giovedì 28 settembre 2023
Venerdì 22 settembre il Governo russo, nella sua riunione, ha approvato il progetto di bilancio federale per i prossimi tre anni. Deve essere sottoposto all’esame della Duma di Stato entro il primo ottobre. I deputati russi dovrebbero essere soddisfatti. I numeri venuti fuori dal “cilindro magico” del Cremlino sono bellissimi.
Nel 2024, i ricavi aumenteranno immediatamente di 9mila miliardi di rubli, per un ammontare complessivo di 35mila miliardi. Anche le spese aumenteranno, anche se in modo meno significativo: “solo” di 6,7 trilioni. Ciò significa che il deficit di bilancio sarà ridotto all’un per cento del Pil, ovvero a 1,6 trilioni di rubli. Si tratta di quasi la metà rispetto al bilancio attuale (2,9 trilioni).
Ovviamente, gestire 9mila miliardi di entrate aggiuntive provenienti dal nulla è un’impresa facile e piacevole, nel mondo delle favole, meno nella realtà. Eppure, il Governo russo in generale e il Ministero delle Finanze in particolare promettono che nessuno avrà motivo di lamentarsi. Sia la sicurezza che la difesa riceveranno il dovuto e lo Stato adempirà ai propri obblighi sociali nei confronti dei cittadini. Ci sarà margine anche per investire denaro nell’istruzione e nella sanità. Si aiuteranno i bisognosi ed il cosiddetto “capitale di maternità” verrà rivalutato. Si prevedono investimenti nel settore delle infrastrutture e, perché no, si investirà anche sul miglioramento e sull’integrazione dei territori occupati.
La domanda principale è: come sarà possibile aumentare le entrate di un terzo, dagli attuali 26mila miliardi ai 35mila previsti? Un quesito a cui normalmente non sarebbe facile rispondere, soprattutto se si considera che il Ministro delle Finanze, Anton Siluanov, ha promesso di non aumentare le tasse.
Tuttavia, a Mosca tutto è possibile, almeno sulla carta. Uno degli strumenti utilizzati per conseguire questo vertiginoso incremento delle risorse finanziarie a disposizione del Governo russo è rappresentato dalle tasse aggiuntive applicate agli esportatori. Già dal primo ottobre di quest’anno sulle esportazioni “non fondamentali” verrà applicato un dazio legato al tasso di cambio del rublo. Inizialmente, si prevedeva che sarebbe rimasto in vigore fino al termine del 2023, ma alla fine si è deciso di lasciarlo per tutto il 2024. Secondo le previsioni del Dipartimento finanziario, il bilancio dovrebbe ricevere, solo da questa fonte, circa 50 miliardi di rubli al mese (e anche se il tasso di cambio dovesse rimanere superiore a 95 rubli per dollaro). Cioè, nel 2024 le entrate aggiuntive ammonterebbero a circa 600 miliardi. Quindi, anche volendo assecondare queste rosee previsioni, l’importo raccolto non raggiungerebbe un trilione di rubli. Ben al di sotto della “sfavillante” previsione di 9 trilioni di rubli riportata nel progetto di bilancio federale.
Fortunatamente, in Russia c’è sempre una soluzione per questi problemi matematici, basta saper addomesticare i numeri. Questa volta i russi devono ringraziare i tecnici del Ministero dello Sviluppo economico, guidato da Maxim Reshetnikov. È stato questo Dicastero a preparare una previsione così straordinaria sullo sviluppo socio-economico della Russia che il Ministero di Anton Siluanov non ha dovuto prevedere alcun taglio.
