Israele-Hamas: l’antisemitismo esplode nel Caucaso russo

lunedì 6 novembre 2023


La guerra tra Israele ed Hamas, tanto per restringerla ai minimi termini, si sta configurando per la massa come un conflitto di religione piuttosto che di rivendicazioni di carattere “egemonico-territoriale” o politico. Se mediaticamente domina la questione dei “territori occupati”, del terrorismo di impronta fondamentalista islamica, del jihadismo, o dell’inferno scatenato da Israele su Gaza in reazione all’inferno allestito da Hamas su Israele, è anche evidente che il tutto sfocia nel tracciato dell’antisemitismo e dell’antisionismo. Così le ragioni del conflitto in aree distanti dal vicino Oriente, come l’area caucasica russa, vengono percepite come una guerra dell’Islam contro gli infedeli. E di questi il primo della “lista” è l’ebraismo. Siamo quindi a una continuazione delle guerre tra i monoteismi abramitici che hanno scandito la storia arabo-europea da quasi millequattrocento anni?

La sommossa popolare, una sorta di “pogrom”, divampata domenica 29 ottobre nel Daghestan, regione con meno di tre milioni di abitanti, è la riprova che anche nell’area caucasica russa la tendenza a leggere questa guerra è esclusivamente su base religiosa. Infatti, all’aeroporto di Makhachkala, capitale del Daghestan, dopo l’annuncio dell’arrivo di un volo da Tel Aviv, centinaia di uomini, molti con la bandiera palestinese, al grido di “Allah Akbar” hanno invaso la stazione aeroportuale e la pista di atterraggio alla caccia dei passeggeri provenienti dallo Stato di Israele. Qui, gruppi di uomini affetti da delirio ideologico hanno fermato e perquisito veicoli e pedoni presenti in zona, alla ricerca “dell’ebreo”; hanno controllato passaporti, insultato e aggredito persone dal “profilo sospetto” e assediato un hotel dove i passeggeri del volo si erano rifugiati. Alcuni pullman – per il sospetto che trasportassero ebrei – sono stati assaltati.

Il Daghestan fa parte delle 21 Repubbliche federate che compongono la Russia dal 1991 (22 con la Crimea occupata dalla Russia in seguito all’invasione del 2014, 24 se consideriamo le pseudo Repubbliche del Donetsk e del Luhansk conquistate dopo l’invasione dell’Ucraina e annesse a Mosca con un fantasioso referendum). Nel Daghestan la popolazione è per oltre l’ottanta percento musulmana, di confessione sunnita, con una forte influenza salafita cresciuta in modo importante negli ultimi anni e proveniente dalla confinante Cecenia. È presente anche la “corrente” confessionale sufi. Contrariamente alla Cecenia, il Daghestan non ha mai espresso desideri secessionisti nei confronti della Russia. Per fare un quadro dell’area rammento che durante la Seconda guerra russo-cecena, durata dal 1999 al 2009, jihadisti ceceni separatisti invasero molte aree del Daghestan, destabilizzandolo in modo cronico. Nel 2007 Dokka Umarov, un islamista separatista ceceno, fondò l’Emirato del Caucaso, dissoltosi alla sua morte avvenuta nel 2013. L’obiettivo di Umarov era quello di istaurare la shari’a, la legge islamica, in tutto il Caucaso settentrionale. Ciò favori la penetrazione e l’attecchimento del terrorismo islamico che ha forgiato il pensiero fondamentalista in questa regione. Infatti, nell’area caucasica russa le manifestazioni antisemite sono diffuse da tempo, soprattutto dopo il 7 ottobre, come nella Repubblica di Cabardino-Balcaria, dove nella capitale Nalchik il centro ebraico è stato dato alle fiamme. Anche nella confinante regione di Karachayevo-Circassia, dove la popolazione è a maggioranza musulmana, nelle manifestazioni di protesta, a seguito della guerra in Israele, si gridava “all’espulsione degli ebrei dal territorio”. Uno scenario simile è stato riscontrato nella vicina Repubblica di Inguscezia, nata nel 1992 in seguito alla disgregazione dell’Urss. La sua popolazione è quasi esclusivamente di religione musulmana ed è sotto particolare sorveglianza da parte della Russia. Negli ultimi cinque anni gli imam controllano capillarmente il contenuto dei sermoni pronunciati nelle moschee, un fattore da interpretare se visto come “questione politica”. Ad aggravare la situazione dell’area hanno contribuito gli annunci fatti da estremisti islamici tramite social, dove sono state comunicate le ubicazioni delle sinagoghe e gli indirizzi dei rabbini di tutta la Russia meridionale. Effetto che definisce chiaramente che nel Caucaso russo il conflitto tra Israele ed Hamas si sta declinando verso una discriminazione religiosa. Gli slogan sono appunto “morte a Israele”, “morte agli ebrei”.

Tornando alla domanda iniziale (e appurato che la maggior parte dei manifestanti caucasici non sanno dove sia ubicato lo Stato di Israele), si stanno riproducendo le guerre tra monoteismi abramitici che hanno scandito la storia arabo-europea da quasi millequattrocento anni? Le risposte possono essere due: la prima è quella che vede la massa, generalmente disorientata, bisognosa dell’ideologia dogmatica religiosa per poter trovare “lo scopo” e muoversi compatta e cieca; la seconda è legata al riassetto di un nuovo ordine mondiale antioccidentale “ben guidato” (come i califfi) dall’attuale gruppo dei Brics (Brasile, Russia, India, Cina, Sudafrica), dove la Russia è al momento il protagonista della scena, sia in Medio e che nel vicino Oriente, come nell’area nord caucasica e ai confini dell’Europa orientale (ma pure nell’Artico). Ricordo, infine, che nell’attuale gruppo dei Brics la religione islamica ha un peso molto marginale, che Bolivia, Cile e Colombia alcuni giorni fa hanno ritirato gli ambasciatori da Israele e che dal 2024 entreranno nei Brics Argentina, Egitto, Etiopia ed Emirati Arabi Uniti. È verosimile che la “questione” Caucaso russo sia un nuovo fronte nell’articolata destabilizzazione che lega le sorti del vicino Oriente a quelle dell’“area ucraina”.


di Fabio Marco Fabbri