Attaccati i sistemi informatici della Corte penale internazionale

giovedì 21 settembre 2023


La Corte penale internazionale (Cpi) ha dichiarato martedì che il suo sistema informatico è stato hackerato. La violazione ha colpito una delle istituzioni internazionali di più alto profilo al mondo e che gestisce informazioni altamente sensibili sui crimini di guerra. La Cpi ha affermato di aver rilevato delle attività insolite sulla sua rete di computer alla fine della scorsa settimana.

“Sono state adottate misure immediate per rispondere a questo incidente di sicurezza informatica e mitigarne l’impatto”, ha affermato la Corte penale internazionale in una breve dichiarazione.

La Cpi è il tribunale permanente, istituito nel 2002, per giudicare i crimini di guerra e i crimini contro l’umanità. A marzo ha fatto scalpore la notizia che la Corte aveva emesso un mandato di arresto nei confronti del presidente russo Vladimir Putin perché sospettato di deportare illegalmente bambini dall’Ucraina. Oltre a questo caso, i procuratori della Corte stanno attualmente conducendo 17 indagini su situazioni presenti in Uganda, Venezuela, Afghanistan e Filippine, tra gli altri.

I documenti altamente sensibili presso la Corte penale internazionale potrebbero includere qualsiasi cosa – dalle prove penali ai nomi di testimoni protetti – sebbene la Corte non abbia rivelato a quale parte dei suoi sistemi fosse stato effettuato l’accesso. La Corte ha affermato – nella sua dichiarazione – che continuerà ad “analizzare e mitigare l’impatto di questo incidente” con l’assistenza del Governo olandese, aggiungendo che sta anche adottando misure per rafforzare la propria sicurezza informatica.

Un portavoce del Ministero della Giustizia olandese ha confermato che il Centro nazionale per la sicurezza informatica del Paese supporta l’indagine, senza però fornire ulteriori dettagli sulle investigazioni in corso. Del resto, il più assoluto riserbo è fondamentale in simili circostanze.

La presidente dell’ordine degli avvocati della Cpi, Marie-Hélène Proulx, ha così affermato: “Lodiamo gli sforzi… volti a proteggere i sistemi informativi della Corte e speriamo che la situazione venga risolta rapidamente”.

L’Agenzia di intelligence olandese (Aivd) ha fatto notare nel suo rapporto annuale del 2022 che la Corte penale internazionale “interessa la Russia perché sta indagando su possibili crimini di guerra russi in Georgia e Ucraina”. Nel giugno 2022, l’Aivd ha rivelato di aver trovato un agente militare russo che si fingeva brasiliano nel tentativo di infiltrarsi in tribunale. I servizi di intelligence olandesi resero noto che la falsa identità con cui la spia russa si era presentata alle autorità olandesi era quella di Victor Muller Ferreira, nato in Brasile il 4 aprile 1989. Ma il suo vero nome era Sergey Vladimirovich Cherkasov, nato a Kaliningrad in Russia l’11 settembre 1985.

Per diversi anni Cherkasov aveva lavorato come agente di viaggio in Brasile, per poi frequentare, dal 2014 al 2018, il Trinity College di Dublino come studente universitario in Scienze politiche, ottenendo successivamente il Master al programma School of Advanced International Studies presso la Johns Hopkins University (2018-2020). Il tutto sotto falsa identità. È plausibile che, fallita l’infiltrazione di un loro uomo all’interno della Corte penale internazionale, i servizi russi abbiano optato per una soluzione diversa per carpire le preziose informazioni sulle indagini custodite presso la Corte penale internazionale.

Gli strumenti utilizzati per commettere gravi crimini internazionali si evolvono costantemente. Poiché gli Stati e altri attori ricorrono sempre più a operazioni nel cyberspazio, questi nuovi mezzi di Governo e di guerra in rapido sviluppo possono essere utilizzati in modo improprio per compiere o agevolare crimini di guerra, crimini contro l’umanità, genocidi e persino l’aggressione di uno Stato contro un altro.

Tra i Paesi sta emergendo un consenso sul fatto che il cyberspazio non rappresenti un dominio speciale esente da regolamentazione, ma piuttosto che il diritto internazionale abbia un ruolo chiaro da svolgere. Il procuratore della Corte penale internazionale, Karim Khan, a questo proposito ha recentemente dichiarato: “Ho ripetutamente affermato che in tutte le situazioni affrontate dall’Ufficio del procuratore della Corte penale internazionale, dobbiamo dimostrare che la legge è in grado di dare una mano a coloro che si trovano in prima linea. E quelle linee del fronte non sono più solo fisiche: le linee del fronte digitali possono provocare danni e sofferenze paragonabili a ciò che i fondatori della Cpi cercavano di prevenire. La guerra informatica non si svolge in astratto. Piuttosto, può avere un profondo impatto sulla vita delle persone. I tentativi di colpire infrastrutture critiche come strutture mediche o sistemi di controllo per la produzione di energia, possono avere conseguenze immediate per molti, in particolare per i più vulnerabili. Di conseguenza, nell’ambito delle sue indagini, il mio Ufficio raccoglierà ed esaminerà le prove di tale condotta. Siamo altresì consapevoli dell’uso improprio di Internet per amplificare l’incitamento all’odio e la disinformazione, che possono facilitare o addirittura portare direttamente al verificarsi di atrocità”.

Le operazioni informatiche vengono talvolta impiegate come parte di una cosiddetta strategia “ibrida” o “zona grigia”. Tali strategie mirano a sfruttare l’ambiguità e a operare nell’area tra guerra e pace, legale e illegale, con gli autori spesso nascosti. La crescente intensità e frequenza delle operazioni informatiche evidenzia anche l’importanza di sviluppare e migliorare le pratiche operative della Cpi. Ciò include un’altra cosa: garantire che la Corte penale internazionale sia adeguatamente difesa dalle operazioni informatiche.

La disinformazione, la distruzione, l’alterazione dei dati e la fuga di informazioni riservate possono ostacolare l’amministrazione della giustizia presso la Cpi. E, come tali, costituiscono crimini all’interno della giurisdizione della Cpi che potrebbero essere indagati o perseguiti.

(*) Docente universitario di Diritto Internazionale e Normative sulla Sicurezza


di Renato Caputo (*)