I diamanti insanguinati di Putin

giovedì 23 novembre 2023


Gli esperti parlano di nuove sanzioni contro la Russia

L’Unione europea, secondo numerosi rapporti non ufficiali, includerà il divieto totale dell’importazione di diamanti russi nel dodicesimo pacchetto di sanzioni contro la Russia. I Paesi del G7 sono propensi a introdurre la stessa misura. Già un anno fa alcuni Paesi del G7 (Usa, Gran Bretagna e Canada), avevano imposto sanzioni contro la società Alrosa, monopolista di fatto sul mercato russo dell’estrazione dei diamanti. Le nuove misure restrittive potrebbero influenzare l’industria globale dell’estrazione dei diamanti e portare ad una sua ristrutturazione su larga scala per la prima volta dalla creazione del Kimberley Process, un’organizzazione dei Paesi produttori e importatori di diamanti. La Russia è il più grande fornitore di diamanti grezzi sul mercato mondiale. L’Unione europea acquista diamanti russi per circa 1,5 miliardi di dollari all’anno. Finora il divieto sull’importazione di diamanti russi è stato bloccato dal Belgio, che temeva le conseguenze di un simile passo per l’economia del Paese: Anversa è uno dei principali centri mondiali del commercio di pietre preziose.

Gli scettici sostengono che le sanzioni contro i diamanti russi potrebbero essere inefficaci, perché invece che in Europa, le pietre potrebbero essere immesse sui mercati asiatici e da lì, mescolate con diamanti di altri Paesi, sarebbe semplice farle giungere agli acquirenti occidentali. Peraltro, la Russia avrebbe a sua disposizione anche il mercato asiatico, soprattutto quello cinese e indiano. La Russia rappresenta il 36 per cento del mercato mondiale delle pietre in volume e il 22 per cento in valore. Questa differenza percentuale è dovuta al fatto che il costo medio di 1 carato di diamanti russi è inferiore. Circa 85 dollari al carato, mentre in media nel mondo 1 carato costa più di 135 dollari. Ci sono diversi motivi. Chi estrae diamanti deve separarli dalla kimberlite. Se i diamanti estratti sono troppo piccoli, diventa inutile procedere a tale selezione. Tuttavia, in Russia anche i diamanti più piccoli vengono estratti.

Uno dei motivi è che storicamente l’Unione Sovietica era interessata ai diamanti per uso industriale, quindi anche i diamanti più piccoli erano utili per tale scopo. Se parliamo di esportazione, allora ha senso estrarre e ottenere diamanti grandi e di alta qualità, in modo che il loro prezzo di vendita giustifichi l’alto costo di estrazione e selezione. Ad ogni modo, i volumi di produzione dei diamanti russi sono notevoli e c’è un’ampia varietà di pietre per dimensione, colore e qualità. Al momento, però. Solo pochi Paesi hanno imposto sanzioni contro Alrosa, che – come detto – è il più grande produttore di diamanti russo: Stati Uniti, Canada, Gran Bretagna, Australia e Nuova Zelanda. Ci sono, poi, alcuni Paesi che, sebbene abbiano adottato le medesime misure restrittive, hanno evitato di annunciarlo ufficialmente. Tra questi ultimi rientra Israele dove non è possibile importare diamanti grezzi dalla Russia, sebbene il Paese non abbia ufficialmente introdotto tale divieto.

Al momento, ci sono alcune criticità con questa tipologia di sanzioni. In particolare, attraverso due scappatoie, la Russia riesce ad aggirare queste misure. In primo luogo, le sanzioni statunitensi contro Alrosa si applicano solo alle pietre non lavorate. Se le stesse vengono tagliate, per esempio, in India, i diamanti ottenuti saranno considerati indiani e non russi e, quindi, non soggetti alle sanzioni. Questa azione, in base alle normative statunitensi, risulta assolutamente legale. Se consideriamo che gli Stati Uniti rappresentano il 50 per cento della “domanda” nel mondo, risulta evidente che occorra implementare tale limitazione per renderla efficace. In secondo luogo, è importante il modo in cui si determina l’origine dei diamanti grezzi. Il processo di Kimberley fa una distinzione tra il Paese di origine delle pietre e il Paese attraverso cui vengono immesse sul mercato.

