venerdì 17 maggio 2024
Il presidente russo Vladimir Putin e il presidente cinese Xi Jinping hanno avuto un colloquio a Pechino. Dopodiché hanno firmato una dichiarazione congiunta sull’approfondimento delle relazioni di partenariato globale e di interazione strategica. Nei loro discorsi prima dell’inizio dei negoziati, sia Putin che il leader cinese hanno elogiato il livello delle relazioni tra i due Paesi. Putin ha definito la Cina il principale partner economico della Russia. La dichiarazione firmata, tra le altre cose, afferma che Cina e Russia “rilevano la necessità di fermare qualsiasi passo che contribuisca al prolungamento delle ostilità e all’ulteriore escalation del conflitto” in Ucraina e “chiedono di impedire la sua transizione verso una fase incontrollabile”. Che cosa ciò significhi non è chiaro. Si parla anche dell’importanza del dialogo come forma ottimale per risolvere la crisi ucraina”. Questo è stato il primo viaggio di Putin all’estero dopo il suo quinto insediamento come presidente della Russia.
La delegazione russa ai negoziati questa volta è a dir poco enorme, c’è la sensazione che tutta la squadra del Cremlino sia volata in Cina. Il programma della visita di Putin e della sua delegazione ha incluso viaggi a Pechino e Harbin, trattative con il presidente cinese Xi Jinping e il capo del governo Li Qiang, nonché la partecipazione a numerosi eventi dedicati alle relazioni russo-cinesi. L’assistente presidenziale russo Yuri Ushakov ha definito un punto significativo la partecipazione a tutti i negoziati di Andrei Belousov, il nuovo ministro della Difesa russo. Nella delegazione era presente l’ex ministro della Difesa Sergei Shoigu. In precedenza, il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov aveva affermato che durante l’incontro si sarebbe sicuramente discusso della guerra in Ucraina e delle possibilità di una soluzione pacifica. Dal 24 febbraio 2022, la Cina non ha mai condannato la Russia per l’invasione dell’Ucraina e non ha votato a favore delle pertinenti risoluzioni dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite.
La stabilità dell’economia russa, secondo l’opinione generale degli esperti, oggi dipende in modo critico dalla posizione di Pechino. La Cina, ovviamente, ha fornito alla Russia un notevole sostegno di fronte alle sanzioni occidentali, sia come fornitore, dalle automobili agli smartphone, sia come acquirente delle sue risorse energetiche. A marzo, sotto la minaccia delle sanzioni occidentali, le esportazioni cinesi verso la Russia sono tuttavia diminuite del 16 per cento rispetto allo stesso mese dell’anno scorso. Allo stesso tempo, la Cina non ha mai riconosciuto ufficialmente l’annessione della Crimea e successivamente delle regioni ucraine di Donetsk, Luhansk, Zaporozhzhia e Kherson, e ha anche chiarito al Cremlino che un suo eventuale utilizzo di armi nucleari nella guerra sarebbe considerato da Pechino “categoricamente inaccettabile”. Il 24 febbraio 2023, un anno dopo l’inizio dell’invasione russa, la Cina ha presentato il proprio piano per un cessate il fuoco tra Russia e Ucraina, che è stato accolto con grande scetticismo sia a Kyiv che in altri Paesi occidentali. In sostanza, si trattava di una serie di frasi standard comuni alla moderna diplomazia cinese: “Cessare il fuoco, avviare negoziati di pace, eliminare la crisi umanitaria e rispettare la sovranità di tutti i Paesi, in conformità con i principi della Carta delle Nazioni Unite”.
Tuttavia, Pechino in questo documento ha insistito sulla necessità di “abbandonare la mentalità della Guerra fredda” e ha chiesto la revoca delle sanzioni imposte dopo il 24 febbraio 2022 contro la Russia e gli alti funzionari e uomini d’affari russi e di dare al Cremlino “garanzie di sicurezza”. Ora Vladimir Putin, in un’intervista rilasciata alla principale agenzia di stampa cinese Xinhua alla vigilia del suo viaggio in Cina, ha affermato di sostenere fortemente il piano di Pechino: “Valutiamo positivamente gli approcci della Cina per risolvere la crisi ucraina. Pechino capisce molto bene le cause profonde e il significato geopolitico globale”. Occorre considerare che negoziati paritari con la Cina sono impossibili per definizione. Nonostante ciò, la Cina è sempre attenta a preservare l’immagine della parte con cui negozia e, naturalmente, durante la visita di Putin è stato sottolineato, ancora una volta, che si tratta di “negoziati tra due influenti potenze sovrane”. Ma Russia e Cina non sono paragonabili né in termini di peso economico né politico. Il Cremlino subisce una pressione senza precedenti in termini di sanzioni e quindi agisce nella posizione di subalternità nei confronti del “dragone”. Mosca in generale chiede un’efficace cooperazione commerciale ed economica.
In particolare, confida in un ulteriore aumento delle esportazioni di gas e petrolio russo verso la Cina. Ecco perché, di fatto, tutti i capi delle compagnie energetiche russe si sono recati a Pechino per negoziare. La Cina fornisce anche alcuni beni sanzionati alla Federazione Russa, ma non lo fa direttamente, ma attraverso i Paesi dell’Asia centrale, la Turchia, l’Arabia Saudita, gli Emirati Arabi Uniti e anche tramite Hong Kong. Ed è quasi impossibile per l’Occidente controllare l’intero processo quando avviene attraverso “strutture affiliate”. Cioè, c’è ancora spazio per la manipolazione da parte di Mosca e Pechino. Dopotutto, secondo varie fonti, fino al 97 per cento di ciò che la Cina invia alla Russia sono beni e attrezzature non fabbricati in Cina. Per i microcircuiti, chip e componenti prodotti in Occidente, per esempio, la Cina agisce come agente commerciale; quindi, sarebbe opportuno implementare i controlli sui produttori. D’altro canto, non si deve sopravvalutare l’influenza di Xi su Putin. La situazione in cui un domani Xi Jinping dice a Vladimir Putin: “Vladimir, torna in te, cosa stai facendo?” è del tutto irrealistica. Questo certamente non accadrà. Putin e Xi sono amici come e più di prima. Con agende non coincidenti, ma con la volontà di continuare a farsi favori, senza mai pestarsi i piedi. È così che appaiono, a due anni e tre mesi dall’inizio dell’invasione dell’Ucraina. E proprio su Kyiv continua la loro pantomima, quando invocano la pace per una guerra di aggressione voluta da Mosca.
(*) Docente universitario di Diritto internazionale e normative sulla sicurezza
di Renato Caputo (*)