martedì 5 marzo 2024
Ci siamo accorti che il “loop” digitale mondiale è per noi come un cappio al collo per l’impiccato? Da dove iniziamo? Dalla Cina, perché è di fatto il più grande gigante informatico del mondo. Bisognava prevederlo venti anni fa che cosa ci sarebbe accaduto, ben sapendo che la figura del Grande Fratello (nel senso più moderno dello Stato di sorveglianza, in cui tutti i cittadini sono spiati giorno e notte) è la pietra angolare dell’edificio ideologico e massimalista in cui poggia ogni entità totalitaria e “ubiquitaria”, come il Pcc (Partito comunista cinese). Praticamente, l’ambizione dei totalitarismi autocratici e, soprattutto della Cina di Xi Jinping, è di costruire all’interno del loro territorio una onnipresente Ovra, dove centinaia di milioni di telecamere e immensi Big Data analizzano senza sosta, attraverso i loro algoritmi e l’Ai evolutiva, tutta l’informazione contenuta nel web. E poiché l’ossessione securitaria del Pcc riguarda sia l’interno che l’esterno, per la Cina è di vitale importanza spiare anche i cittadini del più grande Stato nemico, gli Usa, e l’Occidente più in generale. Così, di recente, ai tanti guai che già lo affliggono a causa delle crisi mondiali, Joe Biden ha dovuto di recente aggiungere un’altra preoccupazione: le automobili “intelligenti” made in China, dotate di soft-hard evoluti, in grado di sfruttare le reti satellitari di comunicazione. Perché non solo le auto gialle stanno inondando i mercati mondiali e quelli americani in generale, soprattutto nel settore “Ev” (Electric vehicle), a causa del dumping derivante dall’eccesso di capacità produttiva degli impianti cinesi, ma funzionano in pratica come se fossero (parola di Joe Biden) dei “cellulari su ruote”, perennemente connessi alla rete, potendo funzionare anche da fermi grazie alle batterie dell’auto.
Quelle auto “intelligenti”, quindi, grazie alle loro telecamere e alle comunicazioni satellitari, sono in grado di trasmettere allo Stato di sorveglianza cinese interi Big Data, contenenti informazioni sulla vita, su comportamenti, opinioni e dati sensibili di milioni di cittadini americani! Da qui nasce pertanto la questione della “sicurezza nazionale” che riguarda la penetrazione dell’auto gialla sul mercato automobilistico americano. I furbissimi cinesi hanno da tempo capito l’antifona, proibendo alle iperconnesse Tesla di Elon Musk, fabbricate in Cina a Shanghai, di parcheggiarsi nei pressi di luoghi e siti sensibili (uffici governativi, presidi militari, e così via). Anche Joe Biden, come il suo predecessore, si è visto costretto, per evidenti motivi di sicurezza nazionale e di crescenti tensioni geopolitiche con Pechino, a inasprire l’embargo sull’esportazione di tecnologie avanzate americane verso la Cina, in settori di vitale importanza come l’intelligenza artificiale e i computer quantistici. Senza per questo dimenticare l’analoga ossessione securitaria di Vladimir Putin e di quello che il New York Times (Nyt) definisce il suo “momento Sputnik”. Ovvero, il possesso da parte russa di un’arma spaziale nucleare anti-satellite, in violazione del Trattato del 1967 sullo spazio extra-atmosfera. Se fosse vero, la Russia godrebbe per l’appunto di un altro momento Sputnik che le garantirebbe qualche anno di vantaggio sulla tecnologia spaziale occidentale.
Per capire l’entità dei danni epocali che verrebbero causati dalla caduta contemporanea della copertura satellitare in materia di comunicazioni, trasporti aerei, transazioni bancarie e commerciali, per non parlare degli usi militari, si cita la cifra di 550 miliardi di dollari che rende ogni anno a tutto il mondo l’economia spaziale globale. Già nel lontano 1962 gli americani sperimentarono gli effetti di un’esplosione nucleare da 1,4 megatoni a 400 chilometri di altezza, con una testata trasportata da un missile Thor. L’esplosione creò una fortissima perturbazione elettromagnetica che si diffuse in tutta l’atmosfera, disturbando le comunicazioni elettroniche a terra in un raggio di centinaia di miglia rispetto alla verticale dell’esplosione. In quell’occasione, anche le comunicazioni radio dei voli civili e le linee elettriche subirono gravi interferenze nel loro funzionamento. Oggi, però, l’aggressività di Mosca si spinge ben oltre la violazione del Trattato del 1967, dato che – secondo l’intelligence Usa – la Russia starebbe progettando il dispiegamento di armi nucleari su satelliti in orbita, in grado di esplodere a comando, in un punto preciso dello spazio e al momento scelto dal Cremlino. Ma, ciò che non è strategicamente chiaro è come farebbe la Russia a sottrarre alla distruzione anche la sua rete di satelliti e quella del suo migliore alleato cinese, dato che una esplosione nucleare nell’alta atmosfera non fa sconti a nessuno e non può essere in alcun modo selettiva, considerato che ben 90 Paesi al momento hanno propri satelliti in orbita, comprese alcune stazioni spaziali internazionali, russe e cinesi.
Non sarebbe meglio per noi europei collaborare strettamente con l’intelligence Usa, per capire a che punto sia questo vantaggio temporaneo russo definito “momento Sputnik”?
di Maurizio Guaitoli