lunedì 19 febbraio 2024
Le ambizioni regionali dell’Iran in Medio Oriente, dalla Siria al Libano fino allo Yemen, sono ben note. Ma Teheran sta ampliando la portata geografica del suo espansionismo anche nel Maghreb. L’Iran sta intensificando i suoi sforzi per estendere la sua influenza nella regione nordafricana e questa tendenza si manifesta in diversi settori.
In primo luogo, c’è un’attività diplomatica più intensa, con lo scopo di rafforzare le relazioni bilaterali attraverso scambi di visite ufficiali e accordi bilaterali. Inoltre, l’Iran potrebbe cercare di sostenere gruppi politici o movimenti che condividono interessi o ideologie simili, al fine di aumentare la sua influenza politica. Sul fronte economico, l’Iran punta ad ampliare la sua presenza attraverso investimenti, scambi commerciali e progetti infrastrutturali. Inoltre, Teheran promuove la propria influenza culturale e religiosa attraverso programmi educativi, scambi culturali e supporto a istituzioni culturali, mostrando un crescente interesse a essere presente nel Maghreb nel tentativo di diffondere il pensiero sciita nella regione abitata da una maggioranza musulmana sunnita, sponsorizzando l’immagine di difensore dell’Islam contro le potenze occidentali.
L’Iran cerca da anni di essere presente nella regione del Maghreb, e sta accelerando per approfondire le sue relazioni con i Paesi dell’Area puntando a convertire anche “le menti e i cuori” dei maghrebini della diaspora presenti soprattutto in Europa. Già negli anni Ottanta del secolo scorso, all’alba della Rivoluzione khomeinista, i Guardiani della Rivoluzione Islamica (Irgc) iniziano ad operare in Nord Africa, reclutando militanti di lingua francese per operazioni in Europa occidentale. L’obiettivo era di fare pressione sulla Francia per interrompere il sostegno militare all’Iraq nell’allora guerra contro l’Iran.
Le attività includono omicidi, rapimenti di cittadini occidentali e attentati suicidi. I reclutati provenivano principalmente da gruppi marxisti e nazionalisti arabi nel Nord Africa e nella diaspora europea, che si identificavano con gli ideali antioccidentali promossi dal regime iraniano, identificandosi con l’ideologia di Khomeini senza necessariamente convertirsi all’islam sciita. Nel corso degli anni l’Iran ha cercato di infiltrarsi in diversi Paesi del Nord Africa, dal regime di Gheddafi alle Primavere arabe: Teheran è impegnato a lavorare per creare basi organizzative e stabilire stazioni di sicurezza in diverse città arabe, soprattutto in Algeria, con la quale ha stretti rapporti, accordi commerciali e di sicurezza, investimenti finanziari e posizioni politiche comuni.
La città di Sidi Khaled, a sud dell’Algeria, è considerata un centro spirituale dello sciismo algerino. Riti settari venivano praticati ogni anno in alcune case e luoghi privati. Sono state create strutture organizzative per le prime fasi di penetrazione nella società algerina attraverso strumenti di penetrazione rivolti principalmente ai lavoratori delle istituzioni scientifiche, culturali e dei media, compresi insegnanti, uomini di scienza nelle università e negli istituti algerini e lavoratori nelle istituzioni dei media, giornali, riviste e centri di ricerca.
Nonostante la gravità della tendenza iraniana a penetrare nella società algerina l’alleanza con il regime iraniano ha fatto sì che il processo di sicurezza algerina chiudesse un occhio su movimenti, obiettivi e progetti degli iraniani volti ad estendere la libertà di movimento, tenere riunioni, praticare riti settari e fornire loro protezione. Inoltre, il Nord Africa è anche una piattaforma per il contrabbando di droga proveniente dal lato brasiliano dell’area dei tre confini – condivisa da Argentina, Brasile e Paraguay, dove Hezbollah, proxy dell’Iran, mantiene vari gradi di controllo – verso l’Europa.
