mercoledì 21 febbraio 2024
Non è un Paese per vecchi… il titolo del film dei Fratelli Cohen mi viene in mente stranamente, in questo momento… e dico stranamente perché, proprio ora, gli States si stanno avviando ad una maratona elettorale estenuante, che, nel prossimo autunno, dovrà decidere il futuro inquilino della Casa Bianca. E i maggiori papabili sono due ottuagenari.
Ad onor del vero, Donald Trump di anni ne ha “solo” 77. Ed appare bello pimpante. Deciso e tosto. Nessun dubbio che la nomination repubblicana sarà sua. Nonostante i molti tentativi di frenarlo con cavilli e tranelli giudiziari. E se arriverà a ottobre con la nomination in tasca, viene dato per sicuro favorito da tutti i bookmakers. E allora ne vedremo delle belle. I problemi sono, piuttosto, sull’altro fronte. Quello dei Democratici. E sono problemi assai gravi.
Perché Joe Biden, il presidente uscente, di anni ne ha già ben 81. E portati alquanto male. Soprattutto per quanto riguarda la lucidità di mente. Che, ne converrete, per un uomo che ha, come si suol dire, il dito sul bottone che può scatenare una guerra nucleare, è problemino non da poco.
Le gaffe di Nonno Joe sono, ormai, all’ordine del giorno. Sempre più frequenti. Non si limita più a cadere per le scale (indice, per altro, di una condizione fisica certo non ottimale). Cosa che per un presidente americano conta, e parecchio. Vi ricordate Clinton ed anche Bush junior che si facevano quotidianamente filmare al mattino, mentre facevano jogging con gli uomini della scorta? Senza contare che, secondo uso, un candidato alla presidenza deve rendere pubbliche le sue analisi mediche ma, sull’attendibilità di quelle di Biden, vi sono sempre stati molti interrogativi. Come su tutta la vicenda della sua elezione.
Ma a preoccupare è il problema della lucidità mentale. Il nostro stringe la mano, in pubblico ad un “amichetto immaginario”. Gag più volte ripetuta, che evoca il ricordo di James Stewart col coniglio Harvey. Afferma di aver parlato da poco con il presidente francese Mitterrand. Il che ci fa sospettare di facoltà medianiche. Confonde nomi e Paesi. Al-Sisi, per lui, è il presidente del Messico. Non ha memoria lucida. È senescente. Per questo il magistrato che indagava su alcuni episodi poco limpidi della sua amministrazione, lo ha dichiarato non imputabile. Perché palesemente rimbambito, in parole povere.
Questo rimbambito, però, non passa il tempo giocando a bocce o andando a guardare i cantieri. Fa il presidente degli Stati Uniti d’America. Ed intende candidarsi per un secondo mandato. Grosso problema per i Democratici. Perché, per consolidata tradizione, un presidente uscente va sempre riproposto dal suo partito. A meno che…
Il vice, Kamala Harris, di origine indiana – e casta brahaminica – ma che ha sempre cercato di farsi passare per afro-americana per ragioni elettorali, non riesce più a trattenersi. E, con poca eleganza, ha già detto di essere pronta a sostituire Biden nella corsa con Trump. In fondo era questo il progetto di chi orchestrò l’elezione di Nonno Joe la volta scorsa. Sostituirlo a metà mandato con la Harris, perfettamente organica a ben determinati interessi finanziari.
Solo che l’ambiziosa Signora si è rivelata uno dei vice più scialbi, incompetenti e discutibili di tutta la storia di Washington. Troppo da raccontare per farlo qui. Comunque una candidatura perdente in partenza, secondo gli strateghi del Partito Democratico.
E così i Dems si trovano in ambasce. L’unico candidato credibile, e probabilmente vincente, sarebbe potuto essere il “giovane” Kennedy. Ma non piace all’establishment del partito. E, soprattutto, a chi tira i fili dietro le quinte. Così se ne è andato. E correrà da indipendente, con le ricadute nelle urne che è facile immaginare. A meno che non trovi uno, storico, accordo con Trump. Che cambierebbe il volto della politica americana. Cosa possibile. Le loro posizioni su guerra, Covid e altri dossier “caldi”, sono molto, ma davvero molte vicine.
E intanto Nonno Joe continua a parlare con coniglietti rosa e fantasmi. Mentre i destini degli States e le grandi scelte di politica internazionale vengono presi da altri. Che nessuno ha mai eletto. Cosa che dovrebbe portare a farci alcune domande sulla democrazia di quella che viene definita la più grande democrazia del mondo.
(*) Tratto da Il Nodo di Gordio ed ElectoMagazine
di Andrea Marcigliano (*)