La Russia di Putin, tra miti del passato e minacce immaginarie

venerdì 21 luglio 2023


L’ideologia statale promossa da Putin si nutre del passato e usa la storia come strumento per controllare la coscienza di massa in Russia. 

Come ha osservato lo storico russo Andrey Zorin, analogamente a quanto accadde ai tempi del conte Sergej Uvarov, “il passato è stato chiamato a sostituire un futuro pericoloso e incerto per l’impero, e la storia russa, con le istituzioni dell’ortodossia e dell’autocrazia in essa radicate; si è rivelato l’unico ricettacolo per il popolo e l’ultima alternativa all’europeizzazione”.

Per il regime di Putin è importante l’idea della continuità dell’impero. Ciò spiega il rito simbolico che è stato organizzato lo scorso mese a San Pietroburgo dove Putin ha assistito ad una solenne cerimonia nel corso della quale sono state issate tre bandiere: quella russa imperiale (istituita da Alessandro II), quella sovietica (istituita nel 1924) e quella russa post-sovietica (ovvero il tricolore di Pietro il Grande). Tutto questo è stato accompagnato dall’inno russo, la cui melodia venne composta − è bene ricordarlo − ai tempi di Stalin.

È emblematico che questo alzabandiera sia avvenuto sul territorio del Lakhta Center, dove ha sede il quartier generale di Gazprom, simbolo della oramai sorpassata “civiltà” di Putin dipendente da petrolio e gas.

Nell’attuale fase di decadenza del regime di Putin, risulta necessario inventare una “Russia speciale” senza provarne l’effettiva esistenza e, su questa base, costruire alcuni postulati ideologici.

Le autorità sovietiche lavorarono allo stesso modo quando idearono il corso per istituti di istruzione superiore chiamato “Comunismo scientifico”. Tutti sanno bene che quel percorso non portò a nient’altro che alla formazione del cosiddetto “doppio pensiero” negli studenti sovietici: ogni studente sapeva che ciò che era scritto nei libri di testo era una bugia, o per meglio dire, era una finzione. I giovani sovietici erano consapevoli che la vita reale obbediva a leggi diverse, ma l’esame doveva essere superato in base a ciò che era riportato nel libro di testo.

La formazione di un potere inamovibile e di un regime totalitario personalistico richiede il consolidamento dei postulati ideologici di base e la giustificazione storica del dispotismo. Allo stesso tempo, è necessario introdurre argomenti ideologici e giustificativi alle masse, a partire dall’ambiente scolastico ed universitario. Ciò era vero ai tempi sovietici ed è altrettanto vero nella Russia di oggi.

Nella Russia di Putin, nel ricco campo dell’ideologia statale, tutti vogliono pascolare. Dai deputati della Duma di Stato che hanno creato un “gruppo per la conservazione dei valori tradizionali” al primo vicecapo dell’amministrazione presidenziale, Sergei Kiriyenko, che ha recentemente affermato: “L’obiettivo di coloro che stanno cercando di combattere la Russia oggi è molto chiaro. Hanno smesso di nasconderlo: vogliono che la Russia cessi di esistere”. Nel gergo artificioso delle autorità russe, questa viene definita una “sfida alla civiltà” o una “minaccia esistenziale”.

La ricerca dell’identità in Russia ha raggiunto livelli ossessivi negli ultimi anni. Ne è un esempio lampante, il fatto che al Forum economico internazionale di San Pietroburgo, piattaforma nata per attirare investitori stranieri, quest’anno − mancando un reale parterre internazionale − si sia discusso di una “nuova identità russa”.

Le discussioni sul collettivismo russo, la spiritualità, l’adattabilità, in Russia, sono vecchie quanto le profezie del “decadimento” o addirittura della “fine” dell’Occidente. Gli atteggiamenti comportamentali dei russi, come risulta da molti studi sociologici, tuttavia, sono caratterizzati da un alto grado di individualismo e sfiducia nei confronti degli altri e dello Stato.  

I repressi del passato sono i precursori di coloro che oggi si oppongono al regime di Putin. Ecco perché per confermare la correttezza delle odierne repressioni, è necessario rimuovere la memoria delle persecuzioni politiche dell’era sovietica

Da ciò deriva la campagna di rimozione della memoria attuata dal regime di Putin.

La Russia di oggi si trova in una palude fatta di riesumazione dei miti del passato, ideologia dell’accerchiamento subito dall’Occidente e rimozione della memoria storica. 

La visione di Putin della Russia e del mondo è sorprendentemente simile a quella dei leader sovietici descritti da George F. Kennan nel Long Telegram, nel 1946. 

Putin crede che l’Occidente stia cercando di accerchiare la Russia e mantenerla debole. Egli è profondamente insicuro ed accusa gli occidentali di promuovere complotti per spodestarlo. 

La verità è che Putin, come i leader dell’Unione Sovietica, sa bene che il proprio regime “fragile e artificiale” è “incapace di sopportare il confronto o il contatto con i sistemi politici dei paesi occidentali”. 

(*) Docente universitario di Diritto Internazionale e Normative sulla Sicurezza


di Renato Caputo (*)