giovedì 7 marzo 2024
Svelati i nomi di alcuni collaborazionisti
Nel 1922, il vicepresidente della Direzione politica statale (Gpu) Joseph Unschlikht suggerì a Stalin di creare un ufficio di disinformazione per ingannare il nemico. Fu creato, ma non ebbe particolare successo e cessò di esistere nel 1927. Tuttavia, come sappiamo l’Unione Sovietica prima e la Russia poi hanno fatto della disinformazione un potente strumento per destabilizzare e manipolare le percezioni del pubblico a livello globale. Lunedì 4 marzo Jack Teixeira, accusato di aver fatto trapelare documenti riservati del Pentagono, è comparso in tribunale per la seconda volta. È stato arrestato nell’aprile dello scorso anno. Nella prima udienza di era proclamato innocente e la Corte aveva disposto che rimanesse in custodia. Teixeira si è ora dichiarato colpevole, ottenendo una riduzione della pena, con una condanna a 16 anni. Jack Teixeira ha 22 anni.
Era un soldato di prima classe dell’unità di intelligence della Guardia nazionale aerea del Massachusetts e aveva accesso a un database top secret. È stato arrestato dopo che il 5 aprile 2023 le fotografie di alcuni documenti relativi alla guerra in Ucraina erano apparse sulla rete X (ex Twitter) in un account chiamato “Donbass Devushka”, e da lì sono state distribuite sui canali Telegram russi. Successivamente si è scoperto che Teixeira pubblicava documenti dall’ottobre 2022, ma che gli stessi circolavano solo nella comunità di gioco online a cui apparteneva. Subito dopo l’arresto di Teixeira, gli agenti dell’Fbi hanno fatto visita anche alla “ragazza del Donbass”, l’amministratrice di canali e account con quel nome. Si è scoperto che si trattava della 38enne Sarah Beals, ex militare, specialista di avionica e tecnico della Marina di 2a classe.
Ha pubblicato i suoi materiali pro-Cremlino su tutte le principali piattaforme, incluso un podcast su YouTube. Beals ha finto di essere originaria di Luhansk, emigrata negli Stati Uniti da bambina, e ha affermato di aver visitato il Donbass nel 2014, ma i documenti non lo confermano. In un’intervista al Wall Street Journal, Beals ha affermato che il team del progetto “Donbass Devushka” è composto da 15 persone e che non è stata lei a pubblicare i documenti del Pentagono, ma un altro autore. Poi, nell’aprile dello scorso anno, ha rilasciato un’intervista alla giornalista russa Margarita Simonyan, del canale statale Rt. È stata pubblicata con il patetico titolo “La verità è la nostra arma più potente”. La Beals afferma in questa intervista che nessuno dei membri del suo team è stato coinvolto nella fuga di notizie e che non ha violato alcuna legge statunitense. Questo è vero: il portatore del segreto è responsabile della fuga di notizie, ma non l’editore. A quanto pare la giustizia americana non ha nulla da ridire contro di lei. Già nel luglio dello scorso anno ha ripreso le sue attività sotto un nuovo nome: Dd Geopolitics. A novembre, Beals ha partecipato a un talk show di Rt. Tra gli ultimi materiali nel suo canale possiamo citare l’intervista di Vladimir Solovyov a Bashar al-Assad, un estratto del discorso del presidente iraniano Ibrahim Raisi sulle atrocità del “regime sionista” a Gaza e un reportage sul discorso di Hugo Chávez. Il numero dei follower della Beals su X ammonta ora a circa 215mila persone.
Ci sono molti sostenitori di Putin nel mondo. Lo scorso febbraio la multinazionale Logically, con sede nel Regno Unito, specializzata nel riconoscimento e nello studio della disinformazione, e dell’utilizzo fraudolento dell’intelligenza artificiale, ha pubblicato un’indagine sulle attività del belga Luc Michel. In gioventù lavorò come segretario personale del politico Jean-François Thiriart, che si definiva un “nazionalbolscevico” e predicava la creazione di un “impero euro-sovietico”. Luc Michel oggi, a modo suo, sta realizzando quel progetto. La sua risorsa informativa si chiama Russosphère. Su tutte le piattaforme possibili, promuove una Russia amante della pace che si prodiga ad aiutare le popolazioni dell’Africa francofona e la contrappone agli avidi e crudeli colonialisti. In un’intervista alla Bbc si è autodefinito stalinista.
A differenza della “ragazza del Donbass”, ha più volte visitato la Russia e i territori ucraini occupati e non nasconde affatto i suoi legami con l’establishment filogovernativo. Oltre a gestire le sue risorse Internet, Michel ha creato e dirige il cosiddetto “Osservatorio eurasiatico per la democrazia e le elezioni (Eode)”. In questa veste, ha “osservato” le elezioni e i referendum in Russia, Abkhazia, Transnistria, Crimea e nelle autoproclamate repubbliche dell’Ucraina orientale e, ovviamente, ne ha riconosciuto la legittimità. Insieme ad un attivista di nome Ramzu Yunus, fondò anche l’Organizzazione per la pace del Nord Atlantico (Napo). Ramzu Yunus parla del suo viaggio in Russia, dove gli sarebbero stati promessi aiuti finanziari per sostenere gli afroamericani nella lotta per l’indipendenza.
Recentemente Ramzu Younis si è interessato ai movimenti separatisti negli Stati Uniti. A questo argomento è dedicata una nuova indagine di Logically. In effetti, i movimenti da lui promossi esistono principalmente nell’immaginazione di Younis. Lui stesso chiede “l’autodeterminazione” delle zone dove la maggioranza della popolazione è afroamericana. Nel 2015 ha ideato la “Repubblica di Detroit” e ora sta promuovendo la stessa idea per Jackson, nel Mississippi. Luc Michel sul suo sito web “Human Rights Report” in 11 lingue, compreso il russo, elogia le iniziative di Yunus. Il titolo di uno degli articoli, Mississippi Burning, rievoca il titolo di un film sulla lotta degli afroamericani per i propri diritti negli Anni Sessanta. Un articolo su Detroit che viene definita la “Crimea di origine africana” e riferisce che “il Governo provvisorio della Repubblica di Detroit sta cercando rifugio presso il Governo russo”. Non ci sono pubblicità o annunci sul crowdfunding sul sito, ciò nonostante sembra realizzato in modo abbastanza professionale. Questi sono solo alcuni dei tanti “assistenti volontari” della propaganda del Cremlino. Nel 2024 si terranno elezioni in 76 Paesi, pari alla metà della popolazione mondiale. Mai come ora è stato così facile interferire con la volontà dei cittadini di un Paese straniero, seminando in esso discordia e confusione.
(*) Docente universitario di Diritto internazionale e normative sulla sicurezza
di Renato Caputo (*)