Se invio un pacco contenente diamanti da Israele all’India, questi verranno elencati come “provenienti da Israele”. Se compro diamanti in Russia, li invio in India e da lì in Israele, il Paese d’origine resta comunque la Russia. Tuttavia, ecco un’altra scappatoia: De Beers, la più grande società di estrazione di diamanti al mondo, estraeva pietre in molti luoghi del mondo, da dove venivano portate in un unico centro di lavorazione, mescolate e vendute sul mercato in base alle loro caratteristiche. Sia De Beers che altre società volevano che questi diamanti fossero elencati come di origine “mista”, in modo da non dover elencare tutti i Paesi, dal Bostwana alla Namibia, di provenienza, evitando di dover calcolare quale percentuale di diamanti di ciascun Paese fosse presente in una particolare spedizione.

In questo modo, se in una scatola hai mille diamanti della Namibia e uno del Botswana, l’intero lotto verrà indicato come “misto” in origine. Il problema è che, anche con i diamanti russi, ora accade lo stesso: se a mille pietre russe se ne aggiunge una proveniente dal Canada, l’intera fornitura sarà di “origine mista”. Di sicuro, l’inclusione di Alrosa nell’elenco delle sanzioni statunitensi ha limitato la sua capacità di pagare in dollari. Tuttavia, nonostante il dollaro sia la valuta fondamentale per qualsiasi transazione nel mercato delle pietre preziose, è sempre possibile utilizzare altre valute, anche se meno stabili: rubli, yuan, rupie e così via. Anche questo è accaduto. Ecco spiegato perché, fino ad oggi, gli sforzi per tentare di imporre sanzioni contro i diamanti russi sono stati, almeno in parte, vanificati. Nonostante tutto, è possibile affermare che le sanzioni già imposte contro Alrosa abbiano comunque avuto un impatto rilevante sul mercato russo dei diamanti, anche in presenza delle lacune sopra evidenziate.

Hanno costretto le autorità russe a lavorare con valute meno stabili e più soggette a inflazione ed hanno scoraggiato la grande distribuzione dal trattare diamanti di origine russa. Tuttavia, l’effetto delle sanzioni è stato limitato anche perché l’Ue non vi ha aderito. Cosa ci si può aspettare se, finalmente, anche l’Ue ed i restanti Paesi del G7 dovessero adottare sanzioni simili o, ancor più efficaci? Ciò, ovviamente, dipenderà dall’insieme delle misure specifiche che verranno adottate. L’intenzione di colmare le lacune riscontrate è stata ampiamente dichiarata. Vediamo come. La prima misura ipotizzata estenderebbe le sanzioni ai diamanti lavorati. In questo modo, nel caso in cui il Paese di origine delle pietre fosse la Russia e il taglio venisse effettuato in India, verrebbe comunque negato l’accesso alle pietre preziose sui mercati più grandi. La seconda misura proposta punta ad evitare situazioni in cui pietre di origini diverse vengono mescolate in un unico lotto.

L’idea è che tutti i diamanti vengano “marchiati” nei Paesi minerari in modo che il marchio possa essere letto in qualsiasi fase, fino alla società di gioielleria. Ciò non significa necessariamente che sia necessario acquisire la capacità di identificare i diamanti russi, è sufficiente che si possa risalire all’origine delle pietre rimanenti. Il processo di Kimberley è stato concepito come un mezzo per rimuovere dal mercato i “diamanti insanguinati”, la cui estrazione consentiva di finanziare il terrorismo e i conflitti armati antigovernativi. Questo schema, approvato dalle Nazioni Unite nel 2003, è risultato molto efficace per tale scopo. Solo per citare alcuni esempi, il processo di Kimberley ha consentito la fine della guerra civile in Sierra Leone; ha portato – in Zimbabwe – le autorità del Paese a vietare l’esportazione di diamanti; ha comportato il divieto di circolazione dei diamanti provenienti dalla Repubblica Centrafricana. Le sanzioni di cui si discute in questi giorni rappresenteranno un punto di svolta, perché porteranno allo sviluppo di sistemi di controllo della provenienza dei diamanti economicamente vantaggiosi, affidabili e approvati. Di conseguenza, ne trarrà vantaggio l’intero settore. Le aziende potranno dire ai clienti: “Guarda, siamo etici, puoi fidarti di noi”. In questo senso, le sanzioni sui diamanti russi e le loro conseguenze potrebbero letteralmente cambiare le regole del gioco.

(*) Docente universitario di Diritto internazionale e normative sulla sicurezza


di Renato Caputo (*)