Secondo il Ministero dell’Economia, quest’anno il Pil russo crescerà del 2,8 per cento. L’anno prossimo aumenterà un altro 2,3 per cento e continuerà a crescere a un ritmo superiore al 2 per cento annuo. Si tratta di una valutazione estremamente ottimistica. Basti pensare che la Banca di Russia, dopo aver alzato il tasso di riferimento al 13 per cento nella sua ultima riunione, ha abbassato le sue previsioni per la crescita del Pil nel 2024, prevedendo un range tra lo 0,5 e l’1,5 per cento. E non è tutto. Secondo gli analisti del Ministero dell’Economia, il petrolio Brent (il Governo ora punta sul Brent), l’anno prossimo dovrebbe costare in media 85 dollari al barile. Il budget per quest’anno prevedeva una quotazione di 70 dollari al barile, quindi il Ministero delle Finanze, nei suoi calcoli, ha potuto “giocare” anche con questo ipotetico incremento.
Non solo. Secondo i subordinati di Maxim Reshetnikov, i nuovi dazi doganali e le restrizioni sulle esportazioni di carburante non influenzeranno la bilancia del commercio estero. Per gli inguaribili ottimisti del Ministero dello Sviluppo economico, la Russia non solo continuerà a commerciare con altri Paesi ma addirittura le esportazioni supereranno le importazioni. E il saldo positivo continuerà a crescere. Ovviamente, questo creerà i presupposti per il rafforzamento del rublo.
Tuttavia, ognuno intende il rafforzamento in modo diverso. Ecco, ad esempio, come ne parla il ministro Reshetnikov nell’ambito di una riunione del Governo: “Di conseguenza, entro la fine di quest’anno il rublo si rafforzerà a 94 rubli per dollaro Usa. Nel 2024-2026, tenendo conto dei cambiamenti nella struttura dei pagamenti e il livello dei deflussi di capitali, si formerà un nuovo equilibrio al livello di 90-92 rubli per dollaro Usa”.
Quindi, se qualcuno sognava un cambio di 80 rubli per dollaro, può riporre in un cassetto queste vane speranze. Oggi il “rublo forte” vale 94 rubli per dollaro. Il bilancio è stato redatto e questa è una delle principali fonti delle entrate aggiuntive per 9mila miliardi. Il budget di quest’anno era basato su 68,3 rubli per dollaro, e per l’anno prossimo su 92.
Se tutto questo non bastasse, c’è un altro elemento che proprio risulta difficile spiegare. Il rublo si è svalutato di un terzo e, secondo le aspettative, anche i redditi dovrebbero aumentare dello stesso terzo. Resta inspiegabile il fatto che in questo contesto il Ministero dell’Economia non si aspetti un’inflazione che superi i limiti attualmente previsti. Nel 2024, secondo le stime governative, dovrebbe attestarsi al 4,5 per cento, con un aumento dei prezzi del 4 per cento all’anno. Tutti ciò nonostante le tariffe aumenteranno a un ritmo accelerato il prossimo anno. Ad esempio, dal prossimo luglio, i prezzi del gas per tutti i consumatori saliranno dell’11 per cento, i prezzi degli alloggi e dei servizi comunali del 10 per cento, l’elettricità dell’8,9 per cento. È facilmente intuibile il perché il Governo russo abbia scelto di attuare questi aumenti solo a partire da luglio. Nella primavera del 2024 è previsto un evento politico speciale: la rielezione di Vladimir Putin. Quindi, il differimento al secondo semestre degli aumenti delle tariffe ha lo scopo di non turbare la campagna elettorale, come se a questo scopo non fossero sufficienti le sistematiche persecuzioni degli oppositori politici del Cremlino. Lo stesso vale per il “fantastico” budget che la Duma di Stato si accinge ad approvare. Un budget bello e impossibile da realizzare. Putin avrà l’opportunità di sfoggiare numeri meravigliosi e condividere piani napoleonici. E i ministri, anche questa volta, si guadagneranno l’ennesima onorificenza da sfoggiare sul bavero della loro giacca per i preziosi sforzi compiuti.
Ecco cosa succede nelle cosiddette autocrazie, come amano essere definite le dittature oggi: finiscono per credere alle menzogne che confezionano per gli altri, ma l’economia reale è un’altra cosa.
(*) Docente universitario di Diritto internazionale e Normative sulla Sicurezza
di Renato Caputo (*)