Non dimentichiamo che nel 2018 è stato intercettato un massiccio carico di cocaina proveniente dal Brasile, arrivato in Algeria e destinato alla Spagna. I narcotrafficanti godevano dell’appoggio di un’ampia rete di agenti di sicurezza di alto rango, politici, governatori e giudici che collaboravano con i trafficanti. Il legame tra bande di contrabbandieri, terroristi islamici del Fronte Islamico di Salvezza e Iran è stato scoperto dai servizi di sicurezza algerini alla fine degli Anni Novanta, e l’ex presidente Lamine Zeroual ne ha parlato quando l’Algeria ha interrotto le sue relazioni diplomatiche con l’Iran.
Relazioni che invece oggi sono stabili e salde, come ha dichiarato lo scorso gennaio il ministro degli Affari esteri iraniano Hossein Amir-Abdollahian quando ha ospitato Moussa Kharfi, vicepresidente del Parlamento algerino e capo del Gruppo parlamentare di amicizia algerino-iraniano: “Nella nostra politica estera, attribuiamo grande importanza e priorità allo sviluppo delle relazioni con le nazioni africane, in particolare l’Algeria, e la Repubblica islamica dell’Iran considera il prossimo vertice dell’Opec (Organizzazione dei Paesi Esportatori di Petrolio) in Algeria un evento importante e parteciperà attivamente in esso”.
Uno degli obiettivi della politica iraniana nelle capitali arabe del Nord Africa è lavorare intensamente per sostenere Hezbollah del Maghreb ed espanderne la diffusione negli ambienti sociali, soprattutto nel segmento giovanile, come fase preliminare per la creazione di milizie e fazioni armate che giurino fedeltà alla Guardia Rivoluzionaria. Prendiamo il caso Fronte Polisario (Fronte Popolare di Liberazione di Saguia el Hamra e Río de Oro), il movimento politico e militare che combatte per l’indipendenza del Sahara Occidentale dal Marocco, con sede nei campi profughi di Tindouf, nel sud dell’Algeria.
Il 1° maggio 2018 il Marocco ha chiuso l’ambasciata iraniana a Rabat in risposta a ciò che il Ministero degli Affari esteri marocchino considerava “fornire sostegno militare al Fronte Polisario e formare un’alleanza mirata alla sicurezza del Marocco e ai suoi interessi supremi”. Già nel 2009, il Marocco chiuse l’ambasciata iraniana a Rabat a causa di ciò che percepiva come una minaccia da parte dell’Iran alla “sicurezza spirituale del Marocco”, accusandolo di lavorare per diffondere lo sciismo tra i marocchini.
Da allora, le autorità hanno avuto la tendenza a limitare ulteriormente le attività degli sciiti con la giustificazione che rappresentano una minaccia alla “sicurezza spirituale” dei marocchini. Mentre nel 2018 il ministro degli Affari esteri marocchino Nasser Bourita dichiarò che Hezbollah “ha inviato rappresentanti militari al Fronte Polisario, gli ha fornito armi e lo ha addestrato alla guerra urbana”, le autorità marocchine hanno confermato di essere in possesso di un grosso dossier che comprende resoconti dettagliati e immagini satellitari degli incontri tra rappresentanti di Hezbollah e del Polisario in Algeria, aggiungendo che l’Iran aveva anche contribuito a organizzare incontri tra il Fronte Polisario e Hezbollah attraverso la propria ambasciata in Algeria. Mentre nel 2022, Antonio López-Istúriz White, eurodeputato spagnolo del Partito popolare, ha inviato un’interrogazione scritta all’Alto rappresentante dell’Unione europea per gli Affari esteri e la politica di sicurezza Josep Borrell, avvertendo delle minacce del Polisario e della collusione tra il gruppo separatista e l’Iran, chiedendo “informazioni” all’Ue su possibili rifornimenti di droni di fabbricazione iraniana al Polisario.
