martedì 31 ottobre 2023
La scelta di nominare Ali Bahreini ambasciatore della Repubblica islamica e rappresentante permanente presso le Nazioni Unite era stata presa lo scorso 12 maggio, nel silenzio dei più.
Giovedì 2 novembre l’Iran presiederà il Forum sociale 2023 del Consiglio dei Diritti umani delle Nazioni Unite (Unhcr), che si svolge a Ginevra fino al 3 novembre. E le proteste sono finalmente divampate attirando l’attenzione dei media, probabilmente a causa della cassa di risonanza data dal contesto internazionale che vede Israele difendersi dai vili attacchi di Hamas iniziati lo scorso 7 ottobre.
A seguito di un’interrogazione dell’Europarlamentare della Lega e del gruppo Identità e Democrazia, Gianna Gancia – che parlava “di uno schiaffo in faccia” data la situazione dei diritti umani della maggior parte degli iraniani, in particolare delle donne, “e le ripetute esecuzioni a seguito delle proteste in corso nel Paese” – l’Alto rappresentante dell’Unione europea per gli Affari esteri, Josep Borrell si era difeso sottolineando a fine luglio che la nomina di Bahreini era legata ad una questione di rotazione regionale in linea con le procedure stabilite delle Nazioni Unite”. Borrell aveva anche ribadito che l’Ue ha intrapreso “azioni diplomatiche per condannare fermamente le violazioni dei diritti umani da parte delle autorità iraniane e la repressione dei manifestanti da parte delle autorità iraniane all’indomani della morte di Mahsa Amini in custodia della polizia”.
L’organizzazione non governativa con sede a Ginevra Un Watch (la cui missione dichiarata è monitorare le prestazioni delle Nazioni Unite sulla base della propria Carta), contesta la linea di Borrell: “Il gruppo asiatico, a cui appartiene l’Iran, ha ricoperto la posizione quattro volte negli ultimi sei anni, negando rotazioni a diversi altri gruppi regionali”. Hillel Neuer, direttore esecutivo dell’Ong, sostiene che la nomina dell’Iran “può essere annullata da una riunione speciale del Consiglio prima di giovedì”. E ribadisce: “Chiediamo al signor Borrell di agire. È tempo che tutte le democrazie alle Nazioni Unite smettano di legittimare regimi assassini, in violazione dei principi fondanti dell’organismo mondiale, e inizino invece a chiamare i responsabili a risponderne. Il regime omicida di Teheran è responsabile di un’impennata delle esecuzioni, applicate in modo sproporzionato alle minoranze, e dell’oppressione di donne e ragazze. La recente morte della sedicenne Armita Geravand, dopo essere stata aggredita in metropolitana dalla polizia morale iraniana per non aver indossato l’hijab obbligatorio, ci ricorda che si tratta di un regime crudele che non appartiene a nessun organismo delle Nazioni Unite per i diritti umani, figuriamoci come presidente”.
Per Neuer “è inimmaginabile che giovedì al Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite, il rappresentante dell’ayatollah Khamenei terrà il martelletto, al fianco dell’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani, Volker Türk”. “Questa scelta invia il messaggio sbagliato al momento sbagliato, consentendo alla Repubblica islamica dell’Iran – che sponsorizza le atrocità di Hamas – di pavoneggiarsi sulla scena internazionale come un attore rispettato e influente”.
La campagna di protesta di Un Watch è accompagnata da una petizione globale che è stata firmata da oltre 90mila persone.
Per la serie sempre meglio tardi che mai. Sperando che non sia troppo tardi però.
di Claudia Diaconale