giovedì 16 maggio 2024
Handlova è una città della Slovacchia – a 180 chilometri dalla capitale Bratislava – che parte del distretto di Prievidza, conosciuta per le sue due miniere di carbone. Siamo nella regione di Trencin. È mercoledì. Il primo ministro del Paese, Robert Fico, 59 anni, si avvicina a una transenna. Ci sono dei suoi sostenitori ad attenderlo. È da poco terminato, infatti, un incontro tra i membri del Governo organizzato alla Casa della Cultura. A quel punto, un uomo dice “Robo”. Poi gli spari, cinque. Tre di questi (uno all’addome, due al braccio) raggiungono Fico, che cade a terra. Le forze di sicurezza si fiondano sul presunto aggressore, che viene bloccato. E arrestato. In prima battuta gli investigatori non forniscono dettagli o conferme sull’identità dell’attentatore. Anche se i media slovacchi cominciano a fare dei nomi e cognomi. Ovvero, si tratterebbe di Juraj Cintula, 71 anni, pensionato, originario della cittadina di Levice, nel sud del Paese. A conti fatti, è il primo tentativo di omicidio di un politico di alto livello nella storia moderna della Slovacchia, separata dalla Repubblica ceca dal primo gennaio del 1993. Come riportato da Marzika Tv, Cintula viene accusato di omicidio premeditato per vendetta: ora si trova in una cella della polizia presso l’Agenzia nazionale criminale di Nitra.
Robert Fico – intanto – viene sottoposto a un intervento chirurgico. Il ministro della Difesa, Robert Kalinak, afferma che le condizioni sono stabilizzate ma restano ancora gravi. In più, parla di “aggressione politica. È assolutamente chiaro e dobbiamo reagire a questo”. Il politologo slovacco Jozef Lenc – dell’Università di Trnava – all’Ansa osserva: “La società slovacca e la politica sono sotto shock. Quello che è accaduto una tragedia personale del premier Robert Fico, della sua famiglia, ma anche una tragedia della nostra società e della democrazia. È quasi incredibile – prosegue – che sia potuta accadere una cosa del genere”. Dopotutto, come evidenziato dallo stesso Lenc, pochi giorni prima è lo stesso Fico a mettere in guardia da possibili attacchi ai politici.
La presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, interviene su quanto avvenuto: “Ho appreso con profondo sconcerto la notizia del vile attentato al primo ministro slovacco Robert Fico. Tutti i miei pensieri sono per lui, la sua famiglia e l’amico popolo slovacco. Anche a nome del Governo italiano desidero esprimere la più ferma condanna di ogni forma di violenza e attacco ai principi cardine della democrazia e delle libertà”.
Così Ursula von der Leyen, presidente della Commissione europea, su X scrive: “Condanno fermamente il vile attacco al primo ministro Robert Fico. Tali atti di violenza non trovano posto nella nostra società e minano la democrazia, il nostro bene comune più prezioso. I miei pensieri vanno al Primo Ministro Fico e alla sua famiglia”. Mentre il segretario della Nato, Jens Stoltenberg, rivela: “Sono scioccato e inorridito dalla sparatoria contro il primo ministro Robert Fico. Gli auguro la forza per una pronta guarigione. I miei pensieri vanno a Robert Fico, ai suoi cari e al popolo slovacco”.
Nicola Procaccini, co-Capogruppo Ecr al Parlamento europeo e candidato alle Europee per Fratelli d’Italia, a 24 Mattino su Radio 24 interviene sull’attentato al premier slovacco: “A me ha sconvolto un po’, perché ho conosciuto Fico e un po’ perché non posso non vedere alcune inquietanti similitudini con l’Italia più che con altre nazioni. L’attentatore che ha sparato a bruciapelo al premier slovacco è un anziano militante del partito di opposizione che accusa Fico di instaurare un regime, d’imbavagliare i giudici, di occupare la televisione pubblica e quindi questo lo giustifica nel prendere una pistola e sparargli contro. Sono cose – continua – che abbiamo sentito anche in Italia. C’è un regime ormai in cui viviamo in cui i giudici vengono imbavagliati, in cui la televisione pubblica diventa Telemeloni. Il rischio è che, ovviamente non sarà, non saranno i leader di partito a mettersi a sparare uno con l’altro, il rischio è che tra le militanze possa qualcuno davvero pensare che sia il caso di usare la violenza per fermare l’instaurazione di un regime antidemocratico e che poi la violenza cominci a camminare con le proprie gambe. Per questo, chiedo a tutti di fare una campagna elettorale, come in ogni nostra campagna elettorale, senza ogni volta, pensare che siamo sull’orlo del baratro”.
E ancora: “Temo che si generi una violenza politica nel momento in cui si giustifica in qualche modo la violenza e questo sta capitando in Italia. Sta capitando ogni volta con pseudo pacifisti, come l’attentatore di Fico, che non avrà una storia politica lineare, ma quello che mi spaventa di più è la giustificazione della violenza. Capita troppo spesso di vedere manifestazioni con persone violente che finiscono a scontrarsi con la polizia. Queste persone vengono poi giustificate dicendo vabbè ma sono ragazzi, ecco questa cosa a me preoccupa anche su un piano umano, onestamente. Addirittura, sono stati candidati delle figure che dicono che è giusto pestare chi la pensa diversamente da te e che hanno una opinione politica diversa e mi riferisco a Christian Raimo candidato alle Europee con Alleanza Verdi-Sinistra, ma anche alla stessa Ilaria Salis che è stata condannata più volte per atti di violenza. Secondo me – avverte – questa è una situazione che dobbiamo in qualche modo fermare, dobbiamo far comprendere che la campagna elettorale si può fare tranquillamente esprimendo il proprio punto di vista e il proprio programma politico, senza però accusare l’altro di istaurare un regime antidemocratico”.
Infine, la postilla: “Christian Raimo ha detto che lui insegna ai suoi studenti che è giusto menare chi la pensa diversamente da lui, perché in qualche modo ci sono alcune opinioni politiche che giustificano la violenza. Questa cosa passa anche nel momento in cui si giustificano certe manifestazioni violente che vanno stigmatizzate. Punto, non vanno giustificate. Così iniziano le cose e poi non sa più dove finiscono. Per cui calma – termina – ognuno esponga il suo programma politico con calma e serenità, perché fortunatamente in Italia non ci sono rischi di derive antidemocratiche”.
di Claudio Bellumori