La preoccupazione che l’Iran stia cercando di controllare anche il Mediterraneo occidentale, lo Stretto di Gibilterra, il Sahara, è confermata da un’inchiesta dettagliata del 2023 di Die Welt, nella quale il quotidiano tedesco afferma di aver consultato documenti di intelligence che dimostrano l’intenzione dell’Iran di autorizzare i suoi delegati a compiere attacchi contro Israele in Medio Oriente e contro il Marocco in Nord Africa. I documenti rivelano che il leader del Polisario con sede in Siria, Mustafa Muhammad Lemine al-Kitab, aveva esortato un leader di Hezbollah e un agente iraniano a offrire maggiore sostegno alle milizie separatiste con sede in Algeria per effettuare attacchi contro il Marocco.
In una conversazione telefonica con un agente iraniano, Lemine al-Kitab ha detto che il Polisario si unirà ad altri rappresentanti iraniani in Medio Oriente per seminare instabilità.
L’Algeria rappresenta anche una porta di accesso naturale alla Tunisia e alla confinante Libia, (oltre che alla Mauritania e agli instabili Mali e Niger). In Libia, ad esempio, nel 2022 un rapporto presentato da esperti al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite ha dimostrato che armi iraniane, tra cui missili anticarro Dehleyvah e sistemi di difesa aerea Misagh-2, giungono in Libia con l’aiuto della Turchia. Il regime del presidente turco Recep Tayyip Erdoğan e il regime iraniano si aiutano a vicenda da tempo per aggirare le sanzioni internazionali, poiché uno dei servizi di Teheran ad Ankara forniva navi per la spedizione illegale di armi dalla Turchia, Bulgaria e Sudan a Misurata. Mentre nel 2018 la Tunisia, aveva consentito a due agenti iraniani di entrare in Libia attraverso il suo territorio per acquistare uranio.
In Tunisia, nonostante l’ex presidente Zine al-Abidine Ben Ali abbia contrastato con ogni mezzo l’infiltrazione sciita nel Paese affinché “la rivoluzione islamica non faccia proselitismo e non si avvicini agli islamici tunisini” – ricorda il politologo Slaheddine Jourchi – nel febbraio 2023 la partecipazione del presidente del Partito Ennahda (espressione della Fratellanza Musulmana), Rachid Ghannouchi, a un evento presso l’ambasciata iraniana in Tunisia ha acceso un aspro dibattito nel Paese. Le immagini dell’evento, che ha commemorato il 44esimo anniversario della rivoluzione islamica iraniana, mostravano Ghannouchi circondato da alcuni ministri del governo di Kaïs Saïed, Mohamed Ali Boughridi (Istruzione) e Brahim Chaibi (Affari religiosi). La loro partecipazione ha sollevato dubbi sulla neutralità del governo e sul suo rapporto con l’Iran. Un rapporto che è attualmente solido, come testimoniano i recenti vertici bilaterali tra i ministri dei due Paesi.
Inoltre, la Tunisia è parte del crescente consenso arabo a favore della normalizzazione delle relazioni con la Siria e della riabilitazione del regime di Damasco e nel 2023 entrambi gli Stati avevano annunciato di riaprire le proprie rappresentanze diplomatiche. Dal colpo di Stato di Saied del 2021, la Tunisia ha accelerato il suo movimento verso il ristabilimento di relazioni diplomatiche a pieno titolo con Damasco, dopo che la situazione in Siria si è spostata decisamente a favore di Assad in seguito all’intenso intervento militare russo e iraniano. La Tunisia ha così iniziato lentamente ad accettare la realtà della vittoria del regime di Assad nella guerra civile. In qualsiasi rapporto diplomatico, commerciale, con questi Paesi del Maghreb l’influenza iraniana è un coefficiente che va sempre calcolato. O se ne dovranno calcolare i danni.
(*) Tratto dalla Nuova Bussola Quotidiana
di Souad Sbai (*)