Aggressione contro l’Ucraina: occorre spingersi oltre le sanzioni

martedì 24 ottobre 2023


Confiscare i beni è possibile

La procura di New York ha intentato una causa di confisca civile contro il superyacht Amadea di 106 metri, del valore di oltre 300 milioni di dollari, legato all’oligarca russo Suleiman Kerimov. Lo ha riferito lunedì il Ministero della Giustizia americano.

Secondo l’accusa, Kerimov, che è sotto sanzioni statunitensi dal 2014 a causa del suo coinvolgimento nell’aggressione russa contro l’Ucraina, ha negoziato tramite prestanome l’acquisto del superyacht Amadea nel 2021. Tra le altre cose, nel settembre 2021, il superyacht è passato formalmente di proprietà della neonata società Errigan Marine, il cui proprietario nominale è Yevgeny Kohman.

“Dall’ottobre 2021 fino al sequestro dello yacht da parte delle autorità delle Fiji nell’aprile 2022, Kerimov e/o i membri della sua famiglia hanno viaggiato a bordo di Amadea in più occasioni, pianificato ampie riparazioni per Amadea, fatto piani a lungo termine per il programma di navigazione di Amadea e si è assunto tutti gli obblighi di pagamento e la responsabilità per il mantenimento di Amadea e le spese correnti”, scrive il Ministero della Giustizia degli Stati Uniti.

Suleiman Kerimov è uno dei cittadini più ricchi della Russia, il cui patrimonio, secondo Forbes, ammonta a 10,7 miliardi di dollari. La maggior parte della fortuna di Kerimov è legata alla sua partecipazione nella società mineraria d’oro russa “Polyus”.

Il Tesoro degli Stati Uniti ha introdotto sanzioni contro Kerimov nel 2014 e nel 2018 in risposta alle azioni della Russia in Siria e Ucraina, e nel maggio 2023 le restrizioni hanno colpito anche “Polyus”.

Questo non è il primo caso. Già nel febbraio 2023, il procuratore generale degli Stati Uniti Merrick Garland aveva autorizzato il trasferimento all’Ucraina di 5,4 milioni di dollari confiscati all’oligarca russo Konstantin Malofeev. Stiamo parlando di fondi confiscati dal tribunale statunitense con l’accusa di evasione delle sanzioni. Vennero trasferiti all’Ucraina in conformità con l’emendamento al bilancio adottato nel dicembre 2022. Il Senato degli Stati Uniti aveva, infatti approvato un emendamento della senatrice repubblicana Lindsey Graham al disegno di legge sui finanziamenti del governo americano per confiscare i beni degli oligarchi russi e trasferirli in Ucraina.

La senatrice Graham, dopo l’approvazione del provvedimento, commentò: “Questo emendamento consentirà al Dipartimento di Giustizia, attraverso il Segretario di Stato, di trasferire i fondi ottenuti dai beni sequestrati degli oligarchi o di altre entità sanzionate al popolo ucraino”, aggiungendo che la sua iniziativa sarebbe stata una vera manna dal cielo per il popolo ucraino che soffre da tempo ed avrebbe alleggerito il peso sui contribuenti americani.

Il procuratore generale degli Stati Uniti, in quell’occasione, ebbe a dire: “Anche se questo è il primo trasferimento da parte degli Stati Uniti di fondi russi confiscati per la ricostruzione dell’Ucraina, non sarà l’ultimo”.

Il giudice distrettuale della Corte federale di Manhattan aveva autorizzato l’ufficio del pubblico ministero a confiscare 5,4 milioni di dollari appartenenti a Malofeev, proprietario di Tsargrad Tv, ed accusato di finanziare il separatismo in Crimea. Otto anni dopo, la procura americana lo ha accusato di aver eluso le sanzioni. Alla fine del 2022, i pubblici ministeri hanno affermato in tribunale di avere il diritto di sequestrare i fondi sul conto della Sunflower Bank di Malofeev a Denver perché aveva tentato di trasferirlo a un partner commerciale in violazione delle sanzioni statunitensi.

Nel frattempo qualcosa si muove anche in Europa. Un’inchiesta condotta da un team di giornalisti cechi ha attirato l’attenzione sulle risorse di due imprenditori vicini a Putin: Viktor Vekselberg e Ivan Savvidi. La speranza è che questa indagine aiuti a garantire che questi oligarchi russi vengano inclusi nell’elenco nazionale delle sanzioni ceche, costituito dopo l’inizio dell’aggressione russa in Ucraina.

Sia Vekselberg che Savvidi sono noti per i loro stretti legami con il Cremlino e per il sostegno alle politiche aggressive di Mosca non solo in Ucraina, ma anche in altri Paesi. Tuttavia, l’Unione europea non ha ancora imposto sanzioni nei loro confronti. Entrambi possiedono società nell’Ue. Savvidi ha anche la cittadinanza greca, e Vekselberg potrebbe avere un passaporto cipriota. Savvidi è stato finora sanzionato solo in Ucraina, mentre Vekselberg è sulla lista delle sanzioni statunitensi dal 2018 a causa della sua vicinanza al regime di Putin.

I media cechi hanno riferito che i funzionari cechi, la scorsa estate, avevano iniziato un’ispezione dell’impresa Safina, situata nel villaggio di Vestec vicino a Praga. Nel 2014 questo impianto di lavorazione dei metalli non ferrosi è stato acquisito dal gruppo di società Renova dell’oligarca russo Viktor Vekselberg, ma questo legame con la società madre in Russia è scomparso dal registro ceco delle persone giuridiche subito dopo l’entrata in vigore delle sanzioni statunitensi, nel 2018, contro Vekselberg.

Ma le prove delle connessioni sono davvero innumerevoli. Sergei Medvedev, che per tre anni è stato presidente del consiglio d’amministrazione dello stabilimento ceco Safina As, dirige anche lo stabilimento di Ekaterinburg in Russia per la lavorazione dei metalli non ferrosi (Ezocm Jsc). Denis Repin, fondatore della Brigita Jsc e azionista della Ezocm Jsc, era membro del consiglio di sorveglianza dello stabilimento ceco prima dell’inizio della guerra russa in Ucraina.

Dopo l’introduzione delle sanzioni americane, nella struttura dei proprietari della Safina As è apparsa un’altra società: la proprietà dell’impresa è stata trasferita alla ceca Platus Cz As. I documenti costitutivi di questa società, secondo il registro ceco delle persone giuridiche, presentano un unico azionista, la società a responsabilità limitata “Global Development”. Il registro contiene anche l’indirizzo: città di Verkhnyaya Pyshma, via Lenin, edificio 131, Federazione Russa. Il nome della società è una traduzione esatta in inglese della denominazione della società russa a responsabilità limitata “Глобальное развитие”, anch’essa registrata, guarda caso, a Verkhnyaya Pyshma.

L’esperienza statunitense dimostra che può essere fatto di più sul versante delle sanzioni, andando oltre il semplice congelamento. Utilizzando le risorse confiscate alle entità russe per il Fondo di ricostruzione dell’Ucraina. In questo modo si raggiungono due importanti obiettivi: Far pagare al Cremlino ed agli oligarchi russi che lo fiancheggiano i costi delle devastazioni in Ucraina ed evitare – al contempo – che un simile costo gravi sui bilanci dei Paesi che hanno deciso giustamente di supportare l’Ucraina.

(*) Docente universitario di Diritto Internazionale e Normativa della Sicurezza


di Renato Caputo (*)