Iran e Turchia: attacco al Kurdistan

giovedì 18 gennaio 2024


Perché in questi ultimi giorni Iran e Turchia stanno attaccando le basi curde in Iraq e in Siria? In un quadro di crisi che abbraccia il conflitto tra Russia e Ucraina, con Israele ed Hamas, la serie di attacchi verso il Kurdistan richiamano il motto di Mao Zedong, che cita: “Chi sono i nostri nemici? Chi sono i nostri amici? Questa è una questione di primaria importanza per la rivoluzione”.

In una visione geopolitica il motto di Mao risulta sempre più affine a quello che sta maturando tra i freddi scenari ucraini, come tra i polverosi e sabbiosi scenari di Gaza e yemeniti. Ma la questione non si ferma solo a questi contesti, a causa del ruolo che lo sciismo iraniano e l’ambizione sultaniale di Recep Tayyip Erdoğan stanno assumendo. Infatti Teheran, che ha appoggiato e sostiene Hamas e gli sciiti libanesi di Hezbollah, tramite l’agenzia di stampa ufficiale Irna ha pomposamente comunicato di avere attaccato con i missili, martedì 16 gennaio, alcune aree del Kurdistan iracheno, ubicate alla periferia della capitale della regione, Erbil. Le Guardie rivoluzionarie iraniane hanno affermato di aver preso di mira e distrutto un quartier generale di spionaggio indicato come una base del Mossad – i servizi segreti israeliani – e di generici gruppi terroristici anti-iraniani. Nell’attacco, secondo le autorità locali della regione autonoma del Kurdistan, sono stati uccisi alcuni civili. Mentre nei raid sul territorio siriano sarebbero stati colpiti cellule residue dell’organizzazione dello Stato islamico, Isis, come ritorsione per l’uccisione di alcuni leader iraniani a Rask e Kerman.

Il Kdp, Partito democratico del Kurdistan, al Governo della Regione, oltre che confermare la morte dei civili ha comunicato che anche il magnate immobiliare Peshraw Dizayee, la moglie e altri membri della sua famiglia sono deceduti a seguito degli attacchi missilistici iraniani. Ricordo che i politici del Kurdistan, regione autonoma, non hanno mai negato le accuse prodotte da Baghdad di avere “affinità” con Israele. Anzi, spesso si sono compiaciuti di essere sospettati di tali “legami”. Tuttavia, la linea ufficiale del Kurdistan resta prudente, negando sia i rapporti che la volontà della “normalizzazione” delle relazioni con Israele. Ma in una sospetta congiuntura di aggressione anche la Turchia, domenica sera, ha sferrato attacchi contro le centrali elettriche ubicate a nord-est della Siria, creando un blackout di energia su vasta scala. Inoltre, lunedì sera l’Amministrazione curda ha comunicato che tutte le stazioni di pompaggio dell’acqua nella regione di Kamechliyé erano ormai fuori uso. In totale, secondo l’Osservatorio siriano per i diritti umani, con sede nel Regno Unito, le centrali distrutte sarebbero almeno sette. L’Amministrazione curda, rappresentata da Yasser Sleiman, ha invitato la Russia e i Paesi della coalizione internazionale, guidata dagli Stati Uniti, a intervenire per far cessare questi ingiustificati attacchi.

Eppure, come ha fatto Teheran, anche Ankara – richiamando il “diritto all’autodifesa” – ha affermato di aver attaccato i combattenti curdi nel nord dell’Iraq e in Siria, a seguito dell’uccisione di nove soldati turchi dopo un atto terroristico effettuato venerdì dai combattenti del Pkk, Partito dei lavoratori del Kurdistan, contro una base militare turca nel nord dell’Iraq. Ankara considera questi combattenti curdi in Siria e del Pkk nel nord iracheno bande di terroristi. E regolarmente colpisce le loro basi logistiche. Questi gruppi, dal 1984, conducono una guerriglia contro la Turchia. Un attacco – quello iraniano e turco contro il territorio curdo – che sta preoccupando anche gli Stati Uniti e la coalizione occidentale, che a loro volta temono quello che ormai è conclamato. Cioè, una capillarizzazione dei conflitti in atto che stanno definendo “chi sono i nostri nemici? Chi sono i nostri amici?”. Individuando, così, nell’Occidente e in Israele i nemici, nel quadro di una “rivoluzione diffusa” che fa scorgere sempre più chiaramente una deflagrazione tra gli alleati dei due campi.


di Fabio Marco Fabbri