La finzione democratica: il voto bulgaro

giovedì 18 gennaio 2024


Come stanno messe le democrazie nel mondo? Risposta scontata: malissimo, essendo statisticamente, almeno da quindici anni a questa parte, in piena ondata recessiva sociale ed economica. Nel 2024 andranno al voto qualcosa come 70 Paesi che totalizzano più della metà degli elettori adulti nel mondo comprese alcune tra le maggiori democrazie, come gli Usa (la più potente di tutte), l’India, che è la più grande per popolazione e numero di votanti, e l’Inghilterra, quest’ultima la più antica di tutte le sue omologhe. Ma, di sicuro, è nella minuscola isola di Taiwan che si giocherà sul dopo elezioni la partita geopolitica in assoluto più delicata e strategica tra la Cina di Xi Jinping e gli Usa di Joe Biden. E non importa se, a giudizio di parte, gli elettori faranno le scelte giuste o sbagliate, dato che i voti saranno comunque determinanti per stabilire se nel mondo stiano vincendo le democrazie o gli autocrati. Del resto, questi ultimi dimostrano una vera passione per il voto bulgaro che periodicamente ne legittimi il potere assoluto, vedi Russia e Bielorussia. Pertanto, il “personaggio dell’Anno 2024” sarà di sicuro Sua Maestà lElettore! Allora, come spiegare tanto entusiasmo laddove si continua a parlare con insistenza di una “recessione democratica”, che vede progressivamente diminuire il numero di democrazie nel mondo? Il che è presto spiegato: si tratta di un miraggio.

Infatti, non basta mettere la scheda in un’urna perché automaticamente si possa parlare di democrazia, in assenza di una stampa libera, di istituzioni indipendenti (come la magistratura), del rispetto dei diritti umani e dello Stato di diritto, nonché di un reale potere di scelta da parte dei cittadini, che in molti Stati chiamati a votare nel 2024 non saranno padroni di scegliersi da chi vogliono essere governati. Pertanto, senza il rispetto dei principi fondamentali della democrazia, si preannunciano scontate maggioranze bulgare, come accadrà in Russia per la rielezione di Vladimir Putin, il cui nuovo mandato durerebbe altri sei anni, facendo di lui il leader più longevo al potere, battendo così il record precedente di Joseph Stalin. Anche l’Iran sarà chiamato a marzo 2024 a rinnovare il suo Parlamento avendo già epurato dalle liste elettorali ben un quarto dei candidati, ritenuti non idonei dal potere in carica del mullah. Nel caso delle elezioni generali in India, previste nell’aprile 2024, si può ben parlare di specchietto per le allodole, visto che vi sarà una riconferma scontata per l’attuale premier Narendra Modi, che tutto è fuorché un sincero democratico, visto che il suo partito, Bharatiya Janata, ha significativamente limitato la libertà d’espressione e fatto salire la tensione nei confronti della minoranza musulmana.

Inoltre, rischiano di saltare le barriere di protezione democratiche per il corretto funzionamento di non poche economie avanzate, a causa dell’inoltrarsi dei populismi, che promettono semplicistiche o illusorie soluzioni a problemi epocali, come le migrazioni e le disuguaglianze sociali. Per di più, molti leader populisti, soprattutto a destra, fanno appello alla legittimazione che deriva loro dal voto popolare per cortocircuitare i processi decisionali Governo-Parlamento e rafforzare il proprio potere personale. In tal senso, l’esempio più eclatante è la ricandidatura di Donald Trump che potrebbe essere rieletto presidente degli Stati Uniti, malgrado le accuse che gli vengono mosse da parte dei procuratori per aver incitato alla ribellione i propri elettori, nel tentativo di rovesciare il risultato delle elezioni presidenziali del 2020. Un suo ritorno alla presidenza potrebbe mettere a rischio la stessa tenuta democratica degli Stati Uniti, come ci tengono a precisare i suoi detrattori, con il fondato rischio di un ribaltamento delle alleanze internazionali dell’America. In questo senso, però, nemmeno l’Europa unita se la passa tanto meglio, visto che a giugno prossimo i cittadini dell’Unione saranno chiamati a votare per il rinnovo del Parlamento che, dalla prossima legislatura, potrebbe virare decisamente a destra, come tutti i sondaggi fanno ritenere, anche se le formazioni di centro, sia di destra che di sinistra, dovrebbero poter conservare la maggioranza relativa nell’Assemblea.

Nelle prossime elezioni in Austria il Partito di destra, Freedom Party, è dato sicuramente per vincente, sempre a causa del problema causato dal mancato controllo delle migrazioni. Certo, si può sempre affermare con ragione che a metà del XX secolo 1,7 miliardi di persone su di un totale di 2,5 miliardi vivevano all’interno di “autocrazie chiuse”, mentre oggi quest’ultimo gruppo totalizza 2 miliardi di cittadini su 8 in totale. Anche se la suddetta contabilità non riesce a separare ibridi come l’India dove si parla, non solo teoricamente, di “autocrazia elettorale”, fattispecie ben nota a non pochi Stati africani dove il voto non fa altro che confermare leadership dinastiche decennali. Ora, un giudizio efficace sul trend involutivo della perdita di peso delle democrazie nel mondo non può prescindere da un giudizio di coesione, nel senso che i neo-blocchi del Global Sud, come Cina, Russia e Cina, da un lato, e Brics allargati dall’altro, non presentano fattori di amalgama comuni, e che questa condizione è destinata a perdurare nei decenni. A tutti costoro, infatti, continua a mancare sia una valuta per gli scambi internazionali alternativa al dollaro, sia un’alleanza militare comune da opporre a Nato e Anzus e di cui gli Stati Uniti costituiscono il principale azionista. Per nostra fortuna, si direbbe.


di Maurizio Guaitoli