Un vulcano tra i cedri

giovedì 26 ottobre 2023


Il Libano è, da sempre, il tallone d’Achille del Medio Oriente. E, al contempo, il termometro delle febbri che attraversano tutto il mondo arabo. Una camera di decantazione, dove fluiscono e contrastano tutte le tensioni della regione. Politiche e religiose. È la stessa composizione, il variegato mosaico del popolo libanese a far sì che le cose vadano in questo modo. Non semplicemente musulmani e cristiani. Che sarebbe già un mix di per sé complesso. Retaggio delle Crociate, dei regni franchi di Terra Santa ma ulteriori linee di demarcazione fra sunniti e sciiti, da sempre divisi dalla Fitna. E i drusi, probabilmente ultimi eredi degli ismaeliti. Una setta gnostica, che da secoli è religione, e parte politica, a sé stante. E poi i cristiani maroniti, gli armeni. E le fazioni, le divisioni interne ai vari gruppi. Insomma, un microcosmo che riflette tutte le sfaccettature del macrocosmo medio-orientale. E, di conseguenza, ne riverbera in toni più accesi, potremmo dire ne esalta, tutte le tensioni.

Tutti i conflitti. In queste ore il Libano, e la sua capitale Beirut, sono al centro di una fortissima tensione. Nella regione che confina con il nord di Israele si è intensificato il confronto-scontro tra le forze di Gerusalemme e le milizie di Hezbollah. Che è la più forte organizzazione sciita. Legata al triplo filo con Teheran e con numerosi alleati interni alla società libanese. Anche fra le componenti cristiane. Per gli esperti israeliani, Hezbollah ha una organizzazione militare che è la migliore di tutto il mondo arabo. Come ha dimostrato nello scontro con gli stessi israeliani nella Valle della Beqaa e, soprattutto, in Siria. Determinante a fianco di Assad. E a Beirut, e nei principali centri del paese, si succedono, una di seguito all’altra, manifestazioni contro Israele. Che, da sostegno alla causa palestinese, si vanno rapidamente trasformando in moti di insofferenza nei confronti del cosiddetto mondo occidentale. Di Washington, in primo luogo, e dei suoi alleati europei. Perché la condizione dei palestinesi viene sempre più vista come paradigmatica dell’oppressione coloniale occidentale sul Medio Oriente.

Israele non è, soltanto, Israele. Viene considerata come un caposaldo del potere coloniale. Incistato (volutamente) nella carne del mondo arabo. Per questo ciò che avviene in Libano va osservato con estrema attenzione. Perché, spesso, chiarisce, anche anticipando, ciò che sta per avvenire in tutto quel, tormentato e strategico, quadrante geopolitico. Il mondo arabo, nel suo complesso, è in fermento. Sull’orlo di una rivolta epocale. Perché non è, questa volta, una questione di élite. Di emiri, sovrani, rais più o meno ambiziosi. Più o meno pronti a compromessi con i “padroni del mondo”. È una questione di pancia. Sono le folle arabe ad essere agitate. Senza bisogno, questa volta, di essere stimolate, e finanziate, da centri di interesse occidentali. Più o meno occulti, come avvenne con le famose Primavere. La follia (solo apparente) di Hamas ha innescato la miccia. La reazione di Israele potrebbe dare fuoco alle polveri. Il mondo arabo è un magma informe, che cerca solo un cratere dal quale erompere. Incendiando il mondo intero. Tenete d’occhio il Libano. Con ogni probabilità il cratere si sta aprendo lì. All’ombra dei cedri.

(*) Tratto da Il Nodo di Gordio ed Electomagazine


di Andrea Marcigliano (*)