Distruggere i terroristi di Hamas, per salvare ebrei e palestinesi

mercoledì 11 ottobre 2023


Sono cominciati, come era facilmente prevedibile, i distinguo sul “sostegno” alla causa d’Israele da parte della intellighenzia di sinistra e dell’estrema sinistra, in Italia e in Europa. È altresì iniziata la caccia al capro espiatorio per quanto è tragicamente successo con l’attentato terroristico in larga scala perpetuato dagli islamisti di Hamas. Ovviamente, e anche questo era prevedibile, la responsabilità oggettiva della carneficina è da addebitare a Benjamin Netanyahu, alla défaillance della intelligence israeliana (Shin Bet e Mossad) che, fino al 7 di ottobre, era considerata la migliore del mondo, e alla politica machista dell’Esecutivo. Per i media e gli opinionisti, storicamente orientati verso la “causa palestinese”, l’unica democrazia in Medio Oriente è un po’ meno democrazia da quando governa Benjamin Netanyahu, nonostante sia risultato il vincitore in una regolare e aspra competizione elettorale. Il primo ministro israeliano, per costoro, ha di fatto instaurato una nuova forma di autoritarismo nonostante stia seguendo le procedure democratiche previste dalla Knesset per riformare la giustizia. È incredibile come la politica in Israele somigli a quella italiana. Come nel nostro Paese, nella nazione ebraica il Governo deve far fronte a una magistratura politicizzata che avversa l’Esecutivo conservatore. Eppure, non pare che Netanyahu abbia vietato le manifestazioni dell’opposizione laburista, che da mesi scende in piazza per contrastare il suo tentativo di riformare la giustizia. Manifestazioni di massa che hanno indebolito il Governo e, forse, hanno dato la stura ad Hamas per l’azione terroristica. Il leader del Likud, come tutti i politici conservatori di centrodestra del mondo occidentale, è inviso ai “sinceri democratici”. La democrazia immediatamente declina quando il popolo sovrano vota per i conservatori. Forse non tutti sanno che, dalla fondazione nel 1948, Israele è stato governato senza soluzione di continuità dai laburisti per ben 29 anni. E che anche i governi laburisti sono sempre stati in guerra con i vicini arabi, che non riconoscevano lo Stato di Israele.

Il primo Governo conservatore presieduto da Menachem Begin è datato 1977. Tutti gli esecutivi dei laburisti o del Likud hanno dovuto difendere militarmente l’esistenza stessa dello Stato di Israele, nonostante i reiterati tentativi di trovare una pace duratura con i propri vicini e, in particolare, con l’Olp (Organizzazione per la liberazione della Palestina). Tentativi di accordo che sono sempre risultati vani. Oggi Israele non ha un vero interlocutore politico con cui negoziare per la assoluta debolezza dell’attuale leader palestinese, il quasi ottantottenne Mahmoud Abbas. L’Esecutivo israeliano non può e non deve riconoscere come interlocutori politici le organizzazioni terroristiche di Hamas e degli Hezbollah. L’intervento militare, in risposta al gravissimo atto di terrorismo di Hamas che ha provocato oltre 900 morti e migliaia di feriti in Israele, potrebbe eliminare l’organizzazione terroristica Hamas e rafforzare l’unico vero interlocutore politico, ovvero l’Olp. Magari con un nuovo leader legittimato da elezioni democratiche nella Striscia di Gaza. Per paradosso, una vittoria definitiva dell’esercito israeliano sui terroristi di Hamas e sugli Hezbollah, che hanno di fatto preso in ostaggio l’intera popolazione palestinese, potrebbe essere dirimente per la definitiva risoluzione della guerra israelo-palestinese, con la creazione di “due popoli e due Stati”.


di Antonio Giuseppe Di Natale