Elezioni in Slovacchia, una lezione per l’Europa

mercoledì 4 ottobre 2023


La seconda Guerra Fredda tra l’Occidente e le tre “cime” asiatiche (Russia, Cina e Nord Corea, cui si aggiungono Iran, Venezuela e Brasile) delinea le aree dove lo scontro si svolge più direttamente.

In Europa si apre una nuova faglia in Slovacchia, dove fino a un paio di anni fa i Servizi segreti russi erano più liberi e diffusi della birra in un pub irlandese.

All’Europa non serve un esercito comune: la Nato è insostituibile, e sarebbe pessimo avere un altro livello di burocrazia, logistica e comando. Serve invece una sinergia più efficace tra i Servizi segreti dei 27 Paesi aderenti, magari escludendo chi come l’Ungheria pencola verso la Volontà di potenza putiniana. Prima del via alla “Operazione speciale” in Ucraina, fu la Cia ad avvisare l’Europa sui preparativi militari russi, non Il Bundesnachrichtendienst (Servizio federale di intelligence) e neanche il servizio di controspionaggio Mad (nome appropriato) della Germania.

UN NUOVO ACCORDO DI MONACO CONTRO L’EUROPA, COME NEL 1938?

Sarà così, se passerà la linea isolazionista, adombrata in alcune dichiarazioni – bipolari ma popolari – di Donald Trump. Con una presidenza Trump, gli Usa si ritirerebbero dallo scacchiere europeo, ottenendo un accordo di “pace” con Vladimir Putin, il cui effetto sarà il crollo dell’Europa, smembrata non come nel 1945, ma come la Polonia nel 1938. Del resto anche i democratici americani hanno il pessimo precedente del ritiro dall’Afghanistan, comprensibile dal punto di vista dei costi, ma che andava almeno concordato col Pakistan, così da mantenere un minimo di diritti umani a Kabul e dintorni. Gli Stati Uniti rischiano seriamente di dover scegliere tra due caos boys, come ci dice l’accordo dem-Gop per evitare il default delle casse statali americane, che è costato a Joe Biden un pesante limite alla fornitura di armamenti per l’Ucraina.

Segni della confusione che regna e regnerà a Washington nei prossimi mesi si colgono in Slovacchia come in Polonia, mentre in Ungheria Viktor Orbán è riuscito nel miracolo di far dimenticare l’invasione del 1956, quella citata – bene ma non bene – da Nanni Moretti nel film “Il Sol dell’Avvenire”.

Nei primi mesi del 2022 il sito di giornalismo investigativo Bellingcat ha riportato molte informazioni dalla Slovacchia, all’inizio dell’invasione dell’Ucraina. Ci furono espulsioni di spie russe da Bratislava e dintorni, cui poi fecero seguito altre espulsioni da tutta l’Europa, soprattutto dalla Germania. Il re Putin si rivelava per ciò che era: un capace uomo-ombra, in grado di portare stelle sociometriche, economiche e politiche di tutto il mondo dalla sua parte. Le indiscrezioni degli archivi Mitrokhin o il libro di Vladimir Bukovskij “Gli archivi segreti di Mosca”, trovavano nuove conferme, non solo nella Germania dove la Spd era impestata da putinisti che godevano del libero scambio tra la fornitura ai nuovi cleptocrati russi di Mercedes e Bmw contro l’acquisto di petrolio e gas.

Robert Fico, col suo cognome italico, sembra l’incarnazione di uno di quei “posseduti” dal Cremlino. Ha appena vinto le elezioni parlamentari della Slovacchia col 23 per cento dei voti. Si spera che, avendo appena 42 deputati su 150, non riesca a trovare alleati di altri partiti, così da permettere una coalizione tra i partiti di tendenza (si spera) più liberaldemocratica del partito Smer di Fico. Comunque vada, questo è un allarme per l’Occidente: il ritorno di un leader che ha già governato e che nel 2018 fu costretto a dimettersi in seguito all’omicidio del giornalista investigativo Ján Kuciak (vizio assurdo dei regimi postcomunisti orientali) segna un passaggio negativo, aggravato dalle derive di Viktor Orbán in Ungheria e dall’inversione di marcia della Polonia sugli armamenti da inviare a Kiev. Fico, che è un ex comunista iscritto all’Alleanza Progressista dei Socialisti e dei Democratici del Parlamento europeo, è un putinista non manifesto (tutti i putinisti si dichiarano non putinisti) ed è in grado di provocare una valanga capace di travolgere l’Europa.

INTANTO…

Intanto, secondo il New York Times, la Russia starebbe soavemente testando un nuovo un missile nucleare. Intanto, la Turchia ha bombardato per l’ennesima volta le postazioni dei ribelli curdi nel nord dell’Iraq, in risposta a un attacco kamikaze del Pkk contro il Ministero degli Interni ad Ankara.

Intanto, l’abbandono di 130mila armeni fuggiti dalla loro enclave del Nagorno-Karabakh è un’ennesima vittoria del sopruso nelle relazioni internazionali. L’Azerbaigian fornisce petrolio all’Europa e all’Italia e – come si sa – “petroleum non olet”. L’Azerbaigian ha anche un appoggio russo, perché è alleato della Turchia cui Putin tiene molto, mentre l’Armenia, da sempre alleata della Russia, è stata abbandonata da Mosca e oggi è più vicina a Washington. È sempre più difficile risolvere le questioni internazionali in Europa e vicino all’Europa. Intanto qualcosa di simile avviene anche nel Kosovo, dove la Serbia, su sollecitazioni russe, minaccia un nuovo incendio.

OLTRE L’EUROPA

Non c’è solo l’Europa al centro dello scontro est-ovest. Si pensi alla nuova corsa all’oro del Klondike che oggi si svolge nell’Africa degli idrocarburi, delle terre rare, delle pietre preziose e dell’oro, dell’uranio e della columbite. Si pensi alla minaccia incombente contro l’isola di Taiwan da parte cinese. Dovremo convivere a lungo con la seconda Guerra Fredda, sperando che ciò non determini un collasso economico in entrambi i contendenti? Le small wars furono il sale della Guerra Fredda, ma in realtà fu la lunghissima guerra in Vietnam a colpire duramente sia l’America sia la Cina. La Grande Guerra invece produsse l’ascesa di Stati Uniti e Giappone, e mortificò le economie europee. Molte altre guerre causarono disastri per tutti e vittoria per nessuno.

Comunque vada, la Guerra Fredda II sarà basata su una strategia di logoramento.


di Paolo Della Sala