giovedì 28 marzo 2024
Qual è la nuova Mecca di tutti i diseredati del mondo? Risposta facile: l’insieme dei Paesi occidentali ricchi, pacifici e ordinati, divenuti gli attrattori mondiali di tutti i flussi di migranti non autorizzati. Con questi ultimi che utilizzano come grimaldello normativo la Convenzione internazionale di Ginevra sui rifugiati, per forzare i confini internazionali dell’Unione europea e degli Stati Uniti. Del resto, se il reddito medio della Ue è di ben 12 volte superiore a quello dell’Africa Sub-Sahariana, c’è poco o nulla da fare per tenere lontane le aspirazioni di centinaia di milioni di “have-not” di tutto il mondo a migliorare la propria condizione economica. A meno di utilizzare le cannoniere e i respingimenti sistematici, per scoraggiare le varie ondate migratorie illegali. Se nulla accadrà nei prossimi anni, per venire a capo degli imponenti flussi migratori di profughi economici alle frontiere dell’Unione e degli States, si può stare sicuri che vincerà la spinta populista a disapplicare la Convenzione di Ginevra, blindando sempre di più le frontiere. Tuttavia, tutto ciò non sarà sufficiente, dato che occorrerà pur trovare una risposta al fabbisogno inevaso di manodopera generica nei Paesi europei. Qui da noi, infatti, nel solo decennio 2011-2021, la popolazione in età di lavoro è diminuita di cinque milioni di unità, a causa del progressivo invecchiamento delle comunità autoctone. Tale fenomeno è meno severo in America, ma è molto più sentito rispetto a noi in Giappone e Corea del Sud, a causa del costante declino del relativo tasso nazionale di natalità.
Cosicché imprese e aziende occidentali, maggiormente colpite dalla forte penuria di manodopera, chiedono con insistenza ai loro governi misure adeguate per favorire l’immigrazione regolare, aumentando significativamente i visti per motivi di lavoro. Questa politica di apertura necessita, tuttavia, di imporre (per una banale disciplina compensatoria) un freno alle richieste infondate di asilo politico e di abuso della Convenzione da parte dei migranti irregolari. Facendo, ad esempio, un discorso chiaro ai loro Paesi di provenienza: “Voi vi riprendete coloro che non hanno diritto all’asilo, e noi opereremo delle compensazioni, aumentando le quote di vostri connazionali per la concessione di ingressi regolari”. Quindi, l’unico modo di scoraggiare le false richieste di asilo è quello di processarle il più rapidamente possibile, rendendo concreta l’espulsione dal territorio nazionale di coloro che non ne hanno diritto. E, poiché non sta scritto da nessuna parte che l’esame delle domande debba avvenire all’interno dei confini del Paese di accoglienza, è lecito pensare che il procedimento possa essere svolto e completato anche in luoghi, per così dire, “off-shore” (vedi l’Albania). Il problema è farlo senza incorrere in un contenzioso presso le istituzioni della giustizia internazionale, a seguito della denuncia delle organizzazioni umanitarie per violazione dei diritti umani dei richiedenti asilo.
Occorre quindi pensare a un ventaglio di politiche sull’asilo che vadano dall’aiuto a Paesi come Colombia, Pakistan e Turchia che ospitano il maggiore numero di rifugiati, alle compensazioni economiche a beneficio dei Paesi “esportatori netti” di migranti irregolari, affinché accettino di riprendersi i loro cittadini irregolarmente espatriati. Un modo di farlo, in questo senso, è la creazione di un doppio binario, per cui ai flussi rientranti di irregolari se ne associno proporzionalmente altrettanti di uscenti “regolari”, destinatari di un permesso di soggiorno per lavori stagionali, o a tempo indeterminato, compresa la concessione di un adeguato numero di borse di studio agli studenti stranieri meritevoli. A beneficiare di questa immigrazione regolare “compensativa” sarebbero i settori in maggiore sofferenza qui in Europa, per scarsità di manodopera, come l’edilizia, i servizi turistico alberghieri e quelli destinati (come colf e badanti) al sostengo domestico delle famiglie. Contestualmente, occorre procedere all’adozione di misure penali comuni per stroncare il traffico di esseri umani, trattando i trafficanti alla stregua dei terroristi, come si propone di fare, una volta vinte le elezioni, il leader dei laburisti inglesi, sir Keir Starmer, mettendo sotto sequestro i beni illegalmente acquisiti dai criminali e limitandone la libertà di movimento. Anche se lo stesso Starmer, contraddicendosi, è contrario alla proposta dei Conservatori di interdire la presentazione della domanda d’asilo ai migranti irregolari che attraversano la Manica.
E poiché, ovviamente, le politiche criminali che coinvolgono i traffici di esseri umani sono inter-frontaliere, è chiaro che anche per la sovranissima Inghilterra si pone il problema di trovare un’intesa con il Continente, per affrontare il problema legislativo di una normativa europea che preveda misure stringenti comuni per tutti i sottoscrittori degli accordi. In pratica, occorre impedire ai trafficanti di approfittare delle “maglie larghe” dovute ai così detti “differenziali” normativi, che contraddistinguono i vari sistemi penali dei Paesi Ue. L’Unione fa la forza, diciamo così.
di Maurizio Guaitoli