Kenya, tra massacri religiosi e sommosse politiche

martedì 25 luglio 2023


Il Kenya fino ad ora ha fatto fronte discretamente ai suoi articolati “disordini interiori” garantendo un’immagine di nazione con una affidabilità localizzata soprattutto in alcune aree, comunque attenta alla sua immagine, e che ascolta le indicazioni internazionali; anche per l’influente presenza di grandi proprietari terrieri europei, soprattutto britannici, ubicati negli altopiani kenioti, gli altopiani bianchi, residui dell’epoca coloniale. Tuttavia il quadro economico del Paese è preoccupante, e nonostante sia una delle maggiori potenze economiche dell’Africa orientale, con il settore bancario che gode di una notevole stabilità, il Kenya impensierisce i mercati. Così l’inflazione sta assumendo connotati inquietanti, e da inizio luglio il presidente William Samoei Arap Ruto ha emanato una legge finanziaria dove vengono imposte una serie di nuove tasse.

In particolare, un prelievo del tre per cento sui salari per finanziare un fondo per alloggi popolari; raddoppio dell’imposta sui carburanti, ora al sedici per cento; aumento dal trenta al trentacinque per cento dell’imposta sul reddito delle persone fisiche, e una tassa sui redditi degli influencer del 15 per cento. Questa legge abolisce, invece, ogni tassa sugli elicotteri, che sono i mezzi di trasporto più usati dai ricchi e dai politici kenioti. Questo testo, criticato dall’opposizione, è stato impugnato in tribunale poi sospeso il 30 giugno, in attesa di una decisione dall’Alta Corte del Kenya, che considera illegali alcuni provvedimenti. Nonostante questo il Kenya ha un’immagine di nazione turistica moderatamente sicura e questo settore produce e determina introiti e indotti fondamentali per l’economia del Paese. Comunque, similmente alla maggior parte degli Stati africani, la politica non gode di buona salute e la complessa società che amalgama ancestrali tradizioni con la religione, scaturisce fenomeni sociologici dissocianti, con forti tendenze schizofreniche. Così, in questi giorni assistiamo, da un lato a gravi tumulti legati alla politica, e dall’altro agli effetti della proliferazione di sette pseudo religiose che spesso producono massacri scarificali, come quelli scoperti il 17 luglio.

Politicamente il duello in atto è tra William Ruto e Raila Odinga il quale accusa il presidente in carica di aver falsato e rubato le elezioni presidenziali dell’agosto 2022 e di aver aumentato il costo della vita. Odinga è stato sconfitto da Ruto, ma l’esito delle elezioni non lo ha mai accettatoIl suo movimento politico denominato Azimio La Umoja – Alla ricerca dell’unità – consta dell’alleanza di una ventina di partiti e dopo la sconfitta elettorale ha programmato manifestazioni, con scadenza sistematica, contro la politica perseguita dal governo; le ultime dal 19 al 21 luglio. Ma tali proteste di piazza che a luglio si sono svolte per tre volte, sono classificate dal governo come una “minaccia alla sicurezza nazionale”, e da inizio mese hanno portato all’arresto di oltre trecento manifestanti e in questi ultimi mesi alla morte di alcune decine di persone, almeno due durante le manifestazioni del 20 luglio. Come è prassi in tali espressioni sociali, le proteste portano la degenerazione dei comportamenti individuali e collettivi, che si esprimono con una ribellione diffusa, manifestata con saccheggi, ruberie e qualche regolamento di conti estemporaneo; contrastati dalla polizia di sicurezza in tenuta anti sommossa, che con indiscriminata violenza – lancio di lacrimogeni, cariche violente e qualche proiettile – suggellano un coagulo di instabilità globale.

Inoltre, il gruppo industriale Kenya Private Sector Alliance, (Kepsa), che fa lobbying per conto delle imprese e delle industrie keniote, ha stimato che ogni giorno di protesta grava sull’economia del Paese per quasi diciannove milioni di euro. Così, molti interventi internazionali spingono il Governo a moderare sia la reazione delle forze di sicurezza, che a rispettare il diritto di manifestare pacificamente. Human Rights Watch, ma anche gli Stati Uniti, il Regno Unito e altre undici nazioni occidentali, hanno espresso alcuni giorni fa, tramite un comunicato congiunto, l’inquietudine per gli alti livelli di violenza che si sono verificati durante le ultime proteste. Ma non bastassero i “tumulti kenioti”, il Paese è sotto osservazione anche per le orrende stragi che si stanno moltiplicando a causa dei suicidi ispirati da “devianze religiose”. L’ultima strage risale al 17 luglio, quando 12 cadaveri sono stati rinvenuti in varie fosse nella foresta di Shakahola, situata nei pressi della cittadina costiera di Malindi, luogo dove opera la setta evangelica guidata dall’autoproclamato pastore Paul Mackenzie Nthenge, fondatore della Good News International Church, e in carcere dal 14 aprile con l’accusa di terrorismo.

Il “pastore di morte” ha costruito intorno alla sua visione del Vangelo, un percorso di sacrifici dove il digiuno prolungato, spinto fino alla morte, è necessario per “incontrare Gesù”. Con gli ultimi cadaveri trovati il bilancio dei morti di stenti sale a oltre quattrocento, tutti seguaci dell’ex tassista “pastore”. Fino ad ora le autopsie hanno svelato che la maggior parte delle vittime hanno perso la vita per fame; ma altri, compresi bambini, sono morti per strangolamento, o per violenze fisiche. Sono stati arrestati oltre una decina di aguzzini accusati di far parte della setta e incaricati di assicurare che nessun seguace rompa il digiuno o fugga dalla foresta. Inoltre, per rappresentare quanto sia complesso questo fenomeno, su quasi settanta devoti prelevati dai “campi di digiuno”, è stato avviato un procedimento per tentato suicidio, a causa della loro ostinazione a non volersi alimentare. Anche se l’Ong National Human Rights Commission of Kenya ha sottolineato che tale decisione è inappropriata perché contribuisce a traumatizzare soggetti già oltre il limite della follia.

Così, in questo Paese, dove l’ottanta per cento della popolazione è distribuita tra le varie articolazioni del cristianesimo, le accuse verso le autorità governative alimentano anche dibattiti sulla vigilanza sul culto. In Kenya, secondo i dati ufficiali, che probabilmente limitano il numero, si contano circa quattromila “sfumature di Chiese”. A seguito di questo ennesimo dramma, il presidente Ruto, convinto protestante e supportato politicamente dagli ambienti evangelici, ha istituito una commissione di lavoro delegata a esaminare il quadro giuridico e normativo che disciplina le organizzazioni religiose. Un ulteriore impegno per fronteggiare i “disordini interiori” di una società con parametri sociali e demografici fibrillanti. Comunque è comprensibile che una penuria alimentare estrema possa mettere il “fedele-delirante” in contatto con chiunque!


di Fabio Marco Fabbri