martedì 2 gennaio 2024
Se la questione migranti è “somministrata” dal mainstream sulla traccia della pietà e della solidarietà, non deve essere dimenticato che questi aspetti pseudo-umanitari orbitano all’interno di una cornice più complessa e articolata, che va anche oltre il business delle ong e dei trafficanti. Prevalentemente, il percorso migratorio che dall’Africa giunge in Italia o sulle coste mediterranee dell’Europa parte dall’area sub-sahariana. Una traversata desertica raccapricciante, dove queste masse “arricchiscono” le proprie traumatiche esperienze di vita con violenze, omicidi, rapimenti, stupri e mercato umano. I Paesi nord-africani dove spesso arrivano, in alcuni casi anche senza la loro volontà o consapevolezza, come Egitto, Libia, Tunisia, Algeria, diventano la base per la loro riduzione in schiavitù, sfruttati da ogni punto di vista, ma soprattutto senza sussidi e privi della libertà di movimento. Questi ultimi due fattori sono le differenze sostanziali che distinguono gli approdi in Paesi europei.
Ma cosa sta accadendo in questa escalation di dinamiche migratorie in uno dei principali trampolini africani per Lampedusa, ossia il porto di Sfax in Tunisia? Succede che con l’aumentare dei traffici di esseri umani dall’area sub-sahariana una parte di questa massa di individui, che giunge a Sfax, viene rapita da altri migranti a scopo di estorsione. Da informazioni locali trapela che sono soprattutto ragazze che vengono rapite e nascoste in zone intorno a Sfax; da qui altri migranti tessono cinicamente la rete per raccogliere qualche centinaio di euro da questo imbarazzante mercato spesso con caratteristiche “interetniche”. Sono molte le testimonianze “di zona” che attestano questi fatti, con attendibili informazioni sulla ubicazione dei rapiti; inoltre, tale mercato umano è comprovato da numerosi trasferimenti di denaro impegnato per la loro liberazione. Un fenomeno, questo, che parte dalla dislocazione dei migranti fuori dalle mura cittadine, con trasferimenti chiesti anche dai tunisini che vedono vacillare il loro equilibrio urbano, come accade nelle città europee. Organizzazioni per i diritti umani stanno lavorando insieme alle autorità tunisine, al fine di interrompere questo trend.
Un esempio è ben descritto dalla testimonianza, raccolta da operatori locali, di un migrante, familiare di una giovane ivoriana vittima di rapimento da parte di altri sub-sahariani. Si narra di questa giovane che, partita dalla città di Man – in Costa d’Avorio – via Mali giunge a fine novembre in Algeria. Dopo una settimana, la giovane ivoriana riesce a varcare il confine tunisino per ritrovarsi a Kasserine, nel centro-ovest del Paese. Non potendo prendere i mezzi pubblici, perché vietati agli irregolari, per duecento euro viene portata a Sfax da un trasportatore che, secondo una testimonianza, risulta pagato con un bonifico proveniente dall’Europa. Successivamente, viene venduta a un gruppo di camerunensi e ivoriani che hanno subito chiesto ai familiari mille dinari, quasi trecento euro, per la liberazione della quindicenne. Da quel momento il parente presente a Sfax ha perso le sue tracce.
Hamida Chaieb, avvocato e membro del comitato direttivo della Ltdh, Lega tunisina per i diritti umani, ha il termometro di questi episodi criminali, occupandosi di vari casi identici tra loro. Questi rapimenti sono iniziati a ottobre e prima di questa data il fenomeno era inesistente. Le indagini rivelano che questa rete di sequestri è organizzata da migranti sub-sahariani espulsi dall’Algeria che hanno avviato questo business come attività redditizia. La rete è operativa già nelle zone di frontiera tra Tunisia, Libia e Algeria, da dove autisti tunisini conducono queste vittime generalmente a Sfax; qui vengono consegnati ai migranti criminali sub-sahariani che li sequestrano. Il valore dei rapiti può andare da mille a duemila dinari tunisini.
Il presidente tunisino Kaïs Saïed nel febbraio del 2023 aveva dichiarato che l’arrivo di cittadini sub-sahariani nel Paese sarebbe stato parte di un piano criminale, volto a modificare la composizione del panorama demografico tunisino. Da allora le condizioni di vita dei migranti in Tunisia si sono deteriorate velocemente. A luglio, un picco di violenza si è conclamato quando centinaia di cittadini dell’Africa sub-sahariana sono stati espulsi da Sfax dalle forze dell’ordine e abbandonati nel deserto senza mezzi di sussistenza. Da allora, le autorità tunisine hanno minacciato di sanzionare chi trasporta persone in una situazione irregolare. Così, i prezzi del mercato parallelo dei trasporti sono lievitati notevolmente.
La storia emblematica della giovane ivoriana rappresenta la realtà complessa delle capacità criminali di sistemi organizzati intorno alla migrazione. Dove nemmeno un comune destino di sofferenze forgia la minima forma di solidarietà tra questi migranti sub-sahariani che si vestono facilmente sia da vittime che da carnefici.
di Fabio Marco Fabbri