente fermo”. Ebadi spiega che per lei dopo la morte di Ebrahim Raisi non succederà nulla: “Si vota il 29 giugno ma non c’è alcun cambiamento all’orizzonte, tutti i poteri sono concentrati nelle mani di Khamenei”. Sulla possibilità che quello in cui è morto Raisi non sia stato un semplice incidente Ebadi è prudente: “Circolano molte voci e dubbi sul fatto che si sia trattato di una casualità di cui nessuno ha colpa, oppure che possa esserci qualcos’altro dietro. Si nominano i rivali del presidente come possibile fattore interno e si dice forse Israele, dall’esterno. Ma non c’è nulla di certo e preferisco non pronunciarmi perché le speculazioni e le indiscrezioni sono tante. Alla fine, tutto sarà chiaro”. Intanto, “la rivoluzione donna, vita, libertà ha dovuto cambiare modo di combattere a causa della pesante repressione del regime, il movimento è passato alla clandestinità. La tattica è adesso quella di sfruttare ogni occasione per esprimere il proprio dissenso e la propria opposizione. L’ultima di queste opportunità è stata la morte del presidente. Manifestando una felicità incontenibile per l’incidente, gli iraniani hanno ripetuto ancora una volta: Non vogliamo questo regime”.
Frattanto, dopo Tabriz, Qom e Teheran e tre giorni di cordoglio nazionale il feretro del defunto presidente Ebrahim Raisi arriverà oggi a Mashad (nord-est del Paese) sua città natale e seconda città santa dell’Iran per la sepoltura. Fedeli e dignitari arriveranno con treni speciali da Teheran fino al Santuario dell’Imam Reza, dove è sepolto l’ottavo imam dell’Islam sciita. È la prima volta che un leader politico viene sepolto nel santuario simbolo di grande onore per i religiosi. Insieme a lui nella lunga marcia di commiato lungo la Repubblica islamica sciita anche gli otto componenti che erano a bordo dell’elicottero caduto domenica scorsa al confine con l’Azerbaijan a causa di “un guasto tecnico” durante una bufera, ma in circostanze ancora poco chiare. Per questo Teheran ha aperto un’inchiesta. Migliaia di persone in lutto hanno scortato il carro su cui viaggia il presidente lungo il viale principale a Birjand, nella provincia del Sud Khorasan a est. Bandiere rosse di Hussein e quelle della Repubblica sciita accompagnano il corteo funebre. Diversa la sepoltura del ministro degli Esteri Amir-Abdollahian che sarà trasferito al santuario di Shah Abdol-Azim Hasani, a sud di Teheran. La parabola esistenziale e politica del controverso presidente ultra-conservatore considerato colui che ha ordinato più volte il pugno duro della repressione a suon di condanne a morte di migliaia di oppositori e dissidenti, si chiude con il commiato che si dedica ai martiri.
di Ugo Elfer