L’Ue ha importato materie prime dalla Russia

giovedì 26 ottobre 2023


Il valore è di 13,7 miliardi di euro

Nonostante una serie di sanzioni siano in vigore contro Mosca, il commercio di materie prime critiche rimane esente dalle stesse e gli acquisti da parte dell’Unione europea persistono. L’analisi condotta da Investigate Europe ha rilevato che le aziende europee continuano a versare miliardi a società minerarie legate al Cremlino. Dall’invasione dell’Ucraina da parte della Russia nel febbraio 2022, i 27 Paesi dell’Ue hanno adottato undici pacchetti di sanzioni, mirati a materie prime tra cui petrolio, carbone, acciaio e legname. Tuttavia, i minerali che l’Ue considera materie prime “critiche” – 34 in totale – fluiscono ancora liberamente dalla Russia all’Europa in grandi quantità, fornendo fondi cruciali alle imprese statali e alle imprese di proprietà degli oligarchi. Mentre il Regno Unito ha recentemente vietato il rame, l’alluminio e il nichel russi – l’Ue ha continuato le sue importazioni. Airbus e altre società europee stanno ancora acquistando titanio, nichel e altri beni da aziende vicine al Cremlino dopo 20 mesi dall’inizio dell’invasione, come rivela l’inchiesta. Tra marzo 2022 e luglio di quest’anno, l’Europa ha importato materie prime essenziali dalla Russia per un valore di 13,7 miliardi di euro, come mostrano i dati di Eurostat e del Centro comune di ricerca dell’Ue.

“Perché le materie prime critiche non sono vietate? Perché sono critiche, giusto. Siamo onesti” ha detto concisamente l’inviato speciale dell’UE per le sanzioni, David O’Sullivan, in una conferenza di settembre. L’Unione è alla disperata ricerca di materie prime fondamentali per raggiungere l’obiettivo della neutralità climatica entro il 2050. Queste materie prime sono cruciali per l’elettronica, i pannelli solari e le auto elettriche, ma anche per le industrie tradizionali come l’aerospaziale e la difesa. Eppure, troppo spesso l’offerta scarseggia, la disponibilità non è uniforme in tutto il mondo e la domanda è elevata. La guerra in Ucraina ha chiaramente dimostrato la volontà della Russia di sfruttare come arma la fornitura di risorse chiave. Come europei, non possiamo tollerarlo. Le importazioni europee non solo finanziano l’economia di guerra della Russia, ma avvantaggiano anche gli oligarchi e le aziende statali sostenuti dal Cremlino. Sebbene l’Ue abbia preso di mira alcuni azionisti, le attività minerarie russe non hanno subito restrizioni.

L’analisi dei dati doganali russi mostra che Vsmpo-Avisma, il più grande produttore mondiale di titanio, ha venduto almeno 308 milioni di dollari di titanio nell’Ue attraverso le sue filiali tedesche e britanniche tra il febbraio 2022 e il luglio 2023. Quest’azienda è in parte di proprietà del conglomerato della difesa nazionale russo, Rostec. Le due società condividono lo stesso presidente, Sergei Chemezov, uno stretto alleato di Vladimir Putin. I due erano ufficiali del Kgb nella Germania dell’Est negli anni Ottanta. Sia Sergei Chemezov che la società Rostec sono soggetti alle sanzioni dell’Ue e hanno contribuito a fornire carri armati e armi all’esercito russo. Bruxelles non ha sanzionato direttamente Vsmpo-Avisma, ma gli Stati Uniti hanno vietato le esportazioni all’azienda il 27 settembre, affermando che era “direttamente coinvolta nella produzione e fabbricazione di prodotti in titanio e metallo per i servizi militari e di sicurezza russi”.

Tra i maggiori clienti europei di Vsmpo-Avisma c’è Airbus, il colosso aerospaziale di proprietà in parte di Francia, Germania e Spagna. Tra l’inizio della guerra e il marzo del 2023, Airbus ha importato titanio dalla Russia per un valore di almeno 22,8 milioni di dollari; un aumento di quattro volte in valore e in tonnellate rispetto ai 13 mesi precedenti. Dal 14 marzo 2023, Vsmpo-Avisma ha smesso di identificare gli acquirenti nelle dichiarazioni doganali e questo non permette di ricostruire agevolmente la rete delle transazioni, ma non deve portare all’errata convinzione che vi sia stata una flessione significativa. Le importazioni di titanio in Francia, tra marzo e luglio 2023, sono diminuite solo leggermente e Airbus, a luglio di quest’anno, elencava ancora la società come proprio fornitore. “Anche se ci vorrà del tempo, il gruppo sta riducendo la sua dipendenza dalla Russia”, ha rivelato il portavoce di Airbus, aggiungendo che un divieto del titanio russo per l’aviazione civile “incoraggerebbe l’industria russa a concentrarsi sulle esigenze della difesa”.

A differenza di Vsmpo-Avisma, altre società russe hanno sempre evitato di nominare i propri acquirenti nelle dichiarazioni doganali. Eppure, i dati danno ancora una scala del loro redditizio rapporto con l’Occidente. Nornickel, leader mondiale nel palladio e nel nichel di alta qualità, ha esportato nell’Ue nichel e rame per un valore di 7,6 miliardi di dollari attraverso filiali finlandesi e svizzere tra l’inizio della guerra e il luglio di quest’anno. Nel 2022, quasi il 50 per cento delle vendite di Nornickel è andato in Europa. Bruxelles non ha sanzionato il gruppo né il suo presidente e maggiore azionista, Vladimir Potanin, oligarca ed ex vice primo ministro soggetto alle sanzioni di Stati Uniti e Regno Unito. Il colosso dell’alluminio Rusal utilizza anche i paradisi fiscali per convogliare i minerali verso l’Europa, dove possiede la più grande raffineria di allumina dell’Ue in Irlanda e una fonderia in Svezia. Le sue società commerciali con sede nel Jersey e in Svizzera hanno importato almeno 2,6 miliardi di dollari di alluminio successivamente all’invasione dell’Ucraina. Nell’agosto 2023, Rusal affermava che l’Europa rappresentava ancora un terzo delle sue entrate. Il principale azionista di Rusal è l’oligarca Oleg Deripaska, sanzionato dall’Ue e dai suoi partner occidentali.

Dall’inizio della guerra, tra gli acquirenti europei di metalli russi ci sono: la tedesca Ggp Metalpowder (66 milioni di dollari di rame), il produttore di armi francese Safran (25 milioni di dollari di titanio) e la greca Elvalhalcor (13 milioni di dollari di alluminio). Anche la società di logistica olandese C.Steinweg ha gestito, per conto dei suoi clienti, almeno 100 milioni di dollari di vari metalli critici. “La Russia occupa gran parte dell’Eurasia e possiede gran parte delle riserve strategiche di materie prime critiche, alla pari della Cina”, ha affermato Oleg Savytskyi della Ong ucraina Razom We Stand. Inoltre, “la bassa densità di popolazione, il controllo autoritario e l'assenza pratica di tutela dell’ambiente e dei diritti umani hanno reso gli investimenti nell’estrazione delle risorse russe terribilmente attraenti”, ha proseguito. La paralizzante dipendenza dell’Ue avrebbe dovuto essere frenata prima. Abbiamo avuto abbastanza tempo per reagire. L’annessione della Crimea risale al 2014, l’invasione della Georgia risale addirittura al 2008, 15 anni fa! E cosa abbiamo fatto? Abbiamo aumentato la nostra dipendenza dalla Russia. Questo è stato un errore grave.

Poiché le sanzioni dell’UE richiedono l’unanimità di tutti gli Stati membri, interessi economici nazionali divergenti possono annacquare i pacchetti. Quando la nona serie di sanzioni ha vietato nuovi investimenti nel settore minerario russo nel dicembre del 2022, ha incluso un’esenzione per investire in alcune attività minerarie per determinate materie prime critiche. Di conseguenza, le aziende europee possono ancora versare denaro nelle miniere russe per estrarre nichel, titanio e altri metalli chiave. L’Unione sta ora cercando di ridurre la propria dipendenza. A marzo, la Commissione europea ha presentato il Critical raw materials act (Crma), una nuova legislazione volta a ridurre la dipendenza dell’Ue dai Paesi terzi per le materie prime critiche. Nelle prossime settimane, l’Alto rappresentante dell’Unione per gli Affari esteri e la Politica di sicurezza proporrà un dodicesimo pacchetto di sanzioni, che sarà poi discusso dagli Stati membri. Bruxelles spera che il pacchetto rinnovi la pressione sull’economia russa e ne indebolisca la forza combattiva sui campi di battaglia dell’Ucraina. Purtroppo, le restrizioni sulle materie prime critiche non sembrano essere, almeno per ora, sul tavolo.

(*) Docente universitario di Diritto internazionale e normative sulla sicurezza


di Renato Caputo (*)