Tunisia: complotti e massoneria contro il presidente Saïed

giovedì 2 maggio 2024


La Tunisia il 23 ottobre dovrebbe andare alle urne, il condizionale è obbligatorio, per le elezioni. Il presidente golpista Kaïs Saïed, che il 25 luglio 2021 ha assunto i pieni poteri congelando le prerogative parlamentari, e che in questi tre anni ha eliminato, in vario modo, ogni forma di opposizione, si trova ad affrontare una partita politica complessa, con il supporto di una crescente repressione, ma nel quadro di un regime autoritario decisamente in declino.

In questo lasso di tempo Saïed, tramite la “sua Giustizia”, ha incriminato chiunque fosse ritenuto lontano dalla linea governativa: di recente quaranta persone sono state accusate di volere minare la sicurezza dello Stato a causa dei loro rapporti “segreti” con numerosi diplomatici e “losche” organizzazioni straniere. Così, il giudice istruttore incaricato ha avviato un procedimento giudiziario verso i sospettati, dichiarando di possedere un adeguato dossier con sufficienti prove a loro carico. L’inchiesta durata quattordici mesi, e conclusa il 12 aprile, è stata incentrata sui reati commessi dai capi di una opposizione sempre più martoriata, composta da attivisti umanitari, giornalisti, avvocati, uomini d’affari, gruppi di imprenditori, e da ex membri dei servizi segreti e della sicurezza. Reati addebitati anche a personaggi noti, come il giornalista e filosofo francese Bernard-Henri Lévy, accusato di tramare con l’affarista tunisino Kamel Eltaïef, poi arrestato, con il fine di boicottare il commercio di fosfato in Tunisia a vantaggio di altri paesi dell’area; l’accusa va al Marocco ma senza citarlo chiaramente. Inoltre, Lévy è dichiarato essere un membro dei servizi segreti israeliani, il Mossad.

Secondo il presidente tunisino tra i complottisti si annoverano anche Marcus Cornaro, capo delegazione dell’Unione europea in Tunisia, l’ex ambasciatore francese a Tunisi, André Parant e non specificati addetti diplomatici italiani, spagnoli, tedeschi, statunitensi, britannici e argentini. Insomma, chiunque sia presente in Tunisia – e che abbia un respiro internazionale – secondo Saïed è o un cospiratore o un complottista. Quindi una minaccia per la sicurezza nazionale.

I media tunisini rivelano che la questione della “trama” ha preso avvio nel gennaio 2023; e come in un romanzo di spionaggio di basso livello, sono stati fatti spuntare informatori e testimoni, avvolti nell’anonimato, che hanno permesso la stesura di un dossier di nomi verso i quali sono iniziate le indagini. Le accuse verso questi ipotetici sovvertitori sono di avere avuto rapporti segreti in Tunisia e in Europa, con complottisti internazionali, con lo scopo di deporre il regime dell’autocrate Saïed. Così, già a febbraio 2023 le forze di sicurezza hanno arrestato diversi membri del Fronte di Salvezza Nazionale, coalizione di opposizione al Governo. Poi è stato messo ai “ferri” Khayam Turki, attivista “democratico”. In più, è stata accusata di spionaggio a favore di Parigi l’attivista femminista Bochra Belhaj Hmida, in esilio ed ex presidente dell’Associazione tunisina delle donne democratiche. Peraltro, l’accusa a Hmida scaturisce dal riconoscimento avuto dalla Francia in quanto insignita, a febbraio 2022, del titolo di Cavaliere della Legione d’Onore. Secondo gli “inquisitori tunisini” il riconoscimento è stato dato per il lavoro svolto come spia dei servizi segreti francesi. È stato arrestato anche Abdelhamid Jelassi, ex capo del partito islamo-conservatore. Per farla breve, “l’efficientissimo” servizio di sicurezza tunisino ha agito immediatamente, facendo passare solo alcuni giorni dal momento dall’accusa, anonima, di cospirazione al momento del fermo.

Successivamente, per alcuni è stato mantenuto l’arresto, per altri la custodia cautelare in attesa del processo, per gli stranieri il marchio di “spie sovversive”, quindi non graditi. L’aspetto scenografico più significativo è stato l’arresto avvenuto quasi in contemporanea di molti accusati, fatto che ha disegnato la scena come se i vari pseudo “attori criminali” fossero legati da una rete quando, in realtà, tra loro non vi erano legami particolari, salvo l’ovvia conoscenza. Almeno così sembra!

Ma come in tutti i palcoscenici dove incombe una cospirazione, il regista Saïed ha messo in scena anche la massoneria marocchina. Ricordo che l’ex sovrano Hassan II (1929-1999) apparteneva alla massoneria con radici francesi, un’eredità culturale trasmessa al figlio, l’attuale re Mohammed VI. Probabilmente, le varie riforme che riguardano il Diritto di famiglia, come la Mudawwana, sono anche il frutto della cultura laico/massonica della monarchia marocchina. In questo contesto, la figura di Bernard-Henri Lévy assume un ulteriore valore, in quanto è accusato dalla “giustizia tunisina” di essere massone e di avere propagandato, attraverso organizzazioni filantropiche e soggetti tunisini presenti negli elenchi degli indagati, l’ideologia massonica. Inoltre, “all’agente” del Mossad Lévy vengono addebitate azioni diplomatiche per la normalizzazione dei rapporti tra Tunisia e Israele. La realtà è che Saïed ha costruito un fascicolo, basato su informatori e spioni anonimi, da utilizzare come strumento di repressione politica. Gli sviluppi delle indagini, che in questi quindici mesi hanno tracciato un disegno cospiratorio che va dal complottismo all’influenza massonica, non hanno aggiunto nulla alle accuse iniziali, elaborando tuttavia un testo sacro per la giustizia tunisina.

Tutto è segno del fallimento politico di Saïed. A dimostrazione c’è anche la censura esercitata sui media tunisini, che avvertiti il 23 aprile da Hanene Gueddes, rappresentante della divisione giudiziaria antiterrorismo, non potranno relazionare sul caso di cospirazione contro la sicurezza dello Stato fino alla pubblicazione della sentenza prevista per i primi di maggio. I giornalisti trasgressivi saranno puniti penalmente. Comunque, tra massoneria e complotti, Kaïs Saïed sta realizzando quello che nemmeno i suoi noti predecessori, Zine El-Abidine Ben Ali (1936-2019) e il massone Habib Bourghiba (1903-2000), nei loro peggiori momenti sono stati in grado di fare.


di Fabio Marco Fabbri