Turchia, stretta di Erdogan contro i Fratelli musulmani

lunedì 26 febbraio 2024


Negli ultimi tre anni, Recep Tayyip Erdogan ha gradualmente preso le distanze dalla Fratellanza Musulmana, da cui proviene, per abbracciare sempre più lo spirito kemalista. Questo cambiamento è stato influenzato anche dal sostegno dei suoi alleati ultranazionalisti del Partito del Movimento Nazionalista (il braccio politico dei Lupi grigi) che hanno ottenuto sorprendentemente un buon 10 per cento alle elezioni legislative.

In politica estera il cambio di passo di Erdogan con la Fratellanza musulmana ha portato il riavvicinamento con Arabia Saudita ed Egitto. Il che accade in un Medio Oriente che sta vivendo una nuova ondata di nazionalismo, con diverse nazioni che adottano politiche volte a rafforzare l’identità nazionale e l’autonomia regionale, politiche accomunate da alcuni tratti comuni: enfasi sull’identità nazionale, antioccidentalismo, autoritarismo e pragmatismo nelle relazioni internazionali.

In Turchia, il presidente Erdogan ha incontrato il principe ereditario saudita Mohammed bin Salman, sancendo l’inizio di una “nuova era” nelle relazioni tra i due Paesi. Questo evento può essere visto come un ulteriore segno dell’ascesa del nazionalismo in Medio Oriente, con la Turchia che cerca di rafforzare la sua posizione regionale e rivendicare un ruolo di leader nel mondo musulmano. L’incontro Erdogan-bin Salman rappresenta un riavvicinamento tra due potenze regionali che in passato avevano avuto posizioni contrastanti su diverse questioni. Tuttavia, è stato il legame di Erdogan con i Fratelli Musulmani e le sue ramificazioni a dare inizio alla rottura delle relazioni più di dieci anni fa, con l'inizio delle rivolte nel mondo arabo.

Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti ed Egitto vedevano il gruppo islamico panarabo
 come una minaccia, mentre Erdogan sperava di sfruttare il successo elettorale dei Fratelli Musulmani in Egitto nel 2011 e nel 2012 per eventualmente sostituire l’Arabia Saudita come leader de facto del mondo islamico sunnita. Ed ecco che la Turchia è diventata uno dei pochi rifugi sicuri nella regione per i Fratelli Musulmani. Soprattutto con l’arrivo del Governo in Egitto di Abdel Fattah al-Sisi: dopo aver deposto con un colpo di Stato il presidente legato alla Fratellanza Mohamed Morsi nel 2013, ha dichiarato fuorilegge i Fratelli musulmani, e ne ha arrestati centinaia.  

La normalizzazione delle relazioni tra la Turchia, Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti ed Egitto, è stata accompagnata da restrizioni al movimento e alla capacità operativa dei Fratelli Musulmani. La Turchia ha esercitato pressioni sui canali televisivi affiliati ai Fratelli Musulmani affinché riducessero la copertura critica del presidente egiziano e chiudessero almeno una delle loro reti. La visita di Erdogan a Jeddah l’anno scorso, è coincisa con la chiusura della rete televisiva satellitare della Fratellanza, chiamata Mekameleen, dopo otto anni di trasmissioni da Istanbul. Inoltre, la Turchia ha negato il rinnovo dei permessi di residenza ai membri o ai loro associati nel tentativo di incoraggiarli ad andarsene.

La scorsa settimana poi la Turchia ha ritirato la cittadinanza a Mahmoud Hussein, vice guida della Fratellanza Musulmana residente a Istanbul da dove supervisiona la gestione degli affari, delle aziende e degli investimenti dell’organizzazione. Le autorità turche non hanno fornito spiegazioni, lasciando Hussein sconcertato e senza passaporto, con ogni probabilità troverà rifugio in Malesia. La revoca ha innescato un esodo di molti membri della Fratellanza Musulmana dalla Turchia. Tra loro, giornalisti, membri del Movimento Hasm e accademici. Le autorità turche hanno persino negato la cittadinanza ad un altro membro del gruppo.

La mossa di Erdogan rappresenta un cambio di rotta significativo, dopo anni di sostegno ai Fratelli Musulmani. Una mossa che arriva dopo la storica visita del presidente turco in Egitto dello scorso 14 febbraio: è stato il primo viaggio del Sultano nella capitale egiziana dal 2012. La riconciliazione con l’Egitto, nemico giurato del gruppo, sembra aver avuto la priorità, mentre la tensione tra Ankara e la Fratellanza Musulmana è ormai evidente. La svolta di Erdogan potrebbe avere implicazioni significative per il futuro del gruppo in Turchia e nella regione.

La revoca della cittadinanza turca a Mahmoud Hussein, guida della Fratellanza Musulmana, ha portato alla luce un’organizzazione corrotta all’interno del gruppo, definita “mafiosa” da diversi giornali arabi. Secondo le fonti di Al Arabiya.net il figlio di un importante funzionario della Fratellanza, fuggito in Turchia dopo la rivoluzione del 2013, era a capo di questa mafia. Per 60mila dollari a persona, lui e i suoi complici, tra cui professionisti media e personale dell’associazione, fornivano cittadinanze a individui che non risiedevano nemmeno in Turchia. Oltre a questo giro di cittadinanze, l’associazione richiedeva anche “donazioni” in dollari per coprire le sue spese.

La revoca della cittadinanza di Hussein potrebbe essere solo l’inizio: altri leader potrebbero subire lo stesso destino per aver acquisito la cittadinanza con la “proprietà rotativa”, comprando e rivendendo proprietà a prezzi gonfiati. Nel 2022, il Governo turco ha adottato una legge che concede la cittadinanza in cambio di un investimento di 400mila dollari in immobili o depositi bancari. La proprietà non può essere venduta per tre anni e può essere ceduta solo ad altri cittadini turchi. La legge consentiva a decine di migliaia di arabi e stranieri di acquistare beni immobili. Ciò ha scatenato la rabbia dell’opposizione turca, che ha accusato il Governo di insultare il passaporto turco concedendolo in cambio di denaro per aumentare il numero di voti per il Partito Giustizia e Sviluppo al potere. Ad oltre 300mila siriani e a diversi leader della Fratellanza Musulmana provenienti dall’Egitto sono state concesse nazionalità eccezionali.

La legge è stata sfruttata da alcuni uffici e aziende che finalizzano le transazioni di cittadinanza per commettere violazioni e manipolare la vendita della cittadinanza. Lo scorso maggio, le pressioni dell’opposizione turca durante le elezioni presidenziali e parlamentari hanno spinto le autorità a rivedere le condizioni dei residenti e dei titolari della cittadinanza. Ma tale sistema non sarà più sfruttato, per ora, dai membri della Fratellanza musulmana.

Le implicazioni di questa scoperta sono numerose e potrebbe portare al ritiro della cittadinanza di altri leader della Fratellanza in Turchia. Innanzitutto, danneggia l’immagine della Fratellanza Musulmana, già indebolita dalla repressione di alcuni Paesi arabi. Inoltre, mette in luce la corruzione all’interno del gruppo, minando la sua credibilità all’interno della Umma islamica e mettendo in discussione il potere acquisito negli anni. La vicenda è ancora in corso e non è chiaro come si evolverà.

Tuttavia, è chiaro che la mafia della cittadinanza ha avuto un impatto significativo sulla Fratellanza Musulmana e sulla sua posizione in Turchia. Inoltre, la scoperta di questa organizzazione corrotta solleva dubbi sulla legittimità dei membri della Fratellanza che hanno ottenuto la cittadinanza turca attraverso mezzi illegali e mette in luce l’ipocrisia di un gruppo che si proclama paladino della giustizia e dell'uguaglianza. Questa vicenda potrebbe portare a un’epurazione interna della Fratellanza Musulmana, con l’estromissione dei membri coinvolti nella cosiddetta mafia: un’ombra sinistra sulla Fratellanza Musulmana (perlomeno la ramificazione egiziana), un lato oscuro di corruzione e avidità che ne mina la credibilità all’interno della Umma e ne mette in discussione il potere acquisito negli anni. Ma l’Idra non è morta, è all’angolo. Aspettiamoci dei colpi di coda.

(*) Tratto da La Nuova Bussola Quotidiana


di Souad Sbai